Covid, ricoveri in calo in Italia ed efficacia anticorpi monoclonali

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La buona notizia è che i ricoveri Covid sono ancora in calo in Italia, come evidenzia l’ultima analisi degli ospedali sentinella ‘targati’ Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere). Dopo la leggera risalita nella rilevazione del 14 marzo (+4,2) gli indici sono tornati col segno meno: nell’ultima settimana per la precisione -9,2%. 

Ma se la situazione è di certo meno allarmante, i rischi per i soggetti fragili non sono terminati. I numeri raccontano di circa 30 morti per Covid al giorno nel nostro Paese, ecco perché gli specialisti raccomandano per i soggetti più fragili e vulnerabili una terapia precoce in caso di infezione con anticorpi monoclonali, che restano efficaci anche contro le varianti attuali.

I numeri degli ospedali

Vediamo allora i numeri degli ospedali. Nei reparti ordinari si registra una diminuzione del -9% del numero di ricoveri ‘per Covid’, ovvero di pazienti con insufficienza respiratoria o polmonite, e della stessa percentuale dei casi ‘con Covid’, arrivati in ospedale per la cura di altre patologie e positivi al virus.

Gli anticorpi monoclonali

Ma Covid-19 può ancora far danni. “Il trattamento precoce con anticorpi monoclonali e antivirali rappresenta a tutt’oggi la strategia più efficace insieme alla vaccinazione per prevenire l’ospedalizzazione, le complicanze e il decesso per Covid – ha detto Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit), intervenuto a Roma durante un incontro sul tema, promosso da GlaxoSmithKline – Diverse condizioni, sia anagrafiche che cliniche, sono state correlate con il rischio di progressione della malattia. Nella pratica clinica è comunque spesso complicato riuscire a classificare in maniera precisa la vulnerabilità e il grado di rischio dei singoli pazienti”.

Nel momento iniziale della pandemia sono stati identificati come fattori di rischio l’età avanzata, il sesso biologico maschile e l’obesità. Oltre a questi fattori, sono state definite altre condizioni legate al carico delle comorbosità, che hanno consentito di identificare tipologie di pazienti a maggior rischio di sviluppare malattia grave. Le patologie che colpiscono il sistema immunitario in modo diretto – come nel caso di Hiv, neoplasia ematologica, impiego di chemioterapia – o indiretto, come nel caso di insufficienza renale, possono determinare di per sé un incremento del rischio di ospedalizzazione e malattia grave da Covid-19 e di prognosi infausta.

Per questi soggetti è raccomandata una terapia precoce dell’infezione. Nei pazienti fragili, il vantaggio dell’anticorpo monoclonale rispetto agli antivirali è quello di bloccare l’ingresso del virus prima dell’entrata nella cellula dell’ospite, e di indurre potenzialmente l’attività citotossica anticorpo-dipendente nel caso le cellule vengano infettate.

Sottovarianti e farmaci

“La variabilità delle sottovarianti di Omicron ha reso non sempre scontato definire con chiarezza l’efficacia degli anticorpi monoclonali contro il Sars-CoV-2 – ha aggiunto Carlo Federico Perno, direttore di microbiologia e diagnostica di immunologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – Tuttavia, a fronte della perdita di efficacia di molti di essi, alcuni monoclonali hanno mantenuto un effetto significativo anche nei confronti delle più recenti sottovarianti del virus, comprese quelle circolanti in prevalenza in Italia. Tra di essi, sotrovimab sembra essere quello a maggior efficacia”.

Questo anticorpo monoclonale “ha un profilo farmacologico e farmacocinetico tale da renderlo un’opzione alquanto valida nell’attuale contesto virologico e clinico, considerando sia la sua lunga emivita che la capacità di stimolare una risposta immunitaria che coadiuva quella dell’organismo e che potenzia la rimozione e inattivazione del virus. L’insieme di queste caratteristiche rende sotrovimab un anticorpo monoclonale ancor oggi da tenere in alta considerazione nel trattamento dell’infezione da Sars-CoV-2”, ha concluso Perno.

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