Covid, identikit del no ai vaccini

Covid no vax
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L’infodemia con le inevitabili discrepanze comunicative e la complessità di un tema che la scienza capisce e conosce giorno dopo giorno, in un percorso che a volte propone contraddizioni, certo non aiutano chi è in dubbio sulla possibilità di vaccinarsi nei confronti del virus Sars-CoV-2. Ed è evidente che solo con una capace azione di counselling da parte dei sanitari si potrà arrivare a migliorare la percentuale di vaccinati con doppia dose (e prossimamente ulteriore booster).

Ma non pensate che grazie all’opera di convincimento, all’utilità dimostrata dai fatti e dai numeri del valore delle vaccinazioni, alle opportunità sociali che potranno aprirsi per chi si è immunizzato (e stiamo solo citando alcuni aspetti positivi della scelta vaccinale, per sé e per gli altri), si possa arrivare al 100%. A segnalare come esisterà comunque uno zoccolo duro refrattario ai processi di prevenzione vaccinale, partendo dalla realtà degli Usa (in Italia siamo comunque a buon punto, pur se migliorare è sempre possibile) è una ricerca apparsa su Scientific Reports e coordinata da Jefferey Lazarus con la sua equipe.

Infatti, più o meno una persona su due tra quanti non sono ancora ricorsi al vaccino per la prevenzione di Covid-19 continuerà pervicacemente nella sua scelta. Lo studio, realizzato nella primavera di quest’anno e mirato proprio a valutare l’atteggiamento delle persone nei confronti della vaccinazione su un campione rappresentativo della popolazione (circa 6000 le persone coinvolte), segnala infatti che niente porterà queste persone a cambiare idea sulla prevenzione attraverso questo strumento.

La metà di coloro che negli Stati Uniti non sono disposti a essere vaccinati contro la Sars-CoV-2 riferisce che nulla cambierà idea, secondo un sondaggio nazionale rappresentativo riportato in uno studio pubblicato su Scientific Reports.

Andando a leggere tra le righe, con un’analisi in chiave sociale, si è visto che la scelta “no vax” è risultata più diffusa tra i soggetti a basso reddito, tra chi non ha mai affrontato Covid e comunque tra chi ha un lavoro lontano dalla propria casa.

Non c’è stata comunque una chiara tendenza al rifiuto vaccinale considerando i livelli di istruzioni, il genere, l’etnia e il sesso.

Grazie a questo studio, insomma, si può pensare almeno per gli Usa a modelli informativi che abbiano target ben prestabiliti, anche in chiave di orientamento politico visto che la renitenza alla chiamata vaccinale appare maggiore tra i conservatori.

Ma non si debbono mai dimenticare i punti chiave che caratterizzano la scelta. In primo luogo, infatti, a far pendere la bilancia verso il “niet” è la percezione relativa alla sicurezza del vaccino, con i conseguenti timori. Per spiegare i risultati dei trial e soprattutto caratterizzare, come è sul fronte scientifico, il rapporto costo beneficio tra vaccinazione e patologia a chiaro vantaggio della prima, occorre tempo e volontà.

Stando all’indagine, infatti, più di quattro persone su cinque ritengono che Covid-19 sia pericoloso per la salute, ma poi poco meno di una su cinque non pensa che i pericoli dell’infezione naturale superino quelli del vaccino e soprattutto esiste una buona percentuale di persone, circa il 15% del totale dei partecipanti, che non crede nella possibilità di prevenire l’infezione con la vaccinazione. Il lavoro, insomma, è lungo.

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