Cop26, 19 mld per lo stop alla deforestazione

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Mettere fine alla deforestazione entro il 2030, con un investimento di 19,2 miliardi di dollari di fondi pubblici e privati. Questo l’accordo che hanno firmato a Glasgow i 120 leader mondiali riuniti in Scozia per la Cop26. Accordo, quello su foreste e terre degradate raggiunto durante la conferenza climatica, che non è il primo del suo genere.

Tra i firmatari (105, tra i quali l’Italia) dell’accordo ci sono Canada, Brasile (casa della foresta amazzonica, che di recente ha iniziato a produrre più CO2 di quanta ne assorba), Russia, Cina, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo, Stati Uniti e Regno Unito, che coprono circa l’85 per cento delle foreste mondiali.

L’abbattimento degli alberi contribuisce al cambiamento climatico perché impoverisce le foreste che assorbono grandi quantità di CO2. Il disboscamento da parte dell’uomo rappresenta quasi un quarto delle emissioni di gas serra.

I fondi promessi dalla Cop26

Alcuni dei fondi andranno ai paesi in via di sviluppo per ripristinare i terreni danneggiati, affrontare gli incendi boschivi e sostenere le comunità indigene. Dei 19,2 mld previsti, 12 saranno messi a disposizione dai governi, mentre 7,2 mld verranno forniti dal settore privato.

Secondo il Governo britannico, i Ceo di 30 istituzioni finanziarie (con 8,7 trilioni di dollari in asset gestiti) si impegneranno a eliminare investimenti in attività connesse alla deforestazione.

Sempre il governo britannico ha fatto sapere che il Regno Unito impegnerà 2 mld di dollari in cinque anni per sostenere l’accordo, tra cui quasi 500 mln di dollari per le foreste tropicali in Indonesia e 270 mln per la Coalizione LEAF.

Il Regno Unito contribuirà anche insieme ad altri 11 donatori a un nuovo fondo da 1,5 miliardi di dollari per proteggere il bacino del Congo. L’area ospita la seconda foresta pluviale tropicale più grande del mondo, minacciata dal disboscamento industriale, dall’estrazione mineraria e dall’agricoltura.

La stampa britannica ha anticipato che il premier Uk Boris Johnson parlerà di “accordo fondamentale per proteggere e ripristinare le foreste della Terra”. Come riporta la Bbc, Johnson definirà le foreste come ”cattedrali della natura, sono i polmoni del nostro pianeta”. Il premier britannico svelerà l’accordo in occasione di un evento cui parteciperanno il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il principe Carlo di Galles e il presidente indonesiano Joko Widodo.

Secondo il Guardian, Johnson affermerà che ”le foreste supportano le comunità, i mezzi di sussistenza e l’approvvigionamento alimentare e assorbono il carbonio che immettiamo nell’atmosfera. Sono essenziali per la nostra stessa sopravvivenza”.

Le parole di Biden e Putin

Intanto anche il Presidente degli Stati Uniti ha ribadito che la conservazione delle foreste è “indispensabile”. Alla Cop26 a Glasgow Joe Biden ha affermato che le foreste hanno il potenziale per ridurre di oltre un terzo la CO2 a livello globale. “La conservazione delle nostre foreste e di altri ecosistemi critici è un elemento indispensabile per mantenere i nostri obiettivi climatici”, ha dichiarato Biden.

“Le foreste hanno il potenziale per ridurre il carbonio a livello globale di oltre un terzo”, ha aggiunto. Il piano concordato a Glasgow, che Biden ha definito il “primo del suo genere”, permetterà tra l’altro di fermare la perdita di foreste e creerà catene di approvvigionamento sostenibili. “Ad ogni passo lavoreremo in collaborazione con le persone”, ha aggiunto.

L’accordo sulla deforestazione raggiunto al summit Cop26 sul clima “servirà senza dubbio a raggiungere gli obiettivi di riduzione dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera stabiliti dall’accordo di Parigi”, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio registrato inviato al summit in corso a Glasgow, dove non partecipa di persona. “Vorrei augurare a tutti noi di avere successo”, ha aggiunto Putin. Anche il presidente russo è tra i firmatari della dichiarazione di Glasgow.

I fallimenti del passato

Non è la prima volta che si mettono nero su bianco gli impegni internazionali contro la deforestazione. Il rischio, ancora una volta, è che in assenza di sanzioni precise si vada incontro a un altro fallimento, come quelli della Dichiarazione di Aichi del 1993, che fissava l’obiettivo di dimezzare il ritmo della perdita di diversità entro il 2020. Quella di Bonn del 2011 per ripristinare 150 milioni di ettari di terreni degradati entro il 2020. E quella di New York sulle foreste, firmata nel 2014. I 200 firmatari, inclusi i principali governi, si impegnarono in quel caso a fermare e invertire la deforestazione nelle foreste tropicali entro il 2030. Nell’ottobre di quest’anno, è stato diffuso un aggiornamento: per quanto si stiano “facendo progressi in molti luoghi”, “l’azione complessiva non è stata all’altezza della velocità, delle dimensioni e dei finanziamenti necessari” per raggiungere gli obiettivi.

L’ultimo accordo sulle foreste prima della Cop26 è stato quello annunciato nel 2017: lo United Nations Strategic Plan for Forests 2017-2030. Secondo un report sullo stato di avanzamento della strategia pubblicato la scorsa primavera, la sfida della protezione delle foreste è diventata ancora più difficile con la pandemia. Il rapporto delle Nazioni Unite rileva che per quanto il mondo abbia compiuto progressi in aree chiave per la protezione delle foreste, con l’aumento della superficie forestale globale, questi progressi sono anche minacciati dal peggioramento della crisi climatica.

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