Carlo III e il tumore, la trasparenza fa bene alla salute

Carlo III

Honni soit qui mal y pense. Forse il celebre motto dell’Ordine della Giarrettiera (“vergogna a chi pensa male”) può aiutare a raccontare l’estrema modernità di re Carlo III che – pur di evitare pettegolezzi, illazioni e sospetti – ha fatto sapere ai sudditi (e al mondo) di avere un tumore.

Carlo III e i problemi alla prostata, cosa dicono i medici

Certo, il sovrano (e il Palazzo) non ha rivelato proprio tutto. Della neoplasia del re si sa che non è alla prostata. E che la diagnosi è arrivata in occasione dei controlli per l’intervento cui il monarca  è stato sottoposto in un ospedale di Londra (lo stesso in cui alcuni giorni prima era stata operata all’addome Kate, principessa di Galles, ma qui le informazioni sono arrivate davvero col contagocce).

Non è stato precisato né di che tipo di tumore si tratti, nè in che organo sia localizzato. Da Buckingham Palace puntualizzano solo che è considerato trattabile e che Carlo III, 75 anni, ha iniziato ieri un ciclo di “trattamenti regolari“. Il sovrano, dal canto suo, “resta totalmente positivo sul trattamento e conta di ritornare a svolgere pienamente i suoi impegni pubblici non appena possibile”, assicura il Palazzo. Però già solo il fatto di associare la parola tumore alla salute del regnante appare una scelta precisa. Una scelta che può contribuire ad accendere l’attenzione della popolazione sull’importanza della prevenzione oncologica. 

Tra privacy e interesse pubblico

Lo stato di salute del singolo è un tema delicatissimo: se il protagonista è un personaggio pubblico, la tutela della privacy si scontra con l’interesse pubblico, appunto. Ma nel caso del tumore del re d’Inghilterra c’è di più. “L’approccio di re Carlo III è molto trasparente rispetto al recente passato, una modalità – riflette Fabrizio Nicolis, consigliere Ropi (Rete Oncologica Pazienti Italia), parlando con Fortune Italia – che consente anche ai sudditi una vicinanza emotiva. Talvolta la comunicazione sanitaria può diventare un’occasione di crescita anche per le persone, che capiscono come certi argomenti debbano essere sottratti all’ansia e alla scaramanzia. Nella misura in cui parliamo più facilmente e più spesso di certi temi, riusciamo anche ad accendere i riflettori su patologie che turbano  profondamente”, ma che non possono essere ignorate.

Far finta di niente è certo un errore. Però il fatto di associare la parola tumore alla salute del regnante appare una scelta precisa. “L’insegnamento che ne traiamo – aggiunge Nicolis – è che bisognerebbe fare di tutto per prevenire queste situazioni e non scoprirle per caso, perchè facilmente così l’approccio diventa più complesso”. E allora? “Bisognerebbe trovare altre modalità, come gli screening oncologici, che vadano a intercettare patologie che oggi, se rilevate in fase iniziale, consentono un approccio molto meno pesante, anche in termini di qualità della vita e di percorso oncologico di cure”.

Una lezione per tutti

Questa vicenda, insomma, può aiutarci a richiamare l’attenzione della popolazione “sull’importanza di seguire gli screening oncologici – dice a Fortune Italia Stefania Gori, presidente Ropi ((Rete Oncologica Pazienti Italia) e Aigom (Associazione Italiana Gruppi Oncologici Multidisciplinari) – che oggi in Italia sono mirati al tumore del colon-retto, della mammella e della cervice uterina. È pur vero che la copertura arriva fino a 70 anni (per il tumore al seno in alcune regioni a 74 anni), e che la vita media supera questo limite d’età: ecco allora che i cittadini devono essere molto attenti a ogni sontomi sospetto. Una diagnosi precoce e un intervento tempestivo – ribadisce l’oncologa – possono fare la differenza per quanto riguarda l’esito”.

Quindi il messaggio è quello di non trascurarsi, di “fare attenzione a sintomi sospetti e di segnalarli al medico. Come pure di adottare stili di vita adeguati, che anche dopo i 70 anni possono permettere di avere una qualità di vita migliore in tutti i sensi”, conclude Gori.

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