Ingegneri biomedici, la ‘ricetta’ per una salute europea più giusta

Leandro Pecchia

Passa attraverso la tecnologia la salute dell’Europa di domani. Ma, se la pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo, il Vecchio Continente dovrà sforzarsi di ridurre il digital divide e non lasciare indietro nessuno. Anche grazie all’analisi e alla condivisione delle buone pratiche in sanità. Un campo nel quale l’Italia deve far sentire la propria voce.

“Dobbiamo essere equi, sostenibili e inclusivi”. A illustrare a Fortune Italia la ‘ricetta’ degli ingegneri biomedici europei per una salute europea “più tech ma anche più giusta” è Leandro Pecchia, presidente della Società europea di ingegneria biomedica, esperto di AI e innovation manager Oms (Organizzazione mondiale della sanità) per le tecnologie non farmacologiche per Covid-19.

Pecchia – un cervello italiano che ha lavorato per anni all’estero e da poco è rientrato come professore ordinario all’Università Campus Bio-Medico di Roma – in questi giorni è a Bruxelles, dove ha organizzato un evento patrocinato, fra gli altri, dall’Università Campus Bio-medico, per discutere di tecnologia e pandemie con membri del Parlamento Europeo, della Commissione Europea, del’Organizzazione Mondiale della Salute, di MedTech Europe, mettendo insieme pazienti, medici, ingegneri e policymaker. “Abbiamo indivudato dei punti su cui riflettere, che saranno seguiti da azioni concrete di pressione sulla Commissione e sul Parlamento europeo”, spiega.

Leandro Pecchia, al centro, al Parlamento europeo

Il progetto

“Nel 2016 – ricorda lo scienziato – ho fondato un Gruppo di interesse parlamentare sull’ingegneria biomedica al Parlamento europeo, che negli anni è stato il punto di contatto fra comunità europea di esperti in sanità, Parlamento, Commissione e Oms. Dopo la pausa per pandemia, questo è il primo evento in presenza, ma avendo ripreso le attività a legislatura iniziata non abbiamo potuto dar vita a un gruppo di interesse parlamentare. E’ importante, comunque, sapere di essere ascoltati. Questo è un momento cruciale per il futuro della salute in Europa“, sottolinea Pecchia.

La lezione di Covid e il ‘caso ventilatori’

Finita l’emergenza, è il momento di analizzare le scelte fatte, anche in vista di nuove minacce. “Dobbiamo fare tesoro della lezione di Covid-19, per mettere a punto una raccolta di buone pratiche da implementare a livello europeo per il futuro“, esorta lo studioso.

Sui ventilatori polmonari – che scarseggiavano nei mesi più caldi di Covid – l’Italia, a differenza di altri Paesi, “ha fatto benissimo. Il nostro Paese ha contattato l’azienda che li produceva in Italia, ha chiesto cosa servisse (un microchip e una valvola che non arrivavano dalla Cina) e ha messo in contatto questa azienda con Ferrari e Fiat, che hanno prodotto questi componenti. In questo modo la Siare, l’azienda bolognese che produce respiratori polmonari, ha moltiplicato per 10 la sua capacità produttiva. Ecco, questa è stata una buona pratica, che ci insegna anche come il policy maker debba parlare con l’esperto e farsi dire cosa fare. La strategia italiana ha funzionato” e va esportata.

Altri Paesi hanno fatto scelte diverse, chiedendo ad produttori di altri settori di produrre ventilatori polmonari. Cosa finita in grandi fallimenti, “perché per produrre dispositivi medici critici ci vogliono anni di esperienza, adeguate certificazioni, e anche la forma mentis adatta”.

I dati

L’Europa è al lavoro sull’European Health Data Space, una regolamentazione per la condivisione dei dati. L’EHDS aiuterà l’Ue a compiere un salto di qualità nel modo in cui l’assistenza sanitaria viene fornita alle persone in tutta Europa. Consentirà infatti alle persone di controllare e utilizzare i propri dati sanitari nel loro Paese o in altri Stati membri e promuoverà un autentico mercato unico per i servizi e i prodotti sanitari digitali.

“Oggi viviamo nell’economia dell’informazione e dobbiamo creare l’infrastruttura per lo scambio di dati, come negli anni ’50 creammo la comunità unica per lo scambio di carbone e acciaio, che erano alla base dell’economia del Dopoguerra. Il documento ad hoc è al vaglio del parlamento, ma occorre contribuire. Così come la regolamentazione sulla privacy, uno degli elementi fondamentali di una forte Unione europea della salute”, dice Pecchia. “Ecco perché l’Italia deve collaborare con altri Paesi europei in questa fase”.

Sostenibilità ed equità

“Dobbiamo essere più equi, sostenibili e inclusivi. Abbiamo proposto di creare un fondo per le interruzioni di carriera per i ricercatori precari (maternità o altre necessità personali) – racconta Pecchia – che risulti conveniente a loro ed ai loro supervisori. Non è possibile che fino al dottorato ci sia una sostanziale parità di genere nelle Stem ma nel post-doc questo si perda perché mancano meccanismi di supporto”.

“Dobbiamo anche essere più sostenibili, economicamente, socialmente, e a livello ambientale: bene le call sul tema, ma introduciamo criteri di valutazione in tutti i programmi Horizon Europe, e per tutti i proposal”.

Infine “non lasciamo nessuno in dietro. L’Europa è gli europei devono lavorare con e per l’Africa e con altri Paesi a basso reddito. I problemi e le sfide sono globali. Le soluzioni non possono che essere universali, per non alimentare il technology divide”, conclude Pecchia.

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