Neuroscienze laboratorio del futuro

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Le neuroscienze diventano sempre più importanti come campo di ricerca e compiono progressi significativi nella comprensione del funzionamento del cervello e del sistema nervoso. In futuro, le neuroscienze avranno un ruolo sempre più importante nella medicina e nella scienza della tecnologia, ad esempio nello sviluppo di nuove terapie per le malattie neurodegenerative, nell’aumento della nostra comprensione dei meccanismi alla base della mente umana e nello sviluppo di tecnologie di interfaccia cervello-computer. Inoltre, le neuroscienze avranno un impatto significativo sulla società e sulla cultura, ad esempio nella comprensione dei meccanismi alla base della decisione umana e del comportamento umano.

Una ‘miniera’ per i ricercatori specializzati, ma anche un settore sfidante, che dopo anni di studi porterà alla luce terapie innovative capaci di fare la differenza. Il sistema nervoso e i suoi meccanismi rimangono ancora oggi un’area di studio molto complessa, dove la scienza si avventura per tentativi ed errori e che ha visto negli ultimi anni un’evoluzione straordinaria, con innovazioni senza precedenti, tanto che non è azzardato fare un paragone con l’oncologia di vent’anni fa.

Oggi siamo vicini a vere e proprie rivoluzioni nel trattamento di alcune tra le principali malattie neurologiche e neurodegenerative, come l’Alzheimer, e le neuroscienze saranno nei prossimi anni un importante banco di prova per l’evoluzione e la trasformazione dei sistemi sanitari di tutto il mondo. Se ne è parlato all’evento “Le neuroscienze del futuro”, organizzato da Biogen Italia in occasione dei 10 anni dalla sua nascita, con il Patrocinio dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Scienza e sanità sono state protagoniste di un dibattito che ha coinvolto ricercatori, medici, associazioni pazienti e istituzioni.Il “laboratorio” del domani per eccellenza, così gli esperti hanno tracciato oggi il profilo di questa area medico-scientifica, in cui convivono grandi scoperte della scienza e nuove dinamiche nella gestione della cronicità ad alta complessità.

“Nelle neuroscienze, vera frontiera della ricerca clinica, lo sviluppo di terapie innovative è stato reso possibile da una comprensione sempre più chiara e capillare dell’architettura e dei meccanismi biologici alla base del funzionamento del sistema nervoso. Una conoscenza medica che chiama in causa la biologia genetica e molecolare, ma anche avanzate tecnologie e strumentazioni per l’analisi della struttura e dell’attività cerebrale”, ha dichiarato Massimo Filippi, ordinario di Neurologia, Università Vita-Salute San Raffaele e direttore Uo di Neurologia, Neuroriabilitazione e Neurofisiologia Irccs Ospedale San Raffaele.

“È grazie all’unione di questi molteplici fattori che si è recentemente instaurato un circolo virtuoso che permetterà di rispondere in maniera sempre più adeguata alle crescenti esigenze dei tanti pazienti con malattie del sistema nervoso centrale e periferico, delle loro famiglie e dei sistemi sanitari”.

Un progresso atteso, quello delle neuroscienze, visto che le malattie neurologiche sono tra le più importanti sfide mediche dei prossimi anni e rappresentano la prima causa di disabilità e la seconda causa di morte a livello globale, assorbendo risorse stimate intorno agli 800 miliardi di dollari nei soli Paesi a maggior tasso di industrializzazione.

Un quadro che la situazione pandemica ha aggravato, rivelando una fragilità endemica del sistema sanitario in un Paese che conta oltre 14 milioni di pazienti cronici. Su circa 8.000 deceduti con Covid-19, infatti, il 67,5% aveva più di tre patologie preesistenti e, in circa il 24% di questi casi, i pazienti erano affetti da demenza. E le demenze sono proprio tra le priorità identificate nella recente dichiarazione firmata dai ministri della Salute del G20, riuniti a Roma per porre le basi della ripresa della Sanità globale dopo la pandemia da Covid-19.

