Tumori, il peso dell’istruzione e l’appello per l’oblio oncologico

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Sembra incredibile, a leggerlo nero su bianco. Ma cultura e salute sono legati a doppio filo, almeno quando si parla di tumori. In Italia circa un quarto delle morti dei pazienti oncologici è riconducibile a bassi livelli di istruzione.

Parliamo di quasi 30mila decessi solo nel 2019, in persone fra 30 e 84 anni. Un tema importante e delicato: il livello raggiunto nel ciclo di studi, che spesso condiziona la capacità di reddito, ha un impatto sul destino dei pazienti.

Inoltre le morti per tumori da scarsa scolarità sono più negli uomini (22.271 contro 7.456 nelle donne), secondo uno studio pubblicato sul ‘Journal of Public Health’, come hanno sottolineato gli esperti al convegno “Close the Care Gap”, promosso da Istituto Superiore di Sanità, Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e Fondazione Aiom, in vista del World Cancer Day, che si celebra il 4 febbraio.

Ma nei giorni in cui i tumori – fra terapie, politiche e ricerca – sono protagonisti, dalle associazioni di pazienti Favo, Ail e Uniamo arriva il forte richiamo ad attuare la tanto attesa legge sull’oblio oncologico. 

Istruzione e tossicità finanziaria

Ma torniamo a quello che possiamo definire potere della cultura. “Le persone con un alto livello di istruzione – ha detto Saverio Cinieri, presidente Fondazione Aiom – dispongono di più strumenti per comprendere l’importanza della prevenzione, per interpretare le informazioni utili sui sintomi dei tumori e per adottare comportamenti che possono influire sull’efficacia delle terapie. Da qui il tasso di mortalità per cancro più elevato nei cittadini meno istruiti”.

Ma una diagnosi di tumore può causare ulteriori difficoltà economiche nei pazienti. La tossicità finanziaria colpisce il 26% delle persone che si trovano a fare i conti con questa malattia ed è legata a diversi fattori, tra cui i costi che i malati devono sostenere per recarsi nei luoghi di cura.

Solo nel 2022 in Italia quasi 28mila pazienti oncologici hanno cambiato Regione per curarsi, in particolare per un intervento chirurgico. “La tossicità finanziaria interessa anche i pazienti di sistemi sanitari universalistici come il nostro – ha detto Francesco Perrone, presidente Aiom – Abbiamo già dimostrato, in uno studio su 3.760 cittadini con tumore in Italia, che al momento della diagnosi il 26% deve affrontare problemi di natura economica e il 22,5% peggiora questa condizione di disagio durante il trattamento. Questi ultimi, inoltre, hanno un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto”.

Spese che si moltiplicano

Ma perchè i pazienti mettono mano al protafogli? Gli oncologi hanno sottoposto ai pazienti un questionario mirato. Scoprendo così che “alcune uscite – ha detto Perrone – riguardano il ricorso più o meno frequente alla sanità privata. Altre toccano farmaci supplementari o integratori, oppure trattamenti aggiuntivi utili, ad esempio la fisioterapia che è difficile praticare nel sistema pubblico”.

“Poi c’è la logistica: la distanza tra la casa e il luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere. E questo non solo nei casi di migrazione sanitaria da Sud a Nord. I problemi possono nascere per raggiungere dalla provincia i centri specialistici nelle grandi città. Insomma, una serie di determinanti, sui quali vogliamo sensibilizzare i decisori politici e gli amministratori, che possono mettere in campo politiche di cambiamento. È importante che nessun cittadino, dalla prevenzione all’accesso alle cure, sia lasciato indietro. Per questo chiediamo più investimenti e più personale, anche per liberare i clinici dai troppi adempimenti burocratici”.

Sedentarietà nel mirino

Nel 2023, in Italia, sono state stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore. “La sedentarietà disegna un gradiente sociale a svantaggio delle persone con maggiori problemi economici o bassa istruzione – ha puntualizzato Cinieri – fra le quali raggiunge il 43% rispetto al 25% dei cittadini che non vivono questa condizione. E l’obesità è pari al 17% fra gli individui con svantaggio sociale rispetto al 9% di chi non ne riferisce. Nel 2022, la prevalenza del fumo fra le persone con molte difficoltà economiche era pari al 37% ed analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 22% fra il 2008 e il 2022. Accanto alla prevenzione primaria è necessario migliorare, soprattutto nelle Istituzioni, la consapevolezza del legame fra inquinamento atmosferico e tumori”.

Aria e salute

C’è poi l’inquinamento. “L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rilasciato ripetuti aggiornamenti delle linee guida per la qualità dell’aria – ha puntualizzato Paolo Vineis, ordinario di Epidemiologia Ambientale all’Imperial College di Londra – I limiti raccomandati per il PM2.5, il particolato fine che è considerato cancerogeno per l’uomo, sono passati da 10 a 5 microgrammi per metro cubo. La Commissione Europea ha proposto una nuova Direttiva per raggiungere l’obiettivo di ‘inquinamento zero’ fissato dalla Commissione per il 2050. La norma italiana prevede attualmente un valore medio massimo annuale per il PM2.5 di 25 microgrammi per metro cubo. Nel 2023 quattro Regioni, tutte nella Pianura Padana, si sono opposte alla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, chiedendo valori limite degli inquinanti meno stringenti rispetto a quanto proposto e una deroga temporale. L’Italia, pertanto, rischia di rimanere indietro”.

L’oblio per i pazienti guariti

È tipicamente italiana la questione della burocrazia che ancora complica la vita dei pazienti guariti. Dopo l’entrata in vigore, lo scorso 2 gennaio, della legge sull’oblio oncologico, approvata con un iter straordinariamente rapido, mancano ancora delle tappe chiave.

L’orizzonte temporale stabilito per l’attuazione della legge va dai sessanta giorni ai sei mesi per l’adozione di 4 decreti ministeriali (ministeri della Salute, della Giustizia e del Lavoro e delle Politiche Sociali) e 2 deliberazioni (queste ultime rispettivamente del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio e dell’Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni). Ma dopo anni di discriminazioni, i pazienti non possono più aspettare.

È questo il senso dell’appello inviato con una lettera aperta firmata dai copresidenti dell’Intergruppo parlamentare malattie rare e onco-ematologiche – e fortemente sostenuta da Favo Ail e Uniamo – al ministro della Salute Schillaci per porre davvero fine, entro i termini previsti dalla legge alle ingiuste discriminazioni nei confronti di oltre un milione di persone guarite da cancro e di quasi quattro milioni di malati oncologici. Tempus fugit, e la pazienza è finita.

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