Salute mentale, perché cambiare la legge sull’infermità

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Nel novembre del 2022 Giandavide De Pau, un delinquente romano legato al clan Senese, uccise tre povere donne straniere al quartiere Prati. Essendo anche prostitute, devo amaramente sottolineare come la notizia durò solo qualche giorno sulla stampa. Poi progressivamente svanì. Non per me, che da quella vicenda trassi spunto per discutere di una nuova legge sull’infermità e la seminfermità mentale.

De Pau, cocainomane, aveva compiuto altri delitti usufruendo della impunità. E ciò, soprattutto, in considerazione della sentenza a sezioni unite della Cassazione del 2005, la tristemente famosa n. 9136, che ha aperto il campo ai disturbi di personalità, consentendo di fatto a tanti delinquenti di farla franca.

Ho studiato la situazione insieme a psichiatri e giuristi e depositato la riforma della legge in data 6 marzo. Dopo le correzioni di rito, è presumibile che in questi giorni la proposta venga assegnata in sede di discussione alla commissione giustizia di Montecitorio.
Lo sottolineo per evitare che si possa pensare che io abbia agito dopo l’omicidio della dottoressa Capovani che, nel dolore immenso per quanto accaduto, non poteva da sé giustificare un intervento legislativo immediato.

La cosa sulla quale mi batto è che la stragrande maggioranza dei disturbi mentali non c’entra nulla con la ‘follia’. Essa tecnicamente è l’alterazione dell’esame di realtà. Quindi, la psicosi. Per spiegarci, un agito psicotico può essere un omicidio per cui si uccide dietro comando di una voce allucinatoria o sulla base di un delirio organizzato. Fuori da questi casi, si uccide essenzialmente per tematiche antisociali, per questioni che non riguardano la psiche.

Ho affermato nei giorni scorsi che i disturbi di personalità non sono ‘follia’, tranne scivolamenti psicotici che possono verificarsi in alcuni cluster e poi rientrare subito nella normalità. Ho scritto che il disturbo bipolare senza psicosi non è follia. Si dice che Churchill e Montanelli fossero bipolari di tipo II ma, appunto, non solo privi di psicoticità ma in grado di esprimere un pensiero lucido e chiaro di altissima qualità.
Wssere psicopatici non significa affatto essere folli. La psicopatia è assenza di empatia ma non certo di lucidità.

La nostra proposta di legge introduce proprio la discriminante psicotica nei due articoli vigenti, 88 e 89, figli del codice Rocco. Così dando ai periti e ai giudici un metro di valutazione oggettivo, eliminando la discrezionalità nata con la sentenza del 2005.
Ci sono persone che commettono reati e che hanno disturbi dì personalità. Meritano certamente un carcere umanizzato, con tutte le possibilità di usufruire di terapie di ogni genere. Ma non devono stare nelle Rems. Perché non sono pazienti psichiatrici e tolgono il posto a chi ne ha bisogno realmente.

Non parlo dell’assassino della Capovani. Ho espresso il mio pensiero e attendo l’esito della perizia, che dovrebbe avvenire in fase preliminare già entro l’estate. Ci sono altri casi clamorosi, a Genova per esempio, in cui la totale assenza di vizi anche parziali di mente rischia di essere sopraffatta dall’emotiva ricerca di illustrare un grave fatto di cronaca come conseguenza di ciò che non esiste.

Questa legge non è di destra o di sinistra. Non è ideologica. Vuole semplicemente evitare che gli psichiatri si trasformino in sceriffi. E garantire l’infermità e la non punibilità a chi ne ha diritto. Ma anche ripristinare il concetto di pena, sapendo che la questione della riabilitazione è aperta da sempre e non sempre attuabile.

Ma uccidere coscientemente non può avere mille giustificazioni. Ognuno ha il diritto di avere giustizia. Mai vendetta. E contemporaneamente, in uno stato liberale, le carceri devono assicurare percorsi reali di riabilitazione. Che tantissime volte avvengono senza fare notizia. C’è gente che in carcere studia, apprende un lavoro. Ci sono stati autentici criminali in grado di cambiare vita e memorabili film che lo hanno raccontato. Ma solo dalla giusta pena può passare il riscatto sociale. Le carceri vanno potenziate. Servono più psichiatri e più psicologi. Ma chi non è infermo deve stare lì. A pagare il giusto. Senza scorciatoie. Anche nel rispetto dei “giusti” che non ci sono più.

*Alfredo Antoniozzi, vice presidente del gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia alla Camera

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