La scienza da sola non basta più, come spiega Luca Pani, professore di Psichiatria presso University of Miami e Professore di Farmacologia presso l’Università di Modena e Reggio Emilia: “Il progresso nella ricerca scientifica non può essere unilaterale, ma deve andare di pari passo con l’adeguamento dei Sistemi Sanitari, affinché questi siano in grado di accogliere e integrare le novità terapeutiche: solo in questo modo i pazienti potranno godere dei benefici reali derivanti dalle nuove opportunità di trattamento che le terapie del prossimo futuro potranno offrire. Occorre una visione costantemente orientata ai nuovi orizzonti terapeutici, per innescare l’evoluzione necessaria ad adeguare i percorsi e i processi e arrivare preparati a cogliere le sfide del prossimo futuro”.

Riflessioni tanto più importanti se lette in congiunzione con le dinamiche di trasformazione del Ssn che prenderanno le mosse dalla grande eredità politica ed economica della pandemia. Il Next Generation Eu e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) definito dal Governo Italiano porteranno nei prossimi anni risorse cospicue per investimenti che dovranno essere mantenuti nel tempo, con un auspicato ritorno a una programmazione sanitaria che sappia anticipare i bisogni del futuro e intercettare i cambiamenti strutturali conseguenti alle nuove frontiere della ricerca clinica e della medicina personalizzata in aree complesse, come quella della cronicità.

È d’accordo Valeria Tozzi, direttore Master in Management per la Sanità, Sda Bocconi School of Management, che sottolinea come le tecnologie digitali rappresentino un’opportunità ormai imprescindibile per realizzare la sanità del futuro: “La telemedicina e l’integrazione delle tecnologie digitali nei percorsi di gestione dei pazienti cronici ad alta complessità, come nel caso delle persone affette da malattie neurologiche e neurodegenerative, può e deve essere l’asset su cui si giocherà l’evoluzione del sistema sanitario nei prossimi anni. Grazie a nuovi strumenti digitali e soluzioni tecnologiche sarà possibile un miglioramento quantitativo e qualitativo del rapporto tra medico e paziente: un iter di cura che mette al centro i bisogni di chi convive con malattie che richiedono assistenza costante. Introdotta come soluzione di emergenza per riuscire a garantire, in sicurezza, continuità di assistenza ai pazienti, dopo questa fase di emergenza sanitaria è necessario lavorare per un’integrazione strutturata delle tecnologie digitali nella pratica clinico-assistenziale territoriale”.

Spingersi oltre le terapie, per offrire ai pazienti e alle loro famiglie soluzioni che riguardano la sfera dell’assistenza e della gestione della cronicità, con lo sguardo sempre rivolto al futuro, per portare sempre più avanti i limiti della comprensione e dell’innovazione: questo è l’impegno condiviso oggi dai tanti esperti intervenuti.

“L’appuntamento di oggi segna un momento importante di riflessione e impegno condivisi, che mette in luce il valore cruciale delle neuroscienze nell’ambito della trasformazione in atto nel Sistema Sanitario – commenta Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia – Come azienda che ha fatto dell’essere pionieri nelle neuroscienze la sua missione, siamo consapevoli di vivere uno straordinario momento storico e festeggiamo oggi il decimo anniversario di Biogen Italia, guardando ai prossimi anni con entusiasmo e forte senso di responsabilità. L’impegno nella ricerca è insito nel nostro Dna e siamo orgogliosi di avere contribuito in questi dieci anni a trasformare la vita di tante persone che convivono con gravi patologie neurologiche e neurodegenerative. Per questo continueremo a percorrere strade inesplorate, con passione, coraggio e resilienza, collaborando con medici, associazioni e istituzioni per dare risposte concrete ai pazienti e alle loro famiglie”.

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