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Se ospedale e territorio non si parlano: in fumo 6 mld di euro

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L’ospedale, troppo spesso, diventa l’unica soluzione possibile per gli italiani con problemi di salute. Ma se specialisti ospedalieri e medici di famiglia si consultano quando un paziente è ricoverato in appena il 15% dei casi (mentre in otto su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si sappia nulla dei loro trascorsi), in media tre ricoveri su 10 si sarebbero potuti evitare. In soldoni, questo vuol dire 2 milioni e 250 mila ricoveri evitabili l’anno, pari a uno spreco di circa 6 miliardi di euro (calcolando che il costo medio di un ricovero è di circa 3mila euro).

A dircelo è la survey Fadoi, Federazione dei medici internisti ospedalieri, su un campione rappresentativo di tutte le Regioni. Ospedale e territorio sono, insomma, due rette parallele, e solo per il 7,6% dei medici questi problemi potranno essere risolti dalle case di comunità, fulcro della riforma sanitaria territoriale finanziata complessivamente con oltre 7 miliardi del Pnrr.

Una frattura che lascia il segno

“L’indagine condotta in questi giorni da Fadoi dimostra numeri alla mano quello che come internisti ospedalieri abbiamo sempre denunciato, ossia lo scollamento pressoché totale tra ospedale e territorio. Anacronistico in un Paese che invecchiando vede aumentare il numero di pazienti cronici con poli-patologie che richiedono una presa in carico globale, che ricomprenda sia la fase che precede il ricovero sia quella seguente”, afferma il presidente della Federazione, Francesco Dentali. “Purtroppo, come segnalano a larga maggioranza i nostri medici, questa frattura non sarà ricucita dalla riforma della sanità territoriale finanziata con i soldi del Pnrr, che ha disegnato le mura delle nuove strutture, senza definire chi ci lavora e come si rapportino con l’ospedale”.

I ricoveri sociali

Partendo dai ricoveri “sociali”, questi rappresentano il 20% del totale nel 31,7% delle strutture interpellate mentre la quota supera il 30% nel 15,4% degli ospedali e il 40% nel 4,7% degli stessi, per una media di un ricovero su 5.
Nel 34,1% delle strutture si sarebbero invece potuti evitare un buon 30% dei ricoveri con una migliore presa in carico dei pazienti nel territorio.

La soluzione? Per il 32,6% dei medici servirebbe un maggior rapporto tra ospedale e territorio, per un altro 32,4% una maggiore offerta di assistenza domiciliare integrata, per il 21% basterebbero le nuove case e ospedali di comunità e per il 13,9% sarebbe necessaria una apertura più continuativa degli studi dei medici di famiglia.

Tecnologia? Sì ma…

Appena il 20% dei medici del territorio aggiorna il fascicolo sanitario elettronico. 
Uno strumento in teoria prezioso, che resta in garage. Se questo è il presente, il futuro non è tinto di rosa, almeno stando ai medici di medicina interna.

Cosa fare?

“Servono regole chiare e stabilite a livello nazionale che leghino tutta la filiera del Servizio sanitario nazionale. Oggi invece -afferma Dario Manfellotto, presidente della Fondazione Fadoi – i percorsi di cura sono frammentati e spesso si formano dei colli di bottiglia che intasano le strutture. Per questo servirà agevolare il percorso casa-territorio-ospedale-post acuzie-riabilitazione-casa, con regole d’ingaggio strette e rigorose. La regìa non la può fare in modo burocratico una ‘Centrale operativa territoriale’ ma una équipe di professionisti competenti. E poi un ospedale di comunità a ‘quasi totale gestione infermieristica’ non può funzionare, per cui si rende necessaria un via nuova, che coinvolga gli specialisti dell’ospedale in collaborazione con i medici del territorio, con percorsi assistenziali ben definiti” .

Per il 42,1% degli internisti ospedalieri occorre prima di tutto un provvedimento, ancora mancante, che fornisca indicazioni precise su quali professionisti del territorio e con quale modalità debbano lavorare nelle nuove strutture, mentre per il 27,9% occorrono regole che disegnino il rapporto tra queste strutture e l’ospedale. Per un altro 20,5%, poi, servono piattaforme informatiche comuni tra ospedale e strutture del territorio, perché anche qualora i medici aggiornassero il fascicolo sanitario elettronico, in molti casi i sistemi informatici delle varie strutture sanitarie, anche di una stessa regione, non comunicano tra loro. Solo per il 9,5% dei medici intervistati servirebbero invece finanziamenti specifici per il personale delle strutture territoriali. Insomma, occorre ricucire lo strappo per evitare troppi ricoveri inutili e mettere un freno agli sprechi.

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