Donne, l’onda rosa alla conquista di medicina e pharma

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Qualche decennio fa le chiamavamo ‘camici rosa’, adesso sono chirurghe, primarie (e docenti ordinarie), presidi, rettrici o presidenti di società scientifiche. L’onda rosa in medicina ha ormai modificato le proporzioni, e in barba ai celebri dottor Watson o Dr House di letteratura e fiction, in Italia i medici sono in maggioranza donne.

Una rivoluzione che ha ‘contagiato’ anche la farmaceutica: qui le donne sono il 44% ma, più spesso che in altri settori, arrivano a sfondare il soffitto di cristallo, come nel caso di Nicoletta Luppi, presidente e Ad di Msd Italia o Elcin Barker Ergun, amministratore delegato del Gruppo Menarini, solo per citare due manager che Fortune Italia ha incontrato di recente.

I numeri delle donne medico in Italia

I dati elaborati dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri per la Festa della donna, mostrano come su 329.263 medici con meno di 69 anni, e quindi potenzialmente in attività nel Servizio sanitario nazionale, il 52% – ovvero 170-686 – è donna.

Le donne sono la netta maggioranza sotto i 55 anni: tra i 40 e i 44 anni sono quasi il doppio dei colleghi uomini. Tra gli over 55 invece la tendenza si inverte, con una sostanziale parità sino ai 59 anni e con una netta maggioranza maschile al di sopra dei 60 anni, dove il gap a favore degli uomini si allarga al crescere dell’età. Tanto che, se guardiamo il totale di tutti i medici iscritti agli albi, compresi coloro che non esercitano più la professione, in vantaggio sono, invece, ancora gli uomini: 221.584 contro 188.355 medici donna, il 54% del totale.

Margini di crescita fra gli odontoiatri

Diverso il discorso per gli Odontoiatri: 45.696 uomini contro 18.513 professioniste. Anche qui, però, se guardiamo alle fasce più giovani, siamo quasi in parità: tra i 25 e i 29 anni sono 1.615 gli uomini e 1.540 le donne.

Specialità rosa e passione per il bisturi

Tra le specialità mediche a netta prevalenza femminile troviamo ‘classici’ come ginecologia e pediatria. Ma c’è anche qualche sorpresa: nella fascia tra i 30 e i 50 anni, ad esempio, le anestesiste rianimatrici sono 2.667, a fronte di 1.720 colleghi uomini. Le chirurghe pediatriche, nella stessa fascia, sono il doppio dei colleghi (120 contro 62); in crescita anche, tra le generazioni più giovani, le chirurghe generali, 919 verso 1.238 uomini, plastiche, toraciche, vascolari, anche se gli uomini sono sempre la maggioranza.

Sempre nella stessa fascia 30-50, le cardiochirurghe sono 136 contro 261 uomini; il rapporto si inverte se guardiamo alla cardiologia, specialità ‘al femminile’ con 1.622 professioniste e 1.431 dottori. Una vera e propria carica è quella delle giovani geriatre, 1.029 a fronte di 331 colleghi coetanei, delle fisiatre under 50, 898 contro 484 uomini, delle interniste, 1.690 verso 938, delle neuropsichiatre infantili, 777 a 113, delle reumatologhe, 414 verso 160.

Anche le oncologhe, sempre considerando la stessa fascia d’età, doppiano i colleghi maschi, essendo rispettivamente 769 e 312, e così le infettivologhe, 364 e 155. Specialità a prevalenza maschile, anche tra i più giovani, restano ortopedia, urologia, neurochirurgia.

Il tempo delle donne

“Nel nostro Servizio sanitario nazionale le colleghe sono ormai la maggioranza – commenta il presidente Fnomceo Filippo Anelli – soprattutto nelle fasce di età più giovani. I modelli organizzativi, gli orari di lavoro devono sempre più tener conto di questa realtà. Non è accettabile, ad esempio, che, come rilevava lo scorso anno un sondaggio del sindacato Cimo-Fesmed condotto su un campione di 1.415 dottoresse, il 75% delle assenze per maternità non venga coperto. Questo significa che ogni gravidanza va irrimediabilmente a pesare sulle spalle dei colleghi che rimangono in servizio, che oltre a doversi occupare di un carico di lavoro già estenuante, devono colmare il vuoto lasciato dalla collega legittimamente a casa. Questo innesca un circolo vizioso fatto di sensi di colpa, discriminazioni, carriere bloccate”.

