Afghanistan, donne e diritti. L’appello degli anestesisti

Afghanistan
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Nell’emergenza di questi giorni in Afghanistan “l’universalismo dei valori occidentali pare essere travolto lasciando spazio alla locale soppressione sistematica di diritti umani fondamentali”.

A sottolinearlo con forza, “in qualità di membri della comunità umana e scientifica”, sono gli anestesisti del Collegio dei professori di anestesia e rianimazione (Cpar), della Società Italiana di Anestesia Rianimazione Terapia Intensiva e del Dolore (Siaarti) e di International Women in Intensive and Critical Care Network (iWIN). “Sentiamo l’urgenza, etica e professionale, di esprimere la nostra solidarietà alla comunità civile afghana, al corpo docente, agli studenti, alle studentesse ed a tutti i componenti delle professioni sanitarie”.

Cpar, Siaarti e iWIN sono unite e solidali con la popolazione civile dell’Afghanistan, e ritengono di doversi far portavoce di alcuni “diritti non sacrificabili”. Gli anestesisti chiedono con forza che al popolo afghano venga garantita e mantenuta la possibilità di accedere ai servizi sanitari e ad una formazione indiscriminata e di qualità, in grado di garantire uno sviluppo autonomo e autodeterminato dei singoli “a prescindere da differenze di genere, origine, cultura e religione”.

“Crediamo nella necessità di focalizzare l’attenzione dei servizi di informazione (cartacei e telematici) sui nostri colleghi in Afghanistan, sui sanitari, impegnati nel lavoro sul campo a qualsiasi livello, sui docenti e sui discenti”

Cpar, Siaarti e iWIN chiedono in particolare “supporto con ogni mezzo disponibile per le colleghe, le studentesse ed aspiranti tali, discriminate in quanto donne sia nel loro ruolo professionale che nella vita privata. Nel contesto attuale, sempre più globalizzato, gli operatori sanitari e i docenti sono chiamati sia ad esercitare la loro professione che ad assolvere ad un ruolo sempre più rilevante nella difesa – chiara, netta, diretta – del diritto alle cure e all’istruzione per tutti”.

Uniti, si legge nell’appello, richiediamo alle Istituzioni nazionali e internazionali direttamente coinvolte e a quelle di cui orgogliosamente facciamo parte (le nostre Università), di “farsi protagonisti della necessità di ripristinare, difendere e garantire tutti i diritti umani fondamentali;
mantenere l’accesso ai servizi sanitari di base e alla protezione sociale per tutti i cittadini. Questo deve essere preservato collaborando con le Istituzioni e le Comunità locali, nella convinzione che la salute non sia un bene di consumo, ma un diritto umano universale; garantire l’impegno (advocacy) delle istituzioni per la promozione del mantenimento della formazione universitaria, senza discriminazioni di genere, in particolare nell’ambito sanitario, finalizzata alla formazione delle risorse umane dedicate, alla ricerca e alla divulgazione scientifica; tutelare in ogni realtà lavorativa le donne, in quanto maggiormente soggette a discriminazioni, violenze, limitazione delle libertà individuali”.

“Ci sentiamo società civile di questa Europa, che è patria dei diritti umani, e che deve riconoscere di fronte agli stessi un privilegio e un dovere in più: difenderli”, concludono le organizzazioni.

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