Covid e Long Covid, attenzione ai fragili

coronavirus

Di Covid-19 si parla sempre meno, anche perchè i numeri ormai sono davvero  contenuti. Secondo gli ultimi dati settimanali, dal 9 al 15 giugno ci sono stati 7.461 contagi in Italia (-17,9%), con 81 decessi, sempre meno tamponi e ospedali sempre più vuoti. Ma ancora oggi tanti italiani si trovano a fare i conti con i subdoli sintomi del Long Covid, che durano per mesi e perfino anni dopo la guarigione dell’infezione.

Ecco perchè gli esperti cercano di tenere alta l’attenzione sulla necessità di proteggere i più fragili da questo virus in continua evoluzione, mentre la ricerca indaga sull’efficacia dei richiami vaccinali in gruppi particolarmente vulnerabili.

Fragilità e Covid

È online sul sito di Cittadinanzattiva la guida “Covid, Long Covid e fragilità: Teniamo alta l’attenzione!”. Obiettivo, informare sui rischi di sviluppare forme severe di Covid-19, in particolare per le persone con fragilità o specifiche condizioni di salute.

La guida contiene la lista dei 113 ambulatori territoriali per il trattamento del Long Covid, i riferimenti per la tutela, e informazioni aggiornate su: fine pandemia e “nuova normalità”, il “long Covid”, il punto sulla vaccinazione anti Covid-19, l’impatto della malattia sui pazienti fragili, i fattori di rischio e la profilassi, la vaccinazione anti Covid-19 in gravidanza, allattamento e in età pediatrica.

“La Società Italiana di Pneumologia – Italian Respiratory Society ha partecipato attivamente – ha detto Angelo Guido Corsico, direttore dell’Uo Pneumologia Policlinico di San Matteo Università di Pavia – Assieme a diversi esponenti della Comunità e delle Società scientifiche abbiamo messo a punto questo opuscolo per mantenere alta l’attenzione della cittadinanza e, soprattutto, delle persone fragili che sono ancora a rischio. Anche se oggi il panorama in acuzie e in post Covid è profondamente cambiato rispetto al 2020, grazie alla vaccinazione di massa, il virus è ancora presente. In soggetti affetti da patologie polmonari croniche (come Bpco, discrasia polmonare, enfisema, malattie polmonari interstiziali, embolia polmonare, asma grave, ipertensione polmonare, etc.) l’infezione può aggravare una situazione respiratoria e potenzialmente può lasciare degli strascichi dannosi”.

La ricerca sul richiamo

Intanto una ricerca condotta da due Istituti del Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Azienda Ospedaliera Cardarelli di Napoli, e pubblicata su ‘Viruses’, ha dimostrato l’efficacia della  vaccinazione di richiamo anti Covid-19 in un campione di pazienti sottoposti a trapianto di rene.

Il team ha dimostrato che le dosi booster somministrate a soggetti con un importante stato di immunosoppressione farmacologica in seguito a trapianto di reni hanno favorito una buona risposta immunologica al virus Sars-CoV-2. E questo sia nei confronti del ceppo virale originario Wuhan che della varante Omicron, in termini di produzione di anticorpi neutralizzanti e di risposta cellulare mediata dai linfociti T.

“Nonostante lo stato di emergenza a livello globale sia ormai terminato, anche grazie al successo delle campagne di vaccinazione, resta alta l’attenzione sanitaria nei confronti dei pazienti con fragilità, quali pazienti oncologici, trapiantati o immunosoppressi, solo per citarne alcuni, in quanto maggiormente esposti al rischio di infezione da Sars-CoV-2: è qui che si inquadra il nostro studio, che ha riunito competenze di immunologia e biologia cellulare”, ha detto Carmen Gianfrani (Cnr-Ibbc).

La sperimentazione ha coinvolto pazienti sottoposti a trapianto di rene e volontari sani reclutati dal Cardarelli, sottoposti ad un prelievo di sangue in vari tempi dopo la seconda e terza dose di richiamo del vaccino a mRna. “Sia nei pazienti sani che nei pazienti trapiantati abbiamo rilevato, a seguito alla terza vaccinazione, una robusta espansione ed attivazione dei linfociti antivirali specifici, con produzione di interferone-gamma contestualmente con l’incremento del titolo anticorpale anti-Spike”, ha detto Giovanna Del Pozzo (Cnr-Igb), co-coordinatrice assieme a Gianfrani della sperimentazione svolta al Cnr.

Sebbene l’intensità della reattività immunologica nei confronti della variante Omicron sia risultata minore rispetto al ceppo originario di Wuhan, “lo studio dimostra l’efficacia della dose booster nell’indurre una protezione anti-virale specifica”, ha concluso l’esperta. Una informazione che potrà essere utile quando, in autunno, si riparlerà di vaccinazione.

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