Medici e infermieri in sciopero: “Non finisce qui”

sciopero medici

Nemmeno la pioggia che da stamattina bagna la Capitale ha fermato la protesta di medici e infermieri nel giorno dello sciopero nazionale di 24 ore. 

“Grandissima partecipazione e grande spirito di appartenenza – testimonia a Fortune Italia da piazza SS Apostoli Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, sindacato che insieme a Cimo Fesmed e Nursing Up ha dato vita dalla protesta – Siamo un migliaio oggi qui. E abbiamo dimostrato che siamo una categoria unita: medici e infermieri oggi hanno rivendicato con forza il diritto alla dignità“.

Una dignità calpestata da condizioni di lavoro considerate ormai intollerabili. Ecco perché la protesta “non finisce qui”, annunciano Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed, e Antonio De Palma, presidente Nursing Up.

Non solo pensioni, le ragioni dello sciopero dei medici del 5 dicembre

Adesione molto alta

Intanto dalle Regioni stanno arrivando percentuali di adesione molto alte, fino all’85%, allo sciopero nazionale dei medici, dirigenti sanitari e infermieri che si sta svolgendo in queste ore in tutta Italia e che terminerà alle 24.00 di oggi, al netto dei contingenti minimi obbligati a rimanere in servizio per garantire le urgenze. Sono 1,5 milioni le prestazioni sanitarie a rischio.

“Desideriamo ringraziare tutti i medici, i dirigenti sanitari, gli infermieri, le ostetriche e gli altri professionisti sanitari che hanno dimostrato, con questa alta adesione, di aver compreso e condiviso le ragioni della protesta. Certo, siamo consapevoli di aver creato disagi ai cittadini, ma siamo assolutamente convinti che grazie a queste iniziative si possano porre le basi per creare migliori servizi proprio per quanti usufruiscono del servizio pubblico”, sottolineano Di Silverio, Quici e De Palma.

Le ragioni della protesta

Sono almeno 5 le ragioni della protesta dei camici bianchi e dei professionisti sanitari: assunzioni di personale; detassazione di una parte della retribuzione; risorse congrue per il rinnovo del contratto di lavoro; depenalizzazione dell’atto medico e cancellazione dei tagli alle pensioni.

Dal canto loro, i medici sottolineano di essere stati “costretti a ricorrere allo sciopero per vedere riconosciuti diritti sacrosanti di ogni medico e dirigente sanitario italiano”. Ora l’obiettivo è “entrare nell’agenda sociale e politica del Paese con proposte innovative e soluzioni condivise, sollecitando la riscrittura delle priorità che riconosca ai problemi della nostra categoria il diritto di avere soluzioni chiare e positive. Siamo stanchi, delusi e arrabbiati – ribadisce Di Silverio – per la totale mancanza di rispetto nei confronti di una intera classe professionale e la grande partecipazione di oggi in tutta Italia allo sciopero e alle manifestazioni ne è la dimostrazione”.

Non è solo questione di soldi, “ma di condizioni di lavoro inumane che non riusciamo più a sostenere. Le nostre parole d’ordine sono poche e chiare – scandisce – uscire dalla Pa riconoscendo per i medici e dirigenti sanitari la categoria speciale, depenalizzare l’atto medico, finanziare adeguatamente il contratto, detassare parte dello stipendio. E con queste parole d’ordine continueremo la nostra battaglia, domani e nei giorni a venire perché lavorare con dignità, sicurezza e tranquillità, questa sì è la nostra missione”.

Solo l’inizio

Torna sul disagio della categoria Guido Quici: “Questo sciopero è solo l’inizio di un percorso volto a difendere la sanità pubblica, tutelare il diritto alle cure dei cittadini e valorizzare i professionisti della salute. I medici infatti si sono sempre fatti in quattro per garantire la migliore assistenza possibile, e sono stati ripagati con una manovra che li deruba delle loro pensioni e che riserva briciole al rinnovo dei loro contratti e al finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Intanto però si sovvenziona la sanità privata, interessata solo ai propri profitti, considerando che Aiop non rinnova il contratto dei propri medici dipendenti da 18 anni”.

“Davanti a tutto questo per troppo tempo siamo stati in silenzio, e abbiamo sbagliato. Adesso – sottolinea Quici – è tempo di far sentire forte e chiara la nostra voce, e di dire basta al definanziamento della sanità”.

I servizi a rischio e il richiamo degli infermieri

“Attraversiamo un frangente molto delicato per la sanità italiana – rileva Antonio De Palma – Sono in pericolo la qualità dei servizi, l’accesso alle cure, e la stessa gestione del sistema, seriamente compromessa dalla grave carenza degli attori principali, cioè i professionisti infermieri. Questa carenza ha una causa ben precisa, e si chiama ‘mancata valorizzazione’, perché è a causa delle scarse prospettive contrattuali che i giovani rifiutano di intraprendere percorsi formativi per diventare professionisti dell’assistenza. È il momento di far sentire forte la nostra voce”.

“Non siamo disponibili ad accettare senza lottare che vengano messe le mani sulle nostre pensioni, ci riferiamo al discusso articolo 33 della bozza della Legge di Bilancio. E non accetteremo sommessamente che il governo faccia melina sulla individuazione e finalizzazione delle risorse da destinare agli infermieri e ai professionisti sanitari ex legge 43/2006: sono necessarie e vanno individuate, integrando e finalizzando, a monte, una parte delle risorse destinate alla contrattazione. Da tempo – continua De Palma – chiediamo l’istituzione di un’area contrattuale autonoma nella quale inserire le nostre professionalità. È arrivato il momento che la politica finalmente riconosca, con azioni concrete, le nostre specificità professionali”. Insomma, la pazienza è finita, mentre il futuro del Ssn appare sempre meno roseo.

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