Pharma in Italia, le sfide per multinazionali estere (che valgono il 60% del settore)

Cattani Franco Luppi
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E’ articolato il panorama del pharma in Italia: accanto alle Fab13 – le imprese della farmaceutica a capitale italiano che insieme sfiorano i 14,3 mld di euro di ricavi nel 2022 – sono presenti da decenni anche grandi gruppi multinazionali. Nomi celebri come Pfizer, Msd, J&J, Roche, AstraZeneca. Ebbene, se nel 2022 l’Italia ha raggiunto un valore di produzione farmaceutica pari a oltre 49 miliardi di euro, le multinazionali estere insieme totalizzano 29,3 miliardi di euro nel 2022, il 60% dell’intero settore. 

A calcolarlo è il Libro Bianco realizzato da The European House-Ambrosetti in collaborazione con Iapg (associazione delle aziende farmaceutiche italiane a capitale americano) e Eunipharma (gruppo delle aziende farmaceutiche italiane a capitale europeo e nipponico), presentato recentemente al Forum Ambrosetti a Cernobbio.

I numeri

Il Libro Bianco evidenzia come nell’ultimo anno le 47 aziende associate a Iapg ed Eunipharma abbiano generato un contributo complessivo al Pil pari a 19,8 miliardi di euro, un valore superiore all’1% dell’intero prodotto interno lordo nazionale. Un contributo che passa anche dagli investimenti: 2,1 miliardi nel 2022 in produzione e ricerca (il 61% degli investimenti del settore).

Non solo, le aziende pharma a capitale estero contano più di 62.000 pazienti coinvolti nei trial clinici nel solo 2022, 7.000 pazienti trattati ogni anno con farmaci per uso compassionevole e circa 2.000 collaborazioni attive con Ospedali e Centri di ricerca, generando oltre 2,2 miliardi di euro di benefici attesi per il Sistema Sanitario Nazionale. Ma non mancano le criticità, a partire dal payback per ripianare lo sfondamento del tetto di spesa per gli acquisti diretti. Pensiamo che, è stato detto a Cernobbio, circa il 98% del payback farmaceutico è versato da imprese a capitale estero, fornitrici dei farmaci più innovativi che ricadono nel tetto di spesa per acquisti diretti.

“L’Italia è tra i principali poli mondiali per l’industria farmaceutica – ha ricordato Marcello Cattani, presidente di Farmindustria – grazie agli investimenti delle nostre imprese a capitale sia estero sia italiano, che possono contare anche sulla qualità del sistema Paese. Una filiera industriale bilanciata, peculiare in Europa e fattore di forza della Nazione”. Il pharma “è un patrimonio per l’Italia e opportunità di crescita economica, di cura, di occupazione qualificata, di partnership con la ricerca pubblica e privata. Per vincere la competizione globale è necessario adottare in tempi brevi regole che attraggano sempre nuovi investimenti in Italia, a partire da una gestione della spesa compatibile con la crescita. Il Governo italiano ha avviato da tempo un percorso positivo in questa direzione. E noi, come imprese, vogliamo contribuire alla definizione di misure per un’Italia protagonista in Europa e nel mondo – ha aggiunto Cattani – Possiamo farcela”.

Le sfide

“Per aumentare l’attrattività e la competitività dell’Italia a livello internazionale nel settore farmaceutico – ha ribadito Nicoletta Luppi, presidente dello Iapg – è urgente definire una nuova governance della spesa farmaceutica. Il meccanismo del payback farmaceutico ha rappresentato di fatto negli anni un co-finanziamento della spesa sanitaria pubblica che trasferisce sulle imprese l’onere del surplus di spesa, fissando a priori un tetto che non tiene conto dell’evoluzione dei bisogni di salute e dei trend demografici e dell’innovazione generata dalle aziende”.  Ostacolando gli investimenti. Senza interventi urgenti sulla governance, l’importo pagato dalle aziende è destinato a crescere fino al 18,2% nel 2026, con effetti negativi sull’intero settore, calcolano le imprese.

“All’interno di un contesto globale sempre più competitivo – le ha fatto eco Lorenzo Wittum, Chairman di Eunipharma – è fondamentale che il Paese garantisca condizioni politico-istituzionali, normative e industriali in grado di favorire ulteriori investimenti rispetto a quelli già pianificati per i prossimi anni. L’industria del farmaco e l’innovazione trasferita con le notevoli conoscenze che la R&S comporta non può non essere parte integrante di un processo di sviluppo del Paese. Il nostro settore è pronto ad agire per cogliere tutte le opportunità che supportino gli investimenti esteri in Italia, ma – ha ammonito – ha bisogno di un intervento chiaro per superare ciò che ha limitato l’attrattività in questi anni”.

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