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Attenzione, cosa succede se è alterata nei bimbi di 8 mesi

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Avete presenti le giostrine da culla con le api o gli uccellini che ‘rapiscono’ i bimbi (e spesso – ma non sempre – li aiutano ad addormentarsi)? Forse faremmo bene a osservare meglio la reazione dei nostri piccoli. Intercettare precocemente segnali ‘spia’ di un’alterazione dell’attenzione, permetterebbe infatti di sospettare una disfunzione della comunicazione e delle capacità sociali del bambino. E questo già a 8 mesi di vita.

Ad accendere i riflettori su questo particolare momento dello sviluppo dei bimbo sono i ricercatori italiani delle Università di Padova, Milano, Lecco, Bergamo e Trento, autori di uno studio pubblicato sul numero speciale di ‘Cerebral Cortex’, dedicato alle basi biologiche dell’autismo.

Nel mirino del team c’è il cosiddetto ‘cervello sociale’, la cui alterazione potrebbe essere appunto alla base dell’autismo. I disturbi dello spettro autistico accomunano circa  500.000 famiglie italiane, costrette a fare i conti con patologie che si manifestano precocemente, di solito tra i 14 e i 28 mesi.

Il ‘disancoraggio’

Secondo i ricercatori una precoce alterazione dell’attenzione, quel meccanismo neurale che guida le nostre azioni e la nostra percezione, potrebbe essere una chiave per individuare il disturbo dello spettro autistico. Ma cosa dobbiamo guardare? Il team sottolinea l’importanza della capacità di distogliere la nostra attenzione (il “disancoraggio”): proprio questo infatti ci permette di studiare l’ambiente che ci circonda e di interagire con gli altri. Distogliere troppo lentamente l’attenzione da un evento può essere alla base di un disturbo sviluppo delle capacità sociali. Un’alterazione rilevabile già a 8 mesi. 

Come spiega Luca Ronconi della Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e primo autore della ricerca, il team ha preso in esame un ampio campione di bambini a sviluppo tipico di soli 8 mesi e valutato se, in alcuni, fosse presente un rallentamento nel meccanismo di disancoraggio dell’attenzione. “Lo scopo di enucleare questa ‘spia’ nei bimbi in giovanissima età era quello di predire il loro successivo sviluppo comunicativo e sociale a distanza di più di un anno”, aggiunge Ronconi.

attenzione

Il legame con i genitori

Non solo. “Ci siamo chiesti – dice Simone Gori del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo – se in qualche modo anche nei genitori di questi bambini fossero presenti indici comportamentali che riflettessero delle difficoltà nel modulare l’attenzione in contesti sociali e comunicativi, come ad esempio nell’iniziare una conversazione o un’ipersensibilità per i dettagli e un estremo interesse per un argomento specifico: comportamenti che si possono riscontrare in forme più gravi nell’autismo ma che, in forme lievi, non incidono in modo così significativo nelle autonomie o nel benessere personale”.

Come sottolinea Andrea Facoetti del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, responsabile della ricerca, “anche in bambini a sviluppo tipico, esiste una forte relazione tra una lieve disfunzione del meccanismo automatico di disancoraggio dell’attenzione e il loro futuro sviluppo socio-comunicativo, confermato anche dai tratti comportamentali dei loro genitori”.

Le prospettive

Non si tratta solo di intercettare il prima possibile i soggetti a rischio. Mediante specifici programmi di abilitazione dell’attenzione si potrebbe infatti “sviluppare una precoce campagna di prevenzione di tali disturbi, la cui incidenza purtroppo sembra ad oggi in continuo aumento, oltre a poter individuare già a 8 mesi i bambini a rischio di un disturbo dell’interazione sociale e della comunicazione che, nelle forme più gravi, potrebbe anche sfociare nell’autismo”, conclude Facoetti.

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