Variante Omicron e anticipo richiami, l’analisi di Garattini

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La variante Omicron avanza imperterrita. La curva dei contagi si impenna. E i diversi Paesi di attrezzano come possono per far fronte alla nuova ondata di Covid. Con tanto di corsa ai richiami vaccinali, anticipati ormai un po’ dappertutto. Dai 5 mesi di molte nazioni europee, tra cui l’Italia, ai 3 mesi della Gran Bretagna.

Ma perché questa differenza di approccio? “Si tratta di strategie differenti messe in atto da governi di Paesi con un diverso quadro dell’epidemiologia della diffusione del coronavirus”, spiega Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano. “L’anticipo del terzo richiamo è giustificato dal fatto che si vuole rendere il sistema immunitario dei vaccinati quanto più attivo possibile nel riconoscere e neutralizzare il coronavirus. Soprattutto alla luce della nuova variante Omicron”.

Il perché nel nostro Paese si sia deciso di aprire alle terze dosi a partire dal quinto mese (e non dal terzo) dalla seconda immunizzazione è dovuto al fatto che “le percentuali di persone vaccinate sono molto alte. Più di quanto si registra in altri Paesi come il Regno Unito”, continua Garattini.

Una spiegazione, questa, che sgombra il campo da possibili dietrologie conseguenti a informazioni non sempre allineate circa la durata della copertura vaccinale. Sentire che il vaccino protegge per sei mesi, ma che poi si deve correre per un richiamo a partire dal quinto e che in altri Paesi si fa invece a soli tre mesi di distanza, non fa che alimentare le discussioni sulla bontà del vaccino e, conseguentemente i confronti non sempre edificanti a cui assistiamo nei talk show televisivi dove pro-vax e no-vax vengono lasciati liberi nell’arena a beneficio di share e auditel.

“In realtà non sappiamo quanto dura esattamente la risposta vaccinale. Ciò che riusciamo a misurare è il livello di anticorpi anti-Covid. Diversamente non possiamo calcolare la risposta cellulare del sistema immunitario mediata dall’azione dei linfociti B e T. Ancora minore è la possibilità di stimare la durata della memoria immunologica di lungo periodo”, chiarisce l’esperto.

Che tiene a precisare che “si lavora nell’ottica di precauzione. Per cercare di prevenire, invece che trovarsi in situazioni che necessitano il ricorso alle cure, anche ad alta intensità”.

Cogliamo l’occasione di dialogare con il professor Garattini anche per chiedergli la sua opinione circa il pensiero espresso ieri dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen: “Penso che sia comprensibile e appropriato condurre questa discussione ora, su come possiamo incoraggiare e potenzialmente pensare alla vaccinazione obbligatoria all’interno dell’Ue”.

Il parere del farmacologo è che “la cosa più importante è vaccinare tutta la popolazione mondiale, pena il rischio che il virus sviluppi nuove varianti. Anche se, purtroppo non si va in questa direzione soprattutto se pensiamo a continenti come quello africano o indiano”.

Quanto all’Ue, “continuiamo a fare molte chiacchiere”, commenta tranchant Garattini. Che non risparmia anche un parere sul green pass: “Non è più pensabile equiparare quello ottenibile da chi responsabilmente si vaccina e quello di chi si tampona”. E allora gli chiediamo se sarebbe favorevole all’obbligo vaccinale ventilato dalla Von der Leyen. Ci risponde: “Sì. Anche se ci sarebbero enormi problemi per poi identificare chi non è vaccinato. Meglio agire sul green pass e non mettere più sullo stesso piano vaccinati e tamponati. Come stiamo vedendo dai numero delle nuove prime dosi nel nostro Paese, è una strategia che paga nell’ottica di aumentare la platea dei vaccinati”.

Al professore poniamo anche un’ultima domanda sul disco verde di Aifa di ieri in merito alla vaccinazione dei bambini tra i 5 e gli 11 anni. E’ davvero utile vaccinare i più piccoli anche a fronte di rischi di infezione e complicanze più bassi rispetto agli adulti? “Sono favorevole. Vaccinare i bambini serve per tutelare chi non può vaccinarsi per ragioni di salute e coloro che, pur vaccinandosi, rientrano tra coloro che restano sensibili all’attacco del virus. I bambini, se non vaccinati, possono infettarsi e diventare veicolo del virus nei confronto degli adulti, nonni compresi. L’unica alternativa sarebbe riuscire a vaccinare tutta la popolazione adulta. Cosa che ad oggi non è ancora possibile. Certo, se si smettesse con i pannicelli caldi che vengono usati di frequente negli ultimi tempi”, chiosa Garattini.

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