Malattie della retina, i farmaci del futuro (e l’effetto AI)

Stanislao Rizzo
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Sono sempre più vicine soluzioni farmacologiche innovative per le malattie della retina. Inibitori del complemento C5 per trattare la maculopatia atrofica, terapie intra-vitreali per la maculopatia ‘umida’ sempre più long-acting, nuove terapie per rallentare la progressione della miopia. Ma anche metaverso e realtà virtuale in sala operatoria a vantaggio di pazienti e giovani specializzandi.

Se ne è parlato a Roma al congresso Floretina ICCOR, presieduto da un nome noto nel settore dell’oculistica: Stanislao Rizzo, direttore del Dipartimento di Oculistica di Fondazione Policlinico Gemelli e Ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma.

La maculopatia

Ne esistono due forme, una ‘secca’, la più comune (80-90% delle forme) e una ‘umida’ o essudativa. “Sono malattie sociali, essendo la causa più frequente di ipovisione e disabilità visiva dopo i 50 anni, nel mondo occidentale”, dice Rizzo.

La maculopatia atrofica (degenerazione maculare legata all’età) è una patologia che riguarda circa 1 milione di italiani e che, se non curata, può portare alla perdita della vista. “Fino a qualche mese fa – ricorda Rizzo – non disponevamo di alcun trattamento, mentre di recente sono stati messi in commercio (per ora solo negli Usa) farmaci che agiscono contro la maculopatia atrofica, rallentandone l’evoluzione nel 30% dei pazienti. Non è ancora la soluzione, perché non restituiscono la vista, ma si limitano a rallentare la progressione della malattia, ma di certo è un grande passo in avanti anche perché spesso questa malattia coinvolge entrambi gli occhi. Per questo è importante non arrivare in ritardo alla diagnosi. I nuovi farmaci sono a somministrazione intra-vitreale e vanno effettuati ogni mese”.

Il primo, pegcetacoplan, è stato approvato negli Usa lo scorso febbraio; il secondo, avacincaptad pegol, ad agosto. In Europa l’approvazione è attesa nel corso del 2024: per averli in Italia bisognerà dunque aspettare un po’. Sono farmaci che agiscono sulla cascata del complemento, in quanto inibitori del complemento C5; tra i meccanismi patogenetici della maculopatia atrofica c’è  infatti l’attivazione della cascata del complemento, cioè dei mediatori dell’infiammazione.

Importanti novità all’orizzonte anche per quanto riguarda le forme ‘umide’ di maculopatia e la retinopatia diabetica. Per queste patologie da anni sono disponibili farmaci, sempre ad iniezione intra-vitreale, che rallentano la formazione caotica di neo-vasi, agendo sul meccanismo alla base stessa della loro formazione, il fattore di crescita endoteliale (VEGF). “Il problema di queste terapie – spiega Rizzo – è la frequenza mensile della loro somministrazione, che viene effettuata per ora solo in sala operatoria. Questo ne limita molto l’utilizzo. Sono in arrivo però dei nuovi trattamenti, sempre intravitreali, che consentiranno di allungare i tempi di somministrazione. Faricimab è un nuovo anticorpo bispecifico (a doppio target, contro il VEGF e contro l’angiopoietina-2, un’altra sostanza che aumenta la formazione di neovasi). Sempre il prossimo anno arriverà in Italia una nuova formulazione del farmaco aflibercept, già utilizzato a più bassa concentrazione, che permetterà intervalli più lunghi fra una somministrazione e l’altra”.

Riprenederà i primi mesi dell’anno la sperimentazione di uno speciale ‘serbatoio’ ricaricabile, “che viene impiantato sulla parete dell’occhio e riempito di ranibizumab, un anticorpo monoclonale anti-VEGF, già in uso da tempo. Il serbatoio rilascia gradualmente il farmaco nell’occhio e l’intervallo di ritrattamento (il ‘refill’ del serbatoio) potrebbe essere di 6 mesi e forse fino a 1 anno”.

