Il pharma italiano e i 600 mln dovuti allo Stato

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Sono circa 600 i milioni di euro che le aziende del pharma operanti in Italia devono ancora restituire allo Stato. La cifra si riferisce ai mancati versamenti, conteggiati al 30 giugno scorso, che le imprese avrebbero dovuto effettuare nelle casse pubbliche secondo del regole del payback, relativamente al ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti per l’anno 2019.

È la stessa Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a darne notizia dalle pagine del proprio portale web, con tanto di elenco delle 156 aziende interessate dall’onere del ripiano, delle cifre dovute e di quelle versate. Una lista da cui si evince che, su un totale di 1,361 miliardi e rotti che lo Stato avrebbe dovuto ricevere, ne è arrivato solo il 56%, pari a poco più di 757 milioni.

Tanti soldi che mancano all’appello, ma non per un’inadempienza generalizzata da parte di tutti i produttori di medicinali. Esplorando la lista di Aifa si scopre, infatti, che 56 player hanno versato il 100% di quanto dovuto. Altre case produttrici hanno pagato una parte di quanto previsto. E ben 66 non hanno versato nemmeno un euro.

Tra le prime dieci aziende per ammontare di payback, cinque hanno versato tutto, mentre per tre di esse la quota è intorno allo 0%, pari a un valore complessivo di poco più di 271 milioni di euro di mancati versamenti. Viene da chiedersi il perché di questa situazione palesata da Aifa.

Si tratta delle conseguenze di errati conteggi già a partire dal 2013, dicono gli esperti. Inizialmente i conti venivano fatti correttamente, ma su dati non precisi di provenienza regionale. Le nuove modalità di calcolo introdotte dal decreto legge 113 del 2016 avrebbero dovuto mettere un po’ di ordine, semplificando e rendendo i conteggi più chiari. Ma ad oggi si vede che ancora poco è cambiato rispetto al passato.

Così i tribunali amministrativi regionali si trovano invasi dai ricorsi delle aziende farmaceutiche che lamentano discrepanze tra le quote di payback richieste loro dallo Stato e quanto, a loro dire, sarebbe realmente dovuto. Si tratta dei ricorsi di cui parla il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi nelle pagine di “Repubblica”, aggiungendo che con tutta probabilità le aziende dovrebbero avere accantonato quanto in teoria dovuto e che, quindi, a valle del pronunciamento del Tar previsto per la seconda metà di ottobre, i pagamenti potrebbero sbloccarsi.

Resta da capire, però, come mai c’è chi ha versato tutto secondo i termini di legge. Come è il caso della seconda azienda per ammontare da versare: oltre 110 milioni di euro.

Possibile che i conteggi siano fatti bene per alcune aziende e meno bene per altre? Ci viene in aiuto un esperto di politiche farmaceutiche e di prezzi e rimborsi, che preferisce rimanere anonimo: “Si tratta di una strategia complessiva del sistema farmaceutico, che agisce anche politicamente. Oltre al fatto che ciascuna azienda adotta una strategia distinta dalle altre sulla scorta delle indicazioni fornite dal proprio ufficio legale”.

Non ci resta che attendere la seconda tappa di questa vicenda, quando presumibilmente intorno al 20 ottobre il Tar si pronuncerà in merito ai ricorsi. Probabilmente sarà la stessa Aifa a rendere noti gli sviluppi della vicenda giacché, si legge nella nota che evidenzia i mancati payback, l’agenzia “si riserva di fornire ulteriori aggiornamenti a seguito della ricezione di ulteriori attestazioni di pagamento da parte delle aziende farmaceutiche destinatarie del ripiano”.

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