Vino, l’Irlanda e le etichette ‘salutari’

vino rosso

Sulla questione delle etichette ‘salutari’ per vino e alcolici, l’Irlanda ha deciso di andare avanti per la sua strada. Il ministro della Salute, Stephen Donnelly, ha convertito in legge il regolamento che prevede l’etichettatura degli alcolici con avvertenze sanitarie, come hanno spiegato dal dicastero della Sanità irlandese. Insomma, dopo tanto discutere ora il dato è (o sembra) tratto.

La legge contestata

La legge, che si applicherà dopo un periodo di transizione di tre anni (quindi da maggio 2026), prevede che le etichette dei prodotti alcolici indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol, oltre ad avvertenze sul rischio in gravidanza e sul pericolo di malattie del fegato e tumori legati al consumo di alcol. “Non vedo l’ora che altri Paesi seguano il nostro esempio”, ha dichiarato Donnelly.

L’etichettatura irlandese sugli alcolici ha sollevato le critiche di diversi Stati europei produttori di vino, un drappello di 13 Paesi tra cui l’Italia, oltre che delle imprese che producono bevande alcoliche. Nonostante critiche e polemiche, però, la Commissione europea ha dato il via libera per silenzio-assenso. L’argomento sarà comunque all’ordine del giorno della prossima riunione del Comitato Barriere Commerciali del WTO, il 21 giugno. In quella sede la Commissione europea, titolare della competenza esclusiva in materia commerciale, sarà chiamata a motivare la presunta conformità del provvedimento di Dublino con le regole del mercato unico e della libera concorrenza. Nei giorni scorsi, inoltre, le associazioni europee e nazionali di produttori di vino, birra e distillati hanno presentato reclami ufficiali alla Commissione Ue affinché apra una procedura di infrazione contro l’Irlanda.

La posizione dell’Italia

Lavoreremo, insieme al collega Tajani, con il quale ci stiamo confrontando proprio in queste ore, per capire – anche insieme alle altre nazioni europee, come Francia e Spagna, ma non solo, che hanno sottoscritto con noi un documento di forte critica all’azione irlandese – come contrastare questa scelta dell’Irlanda – ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura e Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida – anche in nome della difesa di un mercato europeo che sia rispettoso di prodotti di ogni nazione”.

Ombre su un export da record

A spiegare le preoccupazioni del settore e del Governo italiano sono i numeri. Come ha reso noto nei giorni scorsi Coldiretti, che ha analizzato i dati Istat relativi al primo trimestre 2023, le esportazioni alimentari hanno segnato un +13%, dopo il massimo storico di 60,7 miliardi di euro registrato lo scorso anno grazie ai prodotti simbolo della Dieta Mediterranea come appunto vino, pasta e ortofrutta fresca.

Campione dell’export tricolore nel mondo si conferma proprio il vino, con un valore di 7,9 miliardi di euro nel 2022, secondo l’analisi della Coldiretti, grazie ad una crescita del 10% delle vendite all’estero.

L’auspicio di Coldiretti è che la decisione europea possa essere ridiscussa nel comitato barriere tecniche in sede WTO. “Ma è anche importante – precisano da Coldiretti – che la Commissione Europea monitori gli effetti sul mercato interno per valutare la possibilità di aprire una procedura di infrazione”.

L’eccellenza italiana

Anche se le esportazioni di vino italiano in Irlanda sono state nel 2022 pari ad appena 45 milioni di euro, la decisione sulle etichette “rischia pero’ di aprire le porte in Europa e nel mondo ad una normativa che – sottolinea Coldiretti – colpirebbe una filiera che in Italia vale 14 miliardi di euro, dal campo alla tavola, garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale vice dell’export agroalimentare”.

Si tratta di difendere un settore del Made in Italy che ha scelto da tempo la strada della qualità con le bottiglie Made in Italy destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola.  “Il consumo pro capite in Italia si attesta – conclude la Coldiretti – sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende”.

“E’ del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. Convinto che “il giusto impegno” dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini “non può tradursi in decisioni semplicistiche, che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”.

Il parere degli esperti Sima

A schierarsi contro quello che viene definito un “attacco al vino italiano” sono gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima). “Non si comprende perché ci si concentri sui rischi legati al consumo di vino, nascondendo ipocritamente sotto il tappeto le polveri sottili (PM10, PM2.5 e via di seguito) responsabili secondo l’Eea di oltre 400.000 decessi prematuri ogni anno in Europa”, afferma il presidente Sima, Alessandro Miani.

“Questo non significa voler sottovalutare il problema dell’alcol, che deve essere affrontato non tanto attaccando la produzione vinicola italiana, quanto contrastando ad esempio gli abusi nel consumo di alcolici e superalcolici tra i giovanissimi. Quello che serve, semmai, è una vera campagna contro l’abuso di alcol da parte dei giovani, ricordando che la prima causa di morte dei nostri ragazzi tra i 14 ed i 24 anni non è il cancro, ma sono gli incidenti stradali alcol-correlati”, conclude. Insomma, mentre Confagricoltura ha annunciato un esposto alla Commissione europea per ribadire l’incompatibilità con le regole Ue della legge irlandese, la questione sulle etichette dei vini sembra tutt’altro che chiusa.

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