Con il digitale, 45mila posti di lavoro in più nella sanità

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Il settore sanitario che nell’ultimo periodo è stato messo duramente alla prova dall’emergenza Coronavirus deve necessariamente intraprendere la strada dell’innovazione: con una spinta su tecnologie e digitale si potrebbero creare circa 45mila posti di lavoro, con una crescita del Pil del settore pari al 16%. Sono queste le previsioni che Boston Consulting Group ha fatto in seguito a una analisi del settore svolta prendendo in considerazione tre fattori distinti: la riforma del modello di Sanità, le politiche di industriali e di innovazione nelle Life Science e le strategie di creazione di valore per le aziende italiane.

 

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano è considerato fra i migliori al mondo quanto a universalismo delle cure, esiti di salute e costo/efficacia (8.9% Pil contro 9.7% in UK e 17.2% in USA) pur essendo tuttavia sottoposto a crescenti pressioni che ne minacciano la sostenibilità nel lungo periodo e mettono in discussione il concetto di “universalismo”. Tra gli esempi citati, quello della spesa pro-capite, che nel nostro Paese si attesta su 3.000 euro, circa 1.700 euro in meno rispetto a Francia e Germania. Il finanziamento è per la maggior parte pubblico (75%), mentre l’erogazione è mista (53% di strutture pubbliche). L’iniquità distributiva costringe i cittadini a muoversi, con implicazioni economiche che si aggirano sui 5 mld di euro l’anno.

 

BCG suggerisce, per una positiva evoluzione del Sistema Sanitario, quattro famiglie di azioni principali: innanzitutto avvicinare i servizi ai pazienti, assecondando la naturale transizione alla prossimità e ripristinando il ruolo della medicina territoriale (la sospensione dell’attività elettiva e la riduzione delle attività di prevenzione, pari a circa 4-6 mld di euro per ogni mese di chiusura, si sono riflesse in un aumento sostanziale delle liste di attesa, con conseguenze importanti date dal ritardo diagnostico). Poi, porre l’attenzione sul valore e sull’equità distributiva, a partire dal miglioramento sistematico degli esiti di salute e dal ripristino dell’omogeneità di accesso ai servizi in tutte le geografie. Terzo, fare leva sulle capacità e sulla disponibilità di investimento del settore privato, portandolo ad avere un reale ruolo integrativo e non duplicativo. Infine, promuovere la digitalizzazione dei processi clinici e organizzativi, come fattore abilitante. BCG ritiene che se le regioni con performance sanitarie peggiori raggiungessero anche solo il valore medio italiano potrebbero essere salvate ogni anno non meno di 25mila persone, con una riduzione di quasi il 5% del totale dei decessi.

 

Dal punto di vista della politica di innovazione, il mondo del Life Science in Italia rappresenta un settore rilevante (più di 30 mld di euro di fatturato, primo produttore di farmaci in Europa, con una crescita positiva in controtendenza rispetto al Pil) che focalizza risorse importanti nella ricerca e sviluppo (circa 2,3 mld di euro d’investimento l’anno).
Sul fronte delle competenze persiste un ritardo nella formazione di capitale umano. Il talent pool sembra in linea con gli altri paesi OECD per quanto riguarda gli studi ingegneristici (14,8%, in linea con la media europea) mentre risulta più indietro per quello delle scienze (7% contro una media europea di 13%). Mancano inoltre strutture dedicate all’attrazione dei talenti sui canali più frequentati dai giovani, a cominciare da web e app. Ugualmente è essenziale che vi sia un allineamento agli standard internazionali in materia di meccanismi incentivanti, così da permettere di competere alla pari nell’attrazione di talento dall’estero. Secondo BCG è necessario definire un migliore focus strategico delle iniziative, una forte governance a supporto delle azioni messe in campo, rafforzando il supporto delle Istituzioni e il sistema di fondi. Interventi di questo tipo potrebbero condurre alla creazione – nel settore Life Science – di un polo di innovazione leader e consentire una crescita costante per i prossimi 10 anni del 10-15% all’anno del numero di brevetti e pubblicazioni, con la creazione di circa 20.000 posti di lavoro, ed un impatto di 3 miliardi sul turnaround del settore farmaceutico.

 

Perché le aziende italiane possano implementare la propria capacità di creazione di valore, BCG ritiene fondamentale affrontare due sfide principali, quella della scala e quella dell’innovazione. I player italiani devono competere in un mercato globale, partendo da una situazione di svantaggio dimensionale. Oggi il fatturato complessivo delle prime tre aziende farmaceutiche italiane arriva a 7 miliardi di euro. Lo stesso valore, in Francia o in Germania, è intorno ai 40 miliardi di euro. Per innovare è necessario investire in ricerca ma, nel farmaceutico, gli investimenti in R&S ad oggi in Italia si fermano al 5% del valore totale della produzione, mentre in Francia e Germania questo valore si attesta rispettivamente intorno al 9% e al 12% del fatturato.

 

Per uscire dallo stallo, secondo l’azienda di consulenza strategica, le aziende italiane dovrebbero perseguire tre azioni: innanzitutto scegliere dei campi in cui il gap dimensionale non rappresenti una barriera al successo, come ad esempio l’ambito delle malattie rare. Nella sola area metabolica esistono oltre 100 orphan drug, mentre se ne contano quasi 50 nell’area delle retinopatie ereditarie. Il costo di acquisizione è ragionevole possa rientrare in un range tra i 250 e i 600 milioni per asset. Secondariamente, perseguire l’internazionalizzazione come mezzo per crescere rapidamente e raggiungere una scala maggiore. Negli Stati Uniti il prezzo dei farmaci resta circa in media di quattro volte superiore a quello dei paesi europei e i paesi in via di sviluppo. Infine, fare leva sulle discontinuità portata dal covid-19 per adottare modelli commerciali innovativi puntando sul digitale. L’emergenza ha acuito il drastico calo delle visite face to face (con la percentuale dei medici che ancora adottano questa modalità di interazione passata dal 69% al 29%), a fronte dell’aumento delle conversazioni via email (dal 25% al 39% dei medici), delle telefonate (+ 9 ppt, da 19 a 28%), dei webinar (da 15 a 30%) e di tutti gli altri strumenti di interazione da remoto.

 

Giocare bene questa partita significa sbloccare la crescita, anche dimensionale, delle aziende italiane. Se assumiamo che tutte le top 10 PharmaCos italiane nei prossimi dieci anni riescano a incrementare il proprio fatturato annuale ad un tasso analogo a quello delle Top Performer (8-9%), i ricavi target complessivi potrebbero salire da circa 18 miliardi a quasi 30 miliardi di euro. A ciò farebbe seguito la creazione di circa 25mila posti di lavoro, ipotizzando il mantenimento di un rapporto dipendenti / fatturato simile a quello attuale.

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