Draghi mette i paletti, comandano i dati

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“Sono nelle vostre mani, fatemi le domande”. La premessa del premier Mario Draghi apre una conferenza stampa, sull’esito del Consiglio Ue, sui vaccini e la riapertura delle scuole, che serve a evidenziare alcune scelte ferme del governo. Una serie di paletti e una linea precisa: nella gestione dell’emergenza Covid comandano i dati.

Riapre la scuola fino alla prima media, perché è una precisa indicazione strategica e perché la scuola, in quanto tale, non è fonte di contagio. A patto, però, che restino le altre restrizioni. Su questo fronte, arriva una risposta netta alle critiche aperturiste mosse dal leader della Lega Matteo Salvini. “Se riaprire o no dipenderà dai dati“, puntualizza il premier. “Le misure hanno dimostrato nel corso di un anno e mezzo di non essere campate per aria. È desiderabile riaprire, la decisione se farlo o meno dipende dai dati. Faremo un decreto ora ma sulla base dei dati disponibili oggi: vedremo come vanno, non escludo cambiamenti in corso. Valuteremo la situazione settimana dopo settimana”.

La priorità, ora, è la scuola per i più piccoli. “La situazione rimane molto preoccupante. Avevamo deciso che se ci fosse stato uno spazio, lo avremmo utilizzato per la scuola fino alla prima media. Aprire ulteriormente aumenterà il numero e le forme di contagio”, è la premessa. E anche il ricorso ai test rapidi, laddove sarà necessario, va contestualizzato. “In alcuni casi sarà possibile fare dei test anti-Covid, ma parlare di azione globale mi sembra eccessivo. Il ministro dell’Istruzione Bianchi sta lavorando affinché la riapertura avvenga in maniera ordinata. Aprire ulteriormente aumenta le forme di contagio. La scuola fino alla prima media non è fonte di contagio, o lo è in misura limitata”, dice Draghi. A rafforzare il concetto che l’apertura della scuola è una scelta del governo, ci sono le parole rivolte ai governatori. “Le loro scelte dovranno essere riconsiderate alla luce dell’affermazione dell’esecutivo che la scuola in presenza è obiettivo primario della politica del governo”. Come dire, adeguatevi.

Nessuno sconto anche sugli operatori sanitari che rifiutano il vaccino. “Il governo intende intervenire: non va bene che operatori sanitari non vaccinati siano a contatto con malati. Quindi immagino che arriverà un decreto. La ministra Cartabia sta prendendo un provvedimento a riguardo”.

Sul capitolo vaccini, il premier non si limita a ribadire quanto emerso già ieri. Va oltre, per spiegare quali devono essere gli elementi di novità nella gestione dei rapporti con le case farmaceutiche. “L’enfasi è tutta sul blocco ma non ne usciamo con i blocchi ma con la produzione dei vaccini, è l’unica cosa che ci farà uscire dalla pandemia e ci ridarà fiducia nel tornare a viaggiare, a costruire relazioni”, dice con estrema chiarezza. Non ci saranno quindi grandi novità nel modello di distribuzione dei vaccini. “Noi e la Germania abbiamo deciso di no”. Il blocco, argomenta, “va attuato soprattutto verso società che non rispettano i patti“. Il blocco totale di esportazione dei vaccini verso il Regno Unito “interromperebbe la produzione del vaccino, oltre a innescare una tensione politica. Non ci dobbiamo assolutamente arrivare e non ci arriveremo”.

Altrettanto netta la posizione sul vaccino russo Sputnik. Draghi osserva che “non si prevede che l’Ema si pronunci” prima di tre o quattro mesi. Non solo. “Starei attento a fare contratti” su Sputnik perché “da un’indagine fatta dalla commissione parlando col fondo d’investimento russo, possono produrre massimo 55 milioni di dosi, di cui il 40% in Russia e il resto all’estero”. Quindi, meglio puntare sui vaccini che ci sono.

 

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