Tumore vescica, i campanelli d’allarme

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Quest’estate “spegni definitivamente l’ultima sigaretta e salva la vescica dal tumore”. Oltre a danni irreversibili ai polmoni, infatti, il fumo di sigaretta è responsabile del 50% dei tumori della vescica, con un rischio sensibilmente aumentato in base al numero di sigarette e agli anni di fumo.

Non solo, un altro 6% si recupera correggendo lo stile di vita: diminuire drasticamente il consumo di bevande alcoliche, adottare una dieta sana ricca di frutta e verdura, e passare più tempo all’aria aperta immagazzinando vitamina D, protettiva proprio contro il tumore della vescica.

Attenzione, inoltre, ai campanelli di allarme: presenza prolungata di sangue nelle urine (ematuria), difficoltà a urinare o sensazione di non completare la minzione, soprattutto per i maschi. Attenzione particolare per chi svolge lavori a contatto con specifiche sostanze chimiche, utilizzate ad esempio nell’industria tessile (coloranti), nelle concerie o in agricoltura.

Al minimo sospetto non tardare a effettuare una visita specialistica: circa l’80% dei tumori della vescica ‘presi in tempo’ è ben curabile, e garantisce una elevata sopravvivenza e qualità di vita. Buoni risultati in caso di malattia avanzati sono stati ottenuti con farmaci innovatici (immunoterapici di ultima generazione) impiegati in terapie di mantenimento, ovvero dopo chirurgia e chemioterapia standard, con un prolungamento della sopravvivenza i 7 mesi.

Al fianco dei pazienti con tumore della vescica si schierano l’Associazione Palinuro, l’unica sul territorio italiano, che fornisce consigli pratici e gestionali sulla malattia anche con strumenti innovativi, come la realizzazione di video-tutorial, e Ropi (Rete Oncologica Pazienti Italia) che diffonde una informazione puntuale e aggiornata. In particolare lunedì 7 giugno alle 18 sul sito www.reteoncologicaropi.it sarà presentato un Quaderno dedicato al tumore della vescica, già scaricabile gratuitamente.

“Il tumore della vescica può essere diagnosticato tardi a causa di sintomi molto generici – spiega la presidente di Ropi Stefania Gori, Uoc Oncologia Medica Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella – di cui il più frequente è l’ematuria, il sangue nelle urine, spesso accompagnato da altri disturbi come la difficoltà a urinare o la sensazione di minzione incompleta, soprattutto nell’uomo. Sintomi che in gran parte dei casi sono riconducibili a infezioni urinarie, dunque nel caso persistano è fondamentale sottoporsi a un esame delle urine, a una eventuale ecografia e in caso di positività a indagini più specifiche come la cistoscopia, che guarda ‘dentro’ la vescica con un endoscopio, e una citologia urinari, che ricerca nelle urine potenziali cellule tumorali, a loro volta seguiti se necessario da Tac risonanza magnetica”.

“In caso di malattia abbiamo soluzioni ad hoc – precisa Sergio Bracarda, Oncologia Medica e Traslazionale Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni – sia per le forme superficiali, trattabili con una chirurgia (resezione endoscopica) eventualmente seguita da chemioterapia o immunoterapia (lavaggi endovescicali), sia per le forme che, in misura minore, invadono la parete della vescica, aumentando l’aggressività della malattia. Per queste ultime, si procede a una cistectomia (rimozione della vescica) e ricostruzione della parete vescicale quando possibile, preceduta o seguita da chemioterapia a seconda dei casi”.

“Con malattia avanzata il ‘protocollo’ richiede una chemioterapia combinata che nei pazienti con buona risposta può essere seguita da una terapia ‘di mantenimento’ o in caso di progressione da una terapia di seconda linea (chemio o immunoterapia). Infine sono allo studio protocolli di terza, quarta e quinta generazione con approcci innovativi sulla base di una ricaratterizzazione biomolecolare dei tumori uroteliali”.

“Riguardo alla terapia di mantenimento – aggiunge Claudia Caserta, Oncologia Medica e Traslazionale, Azienda Ospedaliera Santa Maria, Terni – sono emersi ottimi risultati dallo studio Javelin Bladder 100 che ha coinvolto 700 pazienti con malattia metastatica della vescica e/o delle vie urinarie superiori. Coloro che, in assenza di progressione di malattia dopo chemio, sono stati trattati con un farmaco immunoterapico innovativo, aggiunto alla terapia di supporto, hanno mostrato un prolungamento della sopravvivenza globale di 7 mesi, rispetto a pazienti sottoposti a sola terapia di supporto. Finalmente, dopo Stati Unite e Europa, il trattamento è disponibile anche in Italia da alcuni mesi”.

“Purtroppo ad oggi non esiste uno screening per la diagnosi precoce del carcinoma della vescica – dichiara Claudia Musillo, Oncologia Medica e Traslazionale, Azienda Ospedaliera Santa Maria, Terni – pertanto è fondamentale l’attenzione ai possibili segni premonitori di malattia (ematuria), specie da parte dei soggetti a rischio, come i fumatori e i lavoratori esposti a specifiche sostanze fra cui le amine aromatiche e le nitrosammine che entrando a contatto con le pareti della vescica attraverso il sangue producono una irritazione cronica che, alla lunga, può portare allo sviluppo di neoplasie”.

“Per dare un aiuto concreto e fare sentire la nostra vicinanza ai pazienti, anche in epoca Covid – afferma Laura Magenta, Associazione Palinuro – stiamo realizzando un video che sarà disponibile sul nostro sito, per insegnare come sostituire il sacchetto esterno per la raccolta delle urine (stomia), utile non solo per la gestione della quotidianità, ma anche per ‘tranquillizzare’ chi ancora deve affrontare il problema, che la procedura semplice, gestibile e consente una buona qualità della vita”.

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