Maledetta primavera: il clima e l’impatto sulle allergie

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È la stagione della rinascita della natura dopo il grigiore dell’inverno. Ma per qualcuno, con la primavera, inizia un incubo, destinato a durare tutta la vita: le allergie. Potrà sembrare strano ma il termine è piuttosto recente: coniato dal medico austriaco Clemens Von Pirquet nel 1906, è composto da allo, cioè ‘estraneo’, e dal greco érgon, ‘azione’. L’allergia è infatti una risposta eccessiva da parte del sistema immunitario al contatto con una sostanza esterna considerata dannosa.

In Italia si stima che ogni anno circa dieci milioni di persone si ammalino di allergie respiratorie provocate dalla presenza di pollini nell’aria. Un fenomeno in crescita, soprattutto tra i più giovani e le donne. Ma quanti sono gli adolescenti italiani allergici? “Abbiamo dei dati abbastanza solidi: la prevalenza di allergia stagionale è attorno al 25%. E si riverbera con problemi a naso, occhi e in numero minore a livello polmonare e cutaneo”, ci spiega Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Parliamo di un ragazzo su quattro. E ogni nuova primavera qualcuno dal nulla scopre di avere un’allergia.

Quanto dura l’impollinazione

Mimose, cipressi, graminacee, ambrosia, olivo. Ogni pianta ha un periodo di impollinazione specifico in relazione al clima e alla regione, pur con la variabilità dovuta ai cambiamenti climatici e alle singole località. A Roma, ad esempio, le graminacee hanno il principale picco di impollinazione tra marzo e luglio, la parietaria tra metà febbraio-marzo e ottobre-novembre, il cipresso tra fine gennaio e aprile, l’olivo tra aprile e giugno. Nelle giornate calde e ventose i bambini (e anche gli adulti, in verità) soffrono di più a causa dell’allergia, soprattutto se esposti a graminacee e altre piante che liberando i pollini causano i sintomi.

Il cambiamento climatico

Rispetto a qualche anno fa la mappa dei pollini è cambiata, c’è stata una sorta di “deriva delle allergie da pollini – afferma l’allergologo – Ci sono due fenomeni che stanno dettando questa deriva. Al Nord ha preso piede la piantumazione dell’olivo come albero ornamentale, e questo va di pari passo con la comparsa dell’allergia a questo polline, che prima era tipica del Centro e delle regioni costiere. In secondo luogo il riscaldamento climatico ha determinato l’allungamento delle stagioni polliniche e un raddoppiamento nel caso delle graminacee. Se infatti fino a qualche anno fa queste ultime impollinavano tipicamente in primavera, nel 2023 abbiamo avuto una seconda stagione di impollinazione a settembre-ottobre, per via del caldo anomalo. E tutto ciò ha riflessi sulle condizioni cliniche dei nostri pazienti”.

Insomma anche il cambiamento climatico sta influendo sugli allergici. “Forse l’allergia ai pollini è una delle patologie che più ne risente. Gli anticorpi IgE – puntualizza Fiocchi – sono lì per segnalare all’organismo se c’è qualcosa che gli dà fastidio, vedono i pollini come una minaccia e il nostro organismo si comporta come se fosse sotto attacco: ecco cosa provoca i sintomi”. In pratica, il sistema immunitario che ci difende dagli attacchi di virus e batteri finisce per identificare per errore gli allergeni come potenzialmente nocivi, reagendo in maniera eccessiva per combatterli e formando le immunoglobuline E (IgE). Così ogni volta che l’organismo entra in contatto con l’allergene ‘incriminato’, si difende producendo, alla fin fine, i sintomi che affliggono gli allergici.

Sarà una vera allergia?

Sul mercato ancora oggi sono disponibili i test più disparati per le allergie. “Dal mio osservatorio devo dire che negli ultimi anni le persone si sono fatte furbe, ma naturalmente – riflette lo specialista – ci sono ancora offerte di prodotti fantasiosi. Non ci si può fidare delle diagnostiche fatte in farmacia, perché i metodi disponibili in questi esercizi non sono appropriati e non consentono di distinguere il soggetto sensibile dal vero allergico. E non ci si può fidare di test fatti con metodiche bizzarre tipo il Vegatest, l’iridologia o simili”, puntualizza Fiocchi.

Insomma, il messaggio è chiaro: per una diagnosi accurata è necessario sottoporsi a esami validati. Tra questi, il più semplice è il prick test, un esame cutaneo che serve a identificare la causa dell’allergia: consiste nell’applicazione sulla pelle del bambino (o dell’adulto) di una goccia dell’allergene da testare, nel pungere la cute con una puntina sottile e osservare la reazione dopo 15 minuti. Se vi è reazione, compare un pomfo di diametro superiore a 3 millimetri con o senza alone di arrossamento, in questo modo l’allergologo riesce a identificare la sostanza ‘colpevole’. Raramente si deve ricorrere ad esami del sangue per confermare la diagnosi di allergia respiratoria.

