Morbillo: una nuova variante in Italia, cosa significa

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Forse nei giorni scorsi avrete letto della scoperta di una nuova variante di morbillo nel nostro Paese, capace di ‘ingannare’ i test diagnostici. Lo studio – condotto dall’università di Milano insieme all’Istituto superiore di sanità e pubblicato su ‘Eurosurveillance’ – ha suscitato un certo allarme: il morbillo, infatti, può dare complicazioni fra cui polmoniti ed encefaliti: l’Oms Europa segnala 21mila ricoveri e 5 morti solo nel 2023.

Ma cosa hanno scoperto i ricercatori, e quanto deve allarmarci questa notizia? Fortune Italia lo ha chiesto al virologo Fabrizio Pregliasco, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva all’Università degli Studi di Milano.

Cinque casi nel milanese

“Partiamo dai numeri: nel primo mese dell’anno il reportdell’Istituto superiore di sanità segnala 27 casi di morbillo, di cui 26 confermati in laboratorio e 1 possibile, da sette Regioni”, ricorda Pregliasco. Ebbene sempre a gennaio, come ha segnalato Adnkronos Salute, sono stati confermati cinque casi di morbillo nella Città Metropolitana di Milano e nelle aree circostanti in Lombardia, tutti classificati come genotipo D8 e considerati sporadici, poiché non è stato trovato un chiaro legame epidemiologico tra loro.

Tre pazienti avevano viaggiato di recente in Uzbekistan, Thailandia e nel Sud Italia. In particolare – spiegano i ricercatori – i due pazienti che avevano viaggiato nel Meridione e in Thailandia, erano infetti da ceppi di morbillo caratterizzati da tre mutazioni precedentemente descritte da ricercatori svizzeri, coordinati da Francisco José Pérez-Rodríguez, in uno studio pubblicato sempre su ‘Eurosurveillance’, nel numero del 1 febbraio.

Proprio questo studio aveva attirato l’interesse dell’equipe dell’Università di Milano e del Dipartimento di malattie infettive dell’Iss, spingendoli a cercare eventuale traccia delle stesse mutazioni. E trovandole in una zona del nostro Paese densamente popolata, al confine proprio con la Svizzera.

Le mutazioni

“I colleghi di Statale e Iss hanno puntualizzato che anche il morbillo qualche mutazione ce la riserva, anche se non ai livelli di Covid-19. Variazioni antigeniche che mostrano come sia opportuno aggiornare il test”, spiega Pregliasco.

Le mutazioni rilevate, infatti, si concentrano in una particolare porzione della nucleoproteina bersaglio dei test rapidi comunemente utilizzati dai laboratori di sorveglianza. “E questo comporta una leggera perdita di sensibilità del test”, puntualizza il virologo. Obiettivo, evitare il rischio “di falsi negativi. Ma questo è un elemento positivo, che testimonia l’attenzione e il miglioramento della capacità di laboratorio contro le malattie infettive, come appunto il morbillo”, rassicura l’esperto.

Perchè non possiamo dire ‘è solo morbillo’

In generale “se prima della pandemia la situazione ci piaceva poco – ricorda il virologo – tanto che proprio l’andamento del morbillo aveva innescato la legge Lorenzin sulle vaccinazioni obbligatorie nell’infanzia, dopo lo stop imposto dalle misure anti-Covid dobbiamo dire che in Italia c’è stato un incremento notevole dei casi”.

Pregliasco segnala i rischi dell’abbassamento dell’attenzione e della riduzione della copertura vaccinale: “Il morbillo ha una contagiosità elevatissima, superata a destra solo da Covid-19. Basta abbassare l’asticella dell’immunità di gregge per aprire la strada ai casi nei giovani adulti che non si sono vaccinati. Un bacino di soggetti vulnerabili”, spiega.

Il vaccino e una vecchia bufala

Oggi in diverse parti dell’Europa, specie nei Paesi dell’Est, si registra un aumento di casi di morbillo, ricorda poi l’esperto. “In questo quadro l’Italia è messa ancora bene, ma la situazione è da tenere sotto controllo. È il momento, insomma, di ripartire bene con le vaccinazioni, senza dimenticare quanto in passato abbiamo pagato per via della bufala di Andrew Wakefield“.

La vaccinazione contro morbillo paroritite e rosolia (Mpr) ha infatti scontato per anni le conseguenze di una fake news sul presunto legame con l’autismo. Sollevata per la prima volta negli anni Novanta da uno studio inglese firmato da Wakefield, appunto, la notizia è stata poi giudicata frutto di un vero e proprio falso: ‘The Lancet’ ha ritirato l’articolo incriminato e nel 2012 Wakefield è stato definitivamente radiato dall’Ordine dei medici. Ma putroppo il falso circola ancora. “In realtà dopo questa segnalazione è partito uno sforzo di verifica e gli studi hanno confermato la sicurezza del vaccino. Ma il rumore di fondo permane”, conclude Pregliasco, convinto che sia utile “fare chiarezza sui rischi di questa malattia e sull’importanza della vaccinazione”.

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