L’acqua Ferrarelle e il caso della pubblicità comparativa

acqua Ferrarelle
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Non è possibile fare pubblicità comparativa vantando “la superiorità sotto l’aspetto salutistico” di un’acqua minerale rispetto alle altre. Per questo motivo il Tar del Lazio ha giudicato legittimo il provvedimento con cui lo scorso dicembre il ministero della Salute ha negato a Ferrarelle l’autorizzazione a uno spot per la tv, la radio e il web in cui l’azienda, raffrontando la propria acqua con quella di due concorrenti, ne vantava la superiorità in termini di benefici per la salute a causa dell’elevato contenuto di calcio.

Ferrarelle aveva chiesto l’autorizzazione a maggio dello scorso anno. Nella formulazione originaria, ricorda il Tar, lo spot, sviluppato nell’ambito della campagna di informazione e prevenzione sull’importanza dell’assunzione di calcio per le ossa promossa dalle più importanti associazioni medico-sanitarie nazionali, prevedeva una comparazione della quantità di calcio presente nell’acqua Ferrarelle rispetto alle due principali concorrenti, Lete e Uliveto. In seguito, davanti alla richiesta del ministero di depositare anche la delega a richiedere l’autorizzazione delle due società concorrenti, Ferrarelle aveva deciso di ripiegare su uno spot in cui la comparazione riguardava le altre due acque senza citarne il nome.

Al termine dell’iter, il dicastero di Lungotevere Ripa, dopo aver consultato la Sezione pubblicità del Comitato tecnico sanitario, aveva negato il via libera in base al decreto legislativo n. 176 del 2011, che regola l’autorizzazione dei claim inerenti alle proprietà favorevoli alla salute delle acque minerali, assimilando, tra l’altro, le informazioni sulle acque contenute negli spot di Ferrarelle a quelle medicinali. Per il ministero, ricorda il Tar, gli spot di Ferrarelle non potevano essere considerati “pubblicità comparativa ‘sic et simpliciter’, trattandosi, piuttosto, di ‘un vanto di superiorità sotto il profilo salutistico di un prodotto rispetto ad altri due’”.

L’azienda aveva fatto ricorso, sostenendo che il decreto legislativo 176 del 2011 non prevede un esplicito divieto di pubblicità comparativa per le acque minerali, sottolineando inoltre che quando il legislatore ha voluto imporre dei divieti, lo ha fatto espressamente, come nel caso delle etichette, su cui “non sono ammesse diciture indicanti la superiorità dell’acqua minerale rispetto ad altre acque minerali”. Ferrarelle aveva anche sostenuto la non applicabilità al settore delle acque minerali dell’articolo 117 del decreto legislativo 219 del 2006 che vieta la possibilità di vantare la superiorità di un medicinale rispetto a un altro. La società aveva inoltre citato un precedente, una decisione dell’Antitrust del 2006 sull’acqua Sant’Anna, in cui l’Autorità aveva di fatto sancito la legittimità della pubblicità comparativa.

Nella sentenza con cui ha respinto il ricorso il Tar ribadisce anzitutto che il decreto legislativo 176/2011 vieta di esprimere un vanto di superiorità rispetto ad altre acque minerali nell’etichetta, aggiungendo che “tale divieto costituisce un principio fondamentale ai fini di una corretta comunicazione ai potenziali acquirenti”. Nel caso in questione, proseguono i giudici, “l’azienda lascia intendere che l’acqua Ferrarelle, grazie all’alto contenuto di calcio – che, peraltro, non è il più alto in assoluto tra tutte le acque in commercio – sia fondamentale per le ossa e per i denti”, aggiungendo che “tale affermazione viene effettuata comparando la quantità di calcio del proprio prodotto con quella contenuta in altri due prodotti, scelti tra quelli in commercio aventi minore presenza di calcio” e che questo “ovviamente, lascia intendere una superiorità di benefici per la salute derivante dal consumo della Ferrarelle rispetto alle altre aziende del settore”.

Per il Tar “un’espressione di superiorità sulle proprietà favorevoli per la salute come quella proposta dall’azienda – che comunque andrebbe dimostrata con studi clinici e statistici – non può essere considerata alla stregua di semplice pubblicità comparativa. Non si tratta, infatti, di una semplice comparazione della quantità di calcio presente nell’acqua Ferrarelle rispetto a quella presente in altre due concorrenti”.

E per rendere ancora più chiaro il concetto, i giudici citano i claim che Ferrarelle intendeva usare negli spot: ‘Più calcio tra tutte le acque. Il calcio è fondamentale per le ossa e contribuisce al benessere dei denti. Ferrarelle ne contiene 400 mg in un litro in forma altamente assimilabile soddisfacendo il 40% del fabbisogno giornaliero del nostro organismo’ e ‘Più calcio tra tutte le acque. Nessun’acqua è come Ferrarelle, un miracolo della natura che unisce gusto e benessere. Il calcio è fondamentale per le ossa e Ferrarelle ne contiene 400 mg in un litro in forma altamente assimilabile. Più calcio tra tutte le acque. Controlla tu stesso le etichette’. Questi claim, scrive il Tar, “non possono considerarsi mera pubblicità comparativa, contenendo un’evidente affermazione di superiorità sotto l’aspetto salutistico della Ferrarelle rispetto alla Lete e all’Uliveto e, a ben vedere, rispetto a tutte le altre acque minerali”.

Inoltre, secondo il collegio, “la valenza dell’informazione” contenuta nei claim “ben può essere assimilata a quella propria della informazione medicinale”: da qui “la necessità che l’informazione sia rubricata non già come meramente pubblicitaria, ma di spiccato contenuto medico sanitario, assoggettandola pertanto alla disciplina propria dei medicinali, e, per tal modo, estendendosi l’ambito di esame e sindacato dell’organo consultivo tecnico preposto all’intero contenuto del claim e non solo alla parte più significativamente pubblicitaria”.

Per il Tar, infine, anche la seconda formulazione dello spot, “con l’espunzione dei nomi dei marchi concorrenti , è evidentemente insufficiente, ove si indichino gli stessi con le rispettive bottiglie, la cui conformazione è di immediata percezione e collegamento da parte del consumatore con la denominazione relativa”. La sentenza potrà essere appellata da Ferrarelle al Consiglio di Stato.

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