Covid: perché HV.1 potrebbe superare Eris

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Negli Stati Uniti ha già iniziato la sua corsa: HV.1, una delle sottovarianti Covid attualmente nel mirino, potrebbe surclassare Eris (EG.5). Ma questa nuova forma del virus deve preoccuparci? Preziosi indizi arrivano dall’ultimo studio del gruppo di Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Bio-Medico, che insieme a Fabio Scarpa dell’Università di Sassari e ad altri colleghi ha analizzato le caratteristiche di questa sottovariante.

La mutazione nel mirino

“Ebbene, HV.1 ha una mutazione che ricorda la Delta: la L452R – dice Ciccozzi, anticipando a Fortune Italia i risultati del lavoro accettato per la pubblicazione dal ‘Journal of Medical Virology’ – L’abbiamo studiata insieme a Fabio Scarpa e abbiamo scoperto che non dà un problema concreto in termini di aggressività. Si tratta piuttosto di una deriva genetica”. Ma che cosa vuol dire? “Teoricamente a causa di questa mutazione la proteina Spike del virus ha una maggiore capacità di legarsi al recettore ACE2 sulle cellule umane, cosa che può produrre virus potenzialmente più contagiosi“.

Ecco allora che questo attribuirebbe un vantaggio alla sottovariante. La ricerca scientifica in corso punta proprio a “comprendere meglio gli effetti della mutazione L452R e di altre variazioni correlate sul comportamento del virus e sulle strategie di controllo della pandemia”, dice Ciccozzi.

Il valzer delle varianti Covid

“Tuttavia, è importante sottolineare che l’impatto preciso di questa mutazione può essere diverso tra le varianti di Sars-Cov-2 in cui è stata identificata. Inoltre, le risposte immunitarie e quelle ai vaccini possono essere influenzati dalla presenza di questa mutazione, ma ciò non vuol dire che i vaccini non sono efficaci”, precisa l’epidemiologo. I vacci anti-Covid, in effetti, non proteggono tanto dal contagio, quanto dalle forme gravi di malattia. In generale, comunque, “le mutazioni che abbiamo studiato fanno aumentare la contagiosità del virus, cosa che potrebbe portare in futuro HV.1 a surclassare Eris“, puntualizza Ciccozzi.

Il parere dei ricercatori

Ma allora quanto deve allarmarci oggi HV.1? “Al momento non c’è nulla di significativo per  ritenere quest’ultima variante motivo di grande preoccupazione. In effetti, la più recente valutazione su Eris, che include anche statistiche per HV.1, indica che esiste un basso livello di rischio aggiuntivo per la salute pubblica a livello globale”.

Insomma, “il fatto che una vecchia mutazione sia ritornata ma non sembri una minaccia, ci dice che è importante monitorare costantemente tutte queste nuove mutazioni. In effetti – raccomanda Ciccozzi – il loro accumulo dovuto alla deriva genetica aggiunge  complessità alla gestione della pandemia e complica lo sviluppo di interventi mirati. Ecco allora che la ricerca si conferma fondamentale per valutare le possibili conseguenze genetiche delle mutazioni su Covid-19 e fornire indicazioni per interventi mirati. Senza però – sottolinea ancora una volta l’esperto – inutili allarmismi”.

L’andamento della pandemia

Quanto alla situazione nel nostro Paese, gli ultimi dati “su Covid in Italia sono tranquillizzanti. Certo, resta il dato dei decessi”, quasi 200 a settimana. “Ma questo problema è atavico: il totale in Italia non fa differenza tra le persone morte a causa del virus e quelle, ad esempio, decedute per infarto”, conclude Ciccozzi, sottolineando che questo non accade in altri Paesi.

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