Covid, +30% dipendenze fra alcol, gioco e cocaina

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Alcol, gioco compulsivo e cocaina. Dopo oltre un anno di pandemia di Covid-19 stanno emergendo le conseguenze sulla salute mentale di quanto abbiamo vissuto in questi mesi, dal primo lockdown alle alle nuove chiusure. “Nel campo delle dipendenze c’è stato un aumento impressionante con la pandemia: la stima è intorno al 30%. E questo è testimoniato sia dai servizi pubblici delle Asl che dalle strutture private”. A segnalarlo è Fabrizio Fanella, psicologo e psicoterapeuta, direttore del Centro ‘La Promessa’ di Roma (per info: [email protected]; www.lapromessa.org).

“In particolare, è aumentato l’abuso di alcol, specie fra persone che non avevano mai esagerato con gli alcolici. L’abuso, poi, con il passare dei mesi è diventato dipendenza. E a finire intrappolate sono state persone dai 40 ai 60 anni, molte donne“, aggiunge Fanella.

“Ma c’è stato anche un aumento del gioco d’azzardo online, questa volta con un picco fra gli adolescenti. Dobbiamo pensare che per mesi i ragazzi non sono usciti di casa, non si sono visti fra loro e socializzare. Così si sono chiusi nelle loro camere, al computer, per giocate di gruppo. Sono nate delle chat per giocare insieme”. E molti hanno sviluppato una dipendenza. Un fenomeno allarmante, seminascosto ma “che non va sottovalutato”.

Infine “c’è la cocaina, che ha un ampio raggio: dai ragazzi ai sessantenni. Questa dipendenza c’è sempre stata, ma in questa fase i problemi non sono affatto diminuiti, non si vede una diminuzione”. Infine ci sono le dipendenze da farmaci: “E’ aumentato il consumo di tranquillanti e antidepressivi”, testimonia l’esperto. “Ci sono state numerose segnalazioni al governo degli Ordini professionali dei medici e degli psicologi, che non vanno sottovalutate”.

Fingere di non vedere o sottovalutare il problema è molto rischioso. “E’ fondamentale chiedere aiuto: non trincerarsi verso l’idea che ‘poi passerà da solo’. Queste sostanze sono subdole – sottolinea Fanella – pensi di poterle controllare, poi invece sono loro a controllare te. Dunque il messaggio è quello di chiedere aiuto: al medico, ai servizi pubblici delle Asl o al privato sociale, ma non tacere. Perché parlare con un esperto offre strumenti in più, utili anche per la gestione di dinamiche familiari”.

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