Sanità: tutte le ombre della Nadef nell’analisi Gimbe

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È scritta nero su bianco nella Nadef 2023 l’attenzione alla sanità e agli operatori che sono la spina dorsale del settore. Ma i numeri che arrivano dalla nuova analisi di Fondazione Gimbe non lasciano tranquilli: il rapporto spesa sanitaria/Pil scenderà dal 6,6% nel 2023, al 6,2% nel 2024, al 6,1% nel 2026.
 E nel triennio 2024-2026 la spesa sanitaria aumenterà solo dell’1,1%.

Insomma, non sono poche le ombre che si addensano sulla sanità, secondo la Fondazione guidata da Nino Cartabellotta, alle prese questa volta con l’analisi della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Un’operazione avviata “alla vigilia della discussione della Legge di Bilancio 2024, sia per verificare la coerenza tra dichiarazioni programmatiche e stime tendenziali, sia – dice Cartabellotta – per informare confronto politico e dibattito pubblico in vista della discussione sulla Manovra”. Vediamo cosa è emerso.

Cosa accadrà dal 2022 al 2026

Rispetto al 2022 la spesa sanitaria aumenta del 2,8%, in termini assoluti di 3.631 milioni di euro, ma si riduce dal 6,7% al 6,6% in termini di percentuale di Pil.

A fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 3,5%, la Nadef 2023 stima la crescita media della spesa per la sanità all’1,1%. Dunque, come si legge nella tabella, il rapporto spesa sanitaria/Pil arriverà al 6,1% nel 2026.

Rispetto al 2023, in termini assoluti la spesa sanitaria nel 2024 scende a 132.946 milioni di euro (-1,3%), per poi risalire nel 2025 a 136.701 milioni (+2,8%) e a 138.972 milioni (+1,7%) nel 2026.

“È del tutto evidente – dice Cartabellotta – che l’irrisorio aumento della spesa sanitaria di € 4.238 milioni (+1,1%) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo”.

Il 2024 non sarà l’anno del rilancio

Insomma, le stime previsionali della Nadef 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026 non lasciano affatto intravedere investimenti da destinare al personale sanitario. Ma farebbero emergere piuttosto segnali di definanziamento. In particolare il 2024, lungi dall’essere l’anno del rilancio, “segna un preoccupante -1,3%”, sottolineano da Gimbe.

Nadef contro Def

Rispetto alle stime del Def 2023, nella NaDEF relativa al periodo 2023-2026  la spesa sanitaria in termini assoluti aumenta di soli 1.140 milioni di euro (+0,4%) e in termini di percentuale del Pil si contrae dello 0,3%. In dettaglio nel 2023 la spesa sanitaria si riduce di:
0,1% in termini di percentuale del Pil
1.309 milioni (134.734 milioni vs 136.043 mln di euro) in termini assoluti
1% in termini di variazione percentuale.


Insomma, la sanità rimane la ‘cenerentola’ dell’agenda politica, dicono da Gimbe. E questo per varie ragioni. Il rapporto spesa sanitaria/Pil dal 6,7% del 2022 scende al 6,6% nel 2023 e continuerà a calare negli anni successivi, sino a raggiungere il 6,1% nel 2026, sotto il livello pre-pandemico del 2019 (6,4%).

Inoltre nel triennio 2024-2026 la Nadef stima una crescita media annua del Pil nominale del 3,5%, a fronte dell’1,1% di quella della spesa sanitaria, un investimento che impegna meno di un terzo della crescita attesa del prodotto interno lordo. Infine, nonostante le dichiarazioni programmatiche, la nota di aggiornamento del Def non fa alcun cenno alla graduale abolizione del tetto di spesa per il personale della sanità, ‘chiave’ per rilanciare le politiche del capitale umano.

Dalle parole ai fatti

Se nella Nadef si afferma l’intenzione di stanziare risorse per il rilancio del personale sanitario nel prossimo triennio “i numeri – sostiene Cartabellota – non lasciano intravedere affatto i fondi necessari, ma viceversa documentano segnali di definanziamento della sanità pubblica ancor più evidenti di quelli del DEF 2023, le cui stime previsionali sulla spesa sanitaria sono state riviste al ribasso”.

Insomma, se già il Ssn non se la passa bene, “con pesanti conseguenze sulla salute delle persone e sull’aumento della spesa privata”, le stime Nadef “spingono la sanità pubblica sull’orlo del baratro”.

Il rischio, per Gimbe, è di arrivare ad avere “21 sistemi sanitari regionali basati sulle regole del libero mercato”. Con un effetto boomerang. “Chi è malato – ragiona il presidente della Fondazione – non produce, non consuma e, spesso, limita anche l’attività lavorativa dei propri familiari”. Insomma, investire in sanità paga. O, meglio, pagherebbe. Mentre non farlo rischia, oltretutto, di ‘pesare’ sui conti del Paese.

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