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Long Covid, speranza di cura da due vecchi farmaci

Long Covid
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Brain fog, dolori, spossatezza, problemi di memoria, fastidi gastrointestinali, tosse, tachicardia, palpitazioni, mancanza di respiro. Non è un caso che, anche dopo la ‘normalizzazione’ della pandemia, si continui a indagare sul Long Covid. Come ricorda l’Istituto superiore di sanità, questa condizione si manifesta quando – dopo più di quattro settimane dall’infezione da Sars-CoV-2 – alcuni sintomi persistono nonostante la negativizzazione.

L’universo del Long Covid è sfumato, ma i numeri sono importanti: secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine il Long Covid può colpire dopo il contagio fino a una persona su due, con strascichi che si trascinano per mese, perfino per anni.  Ebbene, dalla ricerca italiana arriva ora una buona notizia: una combinazione di vecchi farmaci antistaminici e antiulcera potrebbe essere efficace contro il Long Covid.

Lo studio

Tutto nasce dal ruolo dei mastociti, cellule del sangue, nella fisiopatologia del Long Covid: il team a pensato di valutare l’efficacia del trattamento con bloccanti dei recettori dell’istamina, che è una delle sostanze rilasciate dai mastociti. Il tutto attraverso uno studio multicentrico, pubblicato su ‘Frontiers in cardiovascular medicine’ e coordinato dal professor Carmine Gazzaruso, responsabile Centro di Ricerca Clinico (Ce.R.C.A.) dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Gruppo San Donato) e professore di Endocrinologia dell’Università Statale di Milano.

Lo studio è stato condotto grazie al contributo dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano (Pavia), dell’Università Statale di Milano, dell’Irccs MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano) e del Centro Medico Ticinello di Pavia.

I sintomi nel mirino

Il team di Gazzaruso ha preso in esame quattro gruppi di sintomi caratteristici nel Long Covid: stanchezza e astenia, alterazione cardiaca, nebbia mentale e alterazione della memoria, disturbi gastrointestinali (dolore, meteorismo, gonfiore). È stato quindi selezionato un campione di 27 soggetti affetti da questa condizione, che soffrivano di Long Covid da oltre 6 mesi ed erano stati sottoposti a diversi trattamenti – multivitaminici, betabloccanti e aver affrontato percorsi riabilitativi – con risultati fallimentari.

“I pazienti arruolati per il nostro trial non erano vaccinati contro il Sars-Cov-2, perché il vaccino potrebbe modificare i sintomi del Long Covid, non erano soggetti allergici e non avevano mai sofferto, prima dell’infezione, di uno dei sintomi presi in considerazione nello studio” ha precisato Gazzaruso. “La stanchezza, che accomunava tutto il campione preso in esame, doveva essere accompagnata, per la validità dello studio, da almeno uno degli altri sintomi. Nella media dei pazienti esaminati il dato è stato confermato, registrando, anzi, la presenza di tre sintomi, se non addirittura dell’intera sintomatologia”.

Un meccanismo simile a quello dell’allergia

Studi precedenti avevano evidenziato nei pazienti con Long Covid una maggiore attivazione dei mastociti, come avviene nei soggetti allergici. Nel paziente allergico si verifica una grande produzione di istamina e prostaglandine, sostanze liberate in eccesso dai mastociti, esattamente come rilevato anche nel campione dello studio.  da qui  l’idea di inibire la reazione bloccando due dei quattro recettori dell’istamina, detti H1 e H2.

In che modo? Il team ha usato due farmaci piuttosto datati, ormai poco utilizzati nella pratica clinica quotidiana: un antistaminico (la fexofenadina) e un antiulcera (la famotidina), molto usato prima dell’avvento dell’omeprazolo. Nello specifico, l’antistaminico bloccava il recettore H1 dell’istamina, mentre il secondo inibiva il recettore H2. Il campione è stato suddiviso in due gruppi: il primo, formato da 14 persone, ha ricevuto la terapia farmacologica combinata, mentre al secondo, il gruppo di controllo formato da 13 persone, non è stato somministrato nulla.

Cosa è emerso

I risultati sono stati promettenti: i sintomi del Long Covid sono scomparsi completamente nel 29% dei pazienti del primo gruppo, dopo soli 20 giorni di trattamento. In tutti gli altri pazienti trattati si è comunque rilevato quello che gli studiosi definiscono “un miglioramento significativo di ciascuno dei sintomi considerati”. Nel gruppo di controllo, invece, non si sono registrate variazioni in merito allo stato di salute.

Oltretutto il fatto che siano stati utilizzati medicinali ben noti rappresenta un indubbio vantaggio. Il “repurposing” permette infatti di accorciare i tempi e i costi legati allo sviluppo di un nuovo trattamento, poiché gli studi tossicologici e di sicurezza sono già stati completati e approvati.

“Questa scoperta – ha sottolineato Gazzaruso – permetterà alle persone affette da Long Covid, che presentano questo disturbo legato ai mastociti, di guarire o migliorare la propria condizione di salute, attraverso una terapia molto semplice e anche facilmente reperibile”.

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