Non solo: potrebbe presto fare il suo ingresso una speciale terapia genica, mirata non a correggere un difetto genetico, ma ad ‘insegnare’ alle cellule della retina a prodursi da sole un farmaco anti-angiogenico (anti-VEGF), in modo ‘autoctono’.

La miopia

Oggi rappresenta un’emergenza a livello mondiale (2,6 miliardi di persone colpite): si calcola che il 50% la popolazione del pianeta tra qualche anno sarà miope. Ma all’aumentare della prevalenza della miopia, cresce anche quella dei distacchi di retina, aumentata del 44% dal 2009 al 2016, secondo il Dutch Rhegmatogenous Retinal Detachment Study. Infatti in chi ha perso oltre 6-8 diottrie, il rischio di distacco della retina aumenta di 39 volte, rispetto alla popolazione generale.

“I miopi – ricorda Rizzo – hanno il bulbo oculare ‘a palla di rugby’, più lungo della norma e questo può portare al distacco della retina (ma anche al rischio di glaucoma e di maculopatie). Finora non avevamo strategie che consentissero di rallentare la progressione della miopia; recenti studi randomizzati internazionali hanno però dimostrato l’efficacia dei colliri a base di atropina a bassissima concentrazione. Da qualche anno poi sono disponibili delle lenti particolari, cosiddette a defocalizzazione periferica, sulle quali stanno investendo i maggiori brand produttori di lenti. Sono lenti che permettono una messa a fuoco perfetta al centro ma che hanno nella parte esterna una serie di microlenti di 1 mm circa, con un fuoco spostato in avanti; queste lenti hanno un’efficacia del 50% nel rallentare la velocità di progressione della miopia. A breve sono attese anche le lenti a contatto a defocalizzazione periferica. Chiaramente si tratta di terapie da iniziare in pazienti giovani, in pieno sviluppo, perché è in quel momento che la miopia ha la maggior evoluzione”.

Operazione metaverso

Non solo retina: gli esperti hanno esaminato anche l’impatto del metaverso anche in chirurgia oculistica. “La realtà virtuale è sempre più importante nella formazione dei giovani oculisti dal punto di vista chirurgico. Effettuare un intervento chirurgico cosi delicato e particolare, come un intervento su un occhio – afferma il professor Rizzo – inizialmente potrà dunque avvalersi della simulazione in realtà virtuale. Ma mentre i simulatori chirurgici sono una realtà già ben consolidata in chirurgia, in oculistica rappresentano una novità. Al congresso si è parlato dunque anche di realtà virtuale, applicata alla formazione dei giovani oculisti. Meta e Google stanno investendo tanto in questo campo. Ormai non lavoriamo più attraverso un microscopio binoculare, ma attraverso microscopi digitali che proiettano le immagini 3D su schermi a definizione 4K in sala operatoria. E questo è molto importante dal punto di vista del teaching perché anche gli assistenti e i giovani specializzandi vedono quello che fa il chirurgo in tempo reale, condividendo la sua stessa visuale del campo operatorio”.

La terapia genica

La terapia genica, infine, sta prendendo piede anche in oculistica per malattie rare tipo la retinite pigmentosa. Alcune di queste forme, come l’amaurosi congenita di Leber, si cominciano a curare; per altre varianti, come la sindrome di Usher o per malattie legate ad errori genetici come la malattia di Stargardt, sono attualmente in corso trial clinici.

Ma nel prossimo futuro la terapia genica sarà applicata anche a patologie molto più diffuse, come la maculopatia senile ‘umida’ e la retinopatia diabetica. “La terapia genica – conclude Rizzo – sarà in grado di modificare le cellule retiniche, inducendo a produrre in modo autoctono quei farmaci (gli anti-VEGF) che oggi noi iniettiamo per via intravitreale. Tutte le big pharma stanno entrando in questo campo”.

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