Anelli sottolinea l’importanza di nuovi modelli organizzativi che permettano a uomini e donne di conciliare i tempi di lavoro con quelli della vita privata e della famiglia.

Pari opportunità per le donne in sanità

Riflette “su quanto poco è stato fatto e quanto lavoro occorre fare perché le pari opportunità e il diritto alla vita professionale diventino una bussola per tutti” il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Pierino Di Silverio.

“Guardando con occhi di donna” l’organizzazione del lavoro in sanità, “non si vedono segnali in direzione di un recupero dei valori professionali e dei tempi di vita, per costruire nuovi contesti e più umani, e sicuri, luoghi di cura”. Mancano “ancora reali progressi nella disponibilità di strumenti di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro o di effettiva parità nelle carriere, sia professionali che gestionali. Le quali, anche nelle discipline in cui più elevata è la quota di donne, troppo risentono del peso del lavoro di cura, appaltato quasi per intero alla componente femminile. È necessario quindi cambiare rotta – afferma Di Silverio – e vedere la sanità del futuro in altro modo. Anche con occhi di donna”.

Le donne del pharma (e della ricerca)

Quanto alle imprese farmaceutiche, le donne – come ci dice Farmindustria – rappresentano il 44% del totale dei dipendenti e arrivano al 47% tra gli under 35. Spesso sono dirigenti o quadri in ruoli importanti. E il trend è in crescita, considerato l’aumento dell’occupazione femminile del 15% nel settore dal 2016 al 2022.

In laboratorio, poi, pullulano le ricercatrici: nella R&S le donne sono il 53% del totale. Non solo in Italia il 40% del fatturato del settore farmaceutico è prodotto da aziende guidate da donne, imprenditrici, manager di imprese piccole e medie, leader di multinazionali. Non mancano nel pharma imprese particolarmente impegnate sui temi della parità, anche retributiva.

In Novartis ad esempio, c’è un perfetto equilibrio di genere all’interno della popolazione aziendale, tra i manager c’è oltre il 50% di presenza femminile e il leadership team è composto al 70% da donne. Novartis inoltre è parte dell’Equal Pay Coalition e punta ad abbattere il gap salariale entro quest’anno. In Lundbeck Italia – un’azienda guidata da una donna, Tiziana Mele – il 57% dei dipendenti è rosa, come la quasi totalità di quanti occupano ruoli di leadership.

Questione (anche) di welfare

Ma qual è la ricetta per far crescere le donne in azienda? “Sono convinta che, una volta infranto il soffitto di cristallo, sia responsabilità delle donne che ce l’hanno fatta far scendere l’ascensore e aiutare altre giovani donne ad emergere”, ci ha detto qualche settimana fa Nicoletta Luppi.

Ebbene, le aziende farmaceutiche si contraddistinguono per un modello di welfare all’avanguardia che prevede misure ad hoc per la genitorialità e la conciliazione vita-lavoro. A partire da quelle su previdenza e sanità integrativa, diffuse per il 100% dei dipendenti. Per il 73% esistono forme di flessibilità oraria, come part-time e smart working, servizi di mensa, carrello della spesa e trasporto. In molti casi sono presenti asili nido o convenzioni con gli stessi e altri servizi di forte impatto cosiddetti save time quali lavanderie, take away, calzolerie.

Il 43% può contare su servizi di assistenza per familiari anziani o non autosufficienti. I congedi retribuiti sono del 36% superiori alla media dell’industria per le donne e del 31% per gli uomini. Insomma, far crescere professioniste in un settore è anche una questione di welfare. 

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