Farmaci, trasparenza sempre e comunque?

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Il caso degli accordi di confidenzialità nella vendita dei farmaci apre una serie di interrogativi che riguardano anche, se non soprattutto, l’accesso tempestivo alle cure innovative e la tutela dei pazienti.

La trasparenza è un valore, sempre. Aprire i mercati, liberalizzarli, affidarli alla piena concorrenza è una strada corretta in ogni circostanza. O quasi. C’è un dossier aperto, su cui si sta consumando un confronto acceso, che apre una serie di interrogativi. Una risoluzione dell’Organizzazione mondiale della sanità, ‘Improving the transparency of markets for medicines, vaccines and other products’ (maggio 2019), che non impone ma indica una direzione, è stata promossa tra gli altri Paesi dall’Italia, su impulso dell’ex ministro della salute Giulia Grillo. La Risoluzione, spiega l’Oms, “esorta gli Stati membri a migliorare la condivisione pubblica delle informazioni sui prezzi effettivi pagati dai governi e da altri acquirenti per i prodotti sanitari”. L’obiettivo “è aiutare gli Stati membri a prendere decisioni più consapevoli nell’acquisto di prodotti sanitari, negoziare prezzi più accessibili e infine ampliare l’accesso ai prodotti sanitari per le popolazioni”.

La tesi che la ispira è che il non rispetto degli accordi di confidenzialità arrecherebbe benefici ai pazienti assicurando, allo stesso tempo, la sostenibilità del sistema sanitario nazionale. Per dirla con le parole dell’ex ministro Grillo: “la trasparenza mira a proteggere il diritto dei cittadini e a promuovere la partecipazione e un maggior controllo sulle attività delle istituzioni e sull’uso delle risorse pubbliche”.

Il passo successivo l’ha compiuto l’Agenzia Italiana del Farmaco, che ha cambiato le cosiddette clausole di confidenzialità utilizzate nelle procedure di negoziazione del prezzo dei medicinali, vanificandone l’effettiva riservatezza. Apparentemente, tutto condivisibile. Il problema nasce andando ad analizzare più a fondo le conseguenze di questa decisione.

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