Collegio Italiano di Flebologia, Angelo Santoliquido nuovo presidente

Luca Santoro, Alessia D'Alessandro, Angelo Santoliquido, Angela Di Giorgio, Antonio Nesci
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Angelo Santoliquido, direttore della Uosd Angiologia e diagnostica vascolare non invasiva di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e docente di Medicina Interna alla Cattolica di Roma è il nuovo presidente del Collegio Italiano di Flebologia per il triennio 2024-2026. Laureato in Medicina alla Cattolica e specializzato in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare presso l’Università di Tor Vergata, Santoliquido è un nome noto nel settore (nella foto è il terzo da sinistra dopo Luca Santoro, Alessia D’Alessandro; alla sua destra Angela Di Giorgio, Antonio Nesci).

Il Collegio Italiano di Flebologia riunisce le principali associazioni e società scientifiche di flebologia e linfologia italiane, con l’obiettivo di portare sotto la luce dei riflettori le patologie flebologiche. Tra i compiti del Collegio, anche quello di redigere linee guida scientifiche inerenti alle malattie delle vene.

Il ‘mercato’ delle vene varicose

“La malattia venosa – ricorda Santoliquido – nelle sue diverse sfaccettature interessa il 60% della popolazione italiana; si va da problemi che sconfinano con la medicina estetica, come i ‘capillari’, alle vene varicose, fino a temi di grande rilevanza anche per la vita come la patologia trombo-embolica venosa. I numeri delle patologie flebologiche sono enormi e generano un grande mercato”.

Ma “per occuparsi di queste problematiche in modo adeguato – sottolinea – servono adeguate competenze, date da conoscenze mediche, chirurgiche e di fisiopatologia della malattia. Il medico deve conoscere le conseguenze derivanti dalla progressione della malattia venosa nel tempo e quindi proporre ai pazienti anche opportuni esami diagnostici e terapie. Non solo per alleviare i sintomi, ma anche per evitare complicanze quali tromboflebiti e ulcere varicose e per evitare la progressione della malattia”.

La correzione senza bisturi

I trattamenti di correzione del problema venoso, in caso di vene varicose, sono diventati sempre meno invasivi negli ultimi anni. “Oggi – dice Santoliquido – si ricorre sempre più ai trattamenti di tipo ‘ablativo’, che non rimuovono le vene, ma le chiudono, escludendole e facendole ‘scomparire’. Questo può essere ottenuto con la sclero-mousse (iniezione di una sorta di schiuma che chiude la vena interessata dall’interno), con la termoablazione a radiofrequenza o con il laser; infine si può procedere ad una ‘chiusura chimica’ iniettando nella vena una sorta di ‘colla’”.

Tra burocrazia e mancati rimborsi

Regione che vai, regole che trovi: “Nel Lazio non ‘esiste’ la visita flebologica, che dunque non viene rimborsata. Esiste la visita ‘angiologica’, ma non quella flebologica”, sottolinea Santoliquido.

“Sempre nel Lazio un altro problema è rappresentato anche dai rimborsi attribuiti agli interventi sulle vene, che sono del tutto inadeguati e insufficienti anche solo per coprire le spese. Questo porta nella nostra Regione a limitare l’offerta nel pubblico di questi interventi, e questo rischia a sua volta di generare una migrazione sanitaria verso altre Regioni”, conclude lo specialista.

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