Potremo chiamarlo il fascino dello ‘sballo’ che cura. Dopo un lungo silenzio, negli ultimi anni gli psichedelici sono tornati sotto i riflettori per il loro potenziale terapeutico contro le malattie mentali. Ma, ancora una volta, il mondo della scienza è diviso tra chi ‘frena’ e chi invece è disposto a scomettere su funghetti magici & Co. Se ne discute al congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria, che celebra i suoi 150 anni di storia al Palazzo della Gran Guardia di Verona.
Sotto i riflettori sostanze come Psilocibina (funghetti magici), Mescalina (Peyote Cactus), DMT, LSD, Ecstasy e Ketamina. A riaccendere l’attenzione dei media sugli psichedelici nei mesi scorsi era stato Elon Musk: secondo il Wall Street Journal il patron di Tesla assumerebbe queste sostanze da anni. Ma la storia degli psichedelici è molto più antica.
Nel 1966 lo psicologo di Harvard Timothy Leary, che ne stava esplorando l’impatto sulla mente, incoraggiò gli americani a “sintonizzarsi, accendersi e spegnersi”. Queste molecole sono state protagoniste di studi che hanno fatto saltare più di uno specialista sulla sedia. “Bandite negli anni ’70-’80 perché ritenute dotate di un alto potenziale di abuso e prive di un apprezzabile valore medico, col nuovo millennio sono tornate al centro dell’interesse scientifico rimanendo tuttavia in bilico tra chi cautamente frena e prende le distanze dagli errori del passato e chi invece, con toni entusiastici, si spinge in avanti intravedendo un enorme potenziale terapeutico”, sintetizza Liliana Dell’Osso, presidente Sip.
Rinascimento psichedelico
Insomma, in barba agli scetticismi questo filone di ricerca non si è mai chiuso. E “dopo un viaggio molto lungo e strano, gli psichedelici potrebbero infine fare ritorno per rimanere”, afferma Rick Doblin, fondatore e presidente del Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS), autore della prefazione dell”Essential Guide to Psychedelic Renaissance’ di Anton Gomez-Escolar.
Parliamo di un settore che muove denaro: secondo le stime il mercato degli psichedelici, che comprende le aziende impegnate nella ricerca e nelle sperimentazioni per legalizzarne l’uso, dovrebbe raddoppiare rispetto ai valori del 2022 raggiungendo quota 11,8 miliardi di dollari entro il 2029.
Sia come sia, grazie alla mole di studi sperimentali promossi da centri come John Hopkins University, New York University, Ucla, University of New Mexico, Imperial College of London, Psychiatric University Hospital of Zurich e Hospital Sau Pau of Barcelona, si sta facendo strada un’apertura a livello regolatorio rispetto all’impiego di sostanze guardate a lungo con scetticismo per aiutare a ritrovare la salute mentale.
Un po’ di storia
Se il fascino della psichiatra per gli psichedelici a radici antiche, il cambio di passo può essere sintetizzato da alcune date:
nel 2017 e nel 2019 la Food and Drug Administration americana identifica l’MDMA come possibile terapia sperimentale per la sindrome da stress post-traumetico e la Psilocibina per la depressione resistente.
Ma la vera accelerazione risale a giugno 2023: sempre la Fda pubblica una Guida per l’industria del farmaco dal titolo ‘Psychedelics Drugs Considerations for Clinical Investigations’. A luglio l’ente regolatore australiano autorizza MDMA e psilocibinana per usi medici; a settembre una sezione sugli psichedelici è inclusa nelle Linee Guida Ema (Agenzia europea dei medicinali) per la depressione resistente. Mentre a gennaio 2024 arriva il primo Grant Ue per una ricerca clinica su Terapia assistita con psichedelici.
Cosa sappiamo
Come afferma Emi Bondi, presidente uscente Sio, “sugli psichedelici classici sono presenti numerosi studi in letteratura. In particolare per la psilocibina, molecola che risulterebbe efficace nella depressione resistente. Una condizione che coinvolge circa il 30% di tutti coloro che soffrono di depressione maggiore. Con un rapido calcolo, sapendo che la prevalenza di questa malattia si aggira intorno al 6% della popolazione, potremmo riferirci al 2% della popolazione generale che potrebbe beneficiare di questo tipo di trattamento”.
Giancarlo Cerveri, primario di psichiatria a Lodi, puntualizza: “L’effetto è immediato e va supportato da un intervento di tipo psicologico e la somministrazione va effettuata in un ambiente sanitario. I benefici persistono per mesi, la psilocibina non appare a rischio di dipendenza. I meccanismi con cui agisce sono del tutto diversi rispetto ai tradizionali antidepressivi. Quanto agli psichedelici atipici, la Ketamina è stata ampiamente utilizzata per la depressione resistente e un suo derivato (Esketamina) è già utilizzata anche in Italia per questa tipologia di disturbo. Infine, esiste una condizione clinica di complesso trattamento: il disturbo post-traumatico da stress, in cui i pazienti permangono legati ad una sintomatologia fortemente connessa all’evento traumatico. L’utilizzo di un empatogeno come MDMA”, meglio noto come ecstasy “associato a psicoterapia, sembra produrre risultati molto promettenti. In Australia è già comunicato il trattamento di alcuni pazienti con questa molecola”, aggiunge lo psichiatra.