La fantomatica allergia al nichel

“Forse non sarà collegato alla primavera, ma vorrei dedicare una riflessione alla cosiddetta allergia al nichel: moltissime persone pensano di esserne affette – dice Fiocchi – ma in realtà dal punto di vista scientifico non esiste l’allergia alimentare al nichel. Ci sono persone allergiche al nichel sulla pelle, che non tollerano orecchini o altri monili, ma non è provato che queste stesse persone non possano mangiare ortaggi contenenti questa sostanza, o cibi in scatola. Ahimè, devo dire che dal punto di vista diagnostico non vi sono riscontri e all’estero questo è ormai assodato”.

Le terapie

Sul fronte delle allergie ai pollini la novità degli ultimi anni sono le terapie di desensibilizzazione, “i cosiddetti vaccini. Oggi non sono più semplici estratti, ma farmaci veri e propri. Quindi non arrivano più a casa perché l’allergologo l’ha richiesto al laboratorio competente, ma sono venduti in farmacia. Questo passaggio è avvenuto su indicazione dell’Unione europea, in particolare dell’Ema (Agenzia europea dei medicinali), ma ha luci ed ombre. Se infatti da una parte aggiunge scientificità al trattamento anti-allergico, dall’altra aggrava i costi di produzione di questi farmaci, così che molti pazienti restano orfani di vaccino perché magari hanno un’allergia non frequente e dunque non c’è interesse a produrre il desensibilizzante”. “Per la gran parte dei pollini restano ancora valide le terapie iposensibilizzanti che devono essere personalizzate”, sottolinea Fiocchi.

Occhio allo stress

L’ansia e lo stress giocano un ruolo nelle allergie. “Nel caso dei bambini, incrementano la percezione dei sintomi: un bambino stressato o ansioso si lamenterà più di uno tranquillo a parità di sintomi. Inoltre se una mamma è stressata genererà più facilmente un bambino con allergie. Questo, si è visto, è uno dei fattori dell’aumento delle allergie nel mondo moderno”.

Gli errori più comuni “È sbagliato pensare che i bambini al di sotto di una certa età non possano fare i test allergici: non esiste un’età limite, se il bambino di un anno e mezzo si strofina il nasino sottoponetelo pure al test allergico”, dice Fiocchi. Che invece sconsiglia di “esagerare con i lavaggi nasali: possono liberare in naso dalle secrezioni, ma anche aumentare l’infiammazione nasale e quindi l’insistenza su questo rimedio non solo non è provato che possa avere efficacia contro le allergie, ma soprattutto può dare fastidi”.

Poi c’è il discorso dei vaccini “fatti sulla base di pochi test a persone che hanno pochi sintomi: in quel caso è come sparare alle mosche col cannone”. Ma l’errore opposto è anche più frequente. “Non si parte con una strategia di desensibilizzazione dopo una stagione di sofferenza, sperando che il futuro porti benefici. Ma se una persona è allergica, fino a quando l’immunità non decade continuerà a esserlo. Ecco perché non dobbiamo limitarci a una tattica sul breve tempo, ma a una strategia che ci consenta di vincere la guerra”, insiste l’allergologo. Perché, ahimè, e questa è la cattiva notizia, “le allergie ai pollini non guariscono praticamente mai. Le uniche che possono guarire spontaneamente sono le allergie alle proteine del latte, dell’uovo o del grano nei bambini piccoli”.

Occhio ai segnali

I segni e sintomi che possono far sospettare un’allergia ai pollini sono diversi. Vediamoli organo per organo

  • OCCHI: prurito, arrossamento, lacrimazione e nei casi più gravi fotofobia, fastidio a vedere la luce. Ma anche occhiaie.
  • NASO: ostruzione, starnuti, moccio, sangue dal naso (specialmente nei bambini e negli adolescenti). Infine il ‘saluto allergico’: consiste nel toccarsi in modo compulsivo il naso con le manine da su a giù o da destra a sinistra, per alleviare il prurito.
  • BOCCA: alitosi, “un sintomo spesso negletto, spia di allergia”.
  • TESTA: mal di testa (più spesso negli adulti).
  • BRONCHI: dispnea, affanno, tosse, fischio nel torace (spesso quando il bambino corre, ride, si addormenta o si sveglia).
  • TORACE: dolore toracico da sforzo che compare quando si fa attività fisica: viene chiamato mal di milza ma in realtà c’è un crampo del diaframma.
  • PELLE: dermatiti irritative di tipo orticarioide o eczematose.

 

Alessandro Fiocchi è il Responsabile di Allergologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

 

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