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Ucb pharma esplora nuove frontiere. Boom di assunzioni

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Una realtà pronta a esplodere. Parlando con il nuovo amministratore delegato di Ucb Pharma, Federico Chinni, questa è la percezione che si ha dell’azienda biofarmaceutica dal cuore belga che sta allargando il proprio business in Italia. La multinazionale, oltre a farsi sempre più spazio nel mondo dell’immunologia, e della neurologia – le sue aree chiave – è pronta a esplorare nuove frontiere, come “l’osteoporosi, le fratture da fragilità e le malattie rare”, spiega Chinni. Classe ‘71, formazione giuridica e una carriera ventennale nel mondo farmaceutico, sarà proprio lui a guidare in Italia questa fase di ‘accelerazione ed espansione’ – come la definisce Ucb – che vedrà, a livello globale, il lancio di sei nuove molecole in 6 anni. E “una crescita del personale in Italia del 30% nei prossimi mesi”, sottolinea il leader dell’affiliata con sede a Milano.

 

La multinazionale vive un periodo fiorente che dura da almeno 5 anni: “L’andamento del titolo azionario dell’azienda è in costante crescita dal 2014, i valori delle azioni registrati fin qui nel 2020 sono i più alti della storia di Ucb”, afferma l’Ad. E l’Italia, in questa partita non gioca un ruolo di secondo piano: con un fatturato netto pari a 150,3 mln di euro nel 2019, tra le affiliate “è una delle big 5 in Europa per quanto riguarda la performance”, sottolinea Chinni, ricordando che i ricavi totali della global lo scorso anno hanno sfiorato i 5 mld (4,9). Di questi, “circa il 25% viene reinvestito in ricerca”. E anche se i laboratori sono collocati oltreconfine (due in Belgio e nel Regno Unito, oltre a 2 centri partner negli Stati Uniti), “il 30% degli studi condotti da Ucb – dunque più di 30 – si appoggia su oltre 90 centri italiani”, sottolinea.

 

In Italia si concentra, dunque, un polo commerciale, in cui ‘agilità’ è la parola chiave che descrive l’approccio al lavoro. “Agisci con il rigore di una multinazionale, pensa e muoviti come una startup”, afferma Chinni decantando il mantra che guida la crescita dell’impresa in questa sua fase. “Tutte le pagine delle nostre vite professionali ci hanno permesso di imparare delle cose. L’approccio imprenditoriale è sicuramente una parte del bagaglio che mi porto dietro, e che credo sia giusto abbiano tutti i dipendenti”. Nelle grandi aziende, “c’è la tendenza a lavorare per compartimenti stagni. Per noi invece è fondamentale che le nostre persone abbiano uno stile imprenditoriale, dove tutti sanno fare tutto. Proprio per questo il nostro modello organizzativo prevede una marcata trasversalità e processi decisionali semplici e veloci”.

 

Nel modello Ucb trova piena concretizzazione anche la parità di genere, dove un dipendente su 2 (47%) è donna, e le politiche di welfare aziendale contribuiscono a creare “le condizioni necessarie per prepararci al meglio ai lanci dei prossimi anni”, spiega Chinni. Dallo smartworking 5 giorni al mese “già dal 2014, siamo stati tra i pionieri”, a un portale di servizi, “come il rimborso integrale delle spese per il trasporto pubblico urbano, a sostegno anche della mobilità sostenibile”, l’approccio green si allarga anche al parco auto “con un’ormai avviata transizione verso l’ibrido e l’elettrico”, e un’attenzione al plastic-free. L’obiettivo, ora, è diventare “l’azienda biofarmaceutica preferita dai pazienti”, afferma Chinni raccontando delle collaborazioni strategiche sia istituzionali, che con le associazioni pazienti: “Tra i vari progetti, volti a supportare scambi tra diversi attori del sistema salute, ci piace pensare di poter aiutare le persone con esperienze di malattia a sedere al tavolo dove vengono prese le decisioni che riguardano la loro salute”, afferma. Mentre a livello global le partnership sono principalmente finalizzate a promuovere la ricerca in favore di quell’innovazione che costituisce il secondo punto cardine che porta avanti il lavoro della multinazionale, come recentemente ribadito anche dal Ceo di Ucb Jean-Christophe Tellier, neo eletto presidente dell’Efpia.

 

Cosa aspettarsi, dunque, da questo 2020? “Oltre a preparare i numerosi lanci in programma, e all’assunzione almeno di una trentina di persone, in Italia è prevista una crescita complessiva delle vendite in linea con il trend degli ultimi anni”, afferma Chinni. Mentre guardando a un futuro un po’ più lontano, “ci stiamo preparando all’ingresso nell’area dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità e, inoltre, nell’ambito della dermatologia abbiamo un prodotto che sta dando negli studi clinici risultati molto interessanti e che potrebbe davvero cambiare profondamente il profilo di fatturato dell’azienda”.

 

Ma guardando l’industria della salute nel complesso, ci sono politiche virtuose che potrebbero contribuire a farla crescere? Per Chinni, la cui marcata esperienza in materia di policy sanitaria è figlia anche di due anni trascorsi all’estero a destreggiarsi tra 19 sistemi sanitari (“ho capito che alla fine i sistemi, per quanto vari, presentano numerosissime similitudini”, afferma), la certezza delle regole rimane un fattore cruciale. “In una multinazionale è la premessa per garantire che gli investimenti arrivino nei Paesi – afferma Chinni – Se dovessi fare un appello al Ministro della Salute, lo inviterai a considerare la filiera con tutti i suoi attori come il miglior investimento possibile, un volano per l’economia e anche un’occasione di rilancio strategico per tutto il Paese”.

 

Articolo di Attilia Burke pubblicato sul numero di Fortune Italia di marzo.

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