Aids, oltre lo stigma: le strategie di un’azienda ‘rainbow’

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In 40 anni la ricerca sull’Hiv ha cambiato volto, mentre la ‘peste del 2000’ diventava una malattia cronica. Ma c’è ancora molto da fare. Strategie e obiettivi ambiziosi di un’azienda orgogliosamente arcobaleno. La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2021-gennaio 2022.

 

COMPLEANNO IMPORTANTE PER L’HIV: sono passati quarant’anni dal 5 giugno 1981, quando i Cdc segnalarono su una rivista scientifica americana un inspiegabile aumento di due rare patologie (pneumocistosi polmonare e sarcoma di Kaposi) tra giovani omosessuali statunitensi. Le ricerche portarono, tre anni dopo, a individuare una malattia nuova: l’Aids (sindrome da immunodeficienza acquisita), causata da un virus, l’Hiv, capace di attaccare il sistema immunitario di una persona sana. Ma come è cambiata la ricerca su questo virus? Lo abbiamo chiesto a Maurizio Amato, General manager di ViiV Healthcare per Italia e Olanda.

Sono passati quarant’anni dal clamore intorno a questa malattia, a che punto è la ricerca?

La ricerca è cambiata enormemente: nei primi 10-15 anni di esistenza di questa pandemia c’è stato un grande impegno, ma anche la difficoltà di mettere in campo soluzioni terapeutiche efficaci e ben tollerate. Per fortuna le cose sono cambiate e oggi si parla più di Hiv che della malattia conclamata, l’Aids. Questo perché si riesce a intervenire con soluzioni terapeutiche che permettono di controllare la malattia in maniera quasi ottimale. Sono stati fatti passi da gigante, e oggi si stanno affinando le terapie, che sono sempre più in linea con le esigenze della popolazione di pazienti. Ma c’è ancora molto da fare. C’è poi un altro aspetto fondamentale: dobbiamo tornare a parlare di questa malattia ai nostri figli, per renderli consapevoli dei rischi e del fatto che l’Hiv è ancora una minaccia.

Dopo lo sviluppo negli anni di terapie in grado di cronicizzare la malattia, quali sono gli obiettivi della vostra ricerca, a breve ma anche a lungo termine?

L’Hiv non è domato: è un virus che continua a modificarsi e la malattia è subdola, continua a progredire. La nostra vocazione è concentrarci esclusivamente in questa area terapeutica, alla ricerca di soluzioni sempre più mirate, o per bisogni molto specifici (penso al tema della resistenza), o verso soluzioni innovative in grado di semplificare la vita delle persone che vivono con l’Hiv e, magari, contribuire a rimuovere anche lo stigma che incombe sui pazienti, persino l’auto-stigma che porta a nascondere le cure per non preoccupare i propri cari. La nostra vocazione è quella di restare fino a quando la malattia non sarà cancellata con soluzioni che siano definitive e consentano l’eradicazione o la soppressione della patologia. Ci vorrà ancora del tempo, ma siamo ottimisti e speriamo di mettere la parola fine a questa pandemia.

ViiV Healthcare è un’azienda relativamente giovane, focalizzata su questa malattia, ma le sue radici sono più antiche…

ViiV Healthcare nasce nel 2009 da una scelta strategica di GlaxoSmithKline e Pfizer. Dopo un paio d’anni si aggiunge Shionogi, che ha dato un grande contribuito alla ricerca, in particolare in quella che oggi è diventata la classe di farmaci leader: gli inibitori dell’integrasi. Quindi oggi l’azienda ha tre azionisti che la sostengono e che continuano a credere nel nostro modello, potenzialmente destinato a raggiungere la leadership in quest’area sul piano della ricerca e, ci auguriamo, anche su quello del mercato.

Se parliamo di innovazione, come si sta muovendo Viiv? 

Partiamo da quello che fa la differenza: l’impegno nei confronti delle associazioni e delle persone che vivono con l’Hiv, ma soprattutto di R&S. Realizziamo progetti volti a identificare nuove classi di farmaci, nuovi modelli di somministrazione: pensiamo ai progressi ottenuti con una sola somministrazione giornaliera. Le soluzioni del futuro sono opzioni con uno schema di somministrazione ancora migliore e intervalli anche di mesi. Questo ridurrà la complessità di gestione per i pazienti e i rischi di stigma. Abbiamo avviato anche delle collaborazioni con altre aziende farmaceutiche, con la prospettiva di offrire nuove soluzioni sempre più adeguate e di arrivare a eradicare il virus.

Tra l’altro recentemente avete anche svolto un’indagine sulle aspettative e i bisogni dei pazienti, cosa è emerso?

C’è ancora un bisogno insoddisfatto in relazione alla multiresistenza. Un tema sul quale siamo molto impegnati anche in Italia: con Gsk nel polo produttivo di Parma abbiamo la concentrazione della produzione di una nuova classe di farmaci, gli inibitori dell’attachment, destinata a pazienti di tutto il mondo medicale che non possono più beneficiare delle altre terapie. La malattia nel tempo è evoluta, dalle persone Msm (maschi che hanno rapporti sessuali con i maschi) nel tempo è arrivata a non fare discriminazioni di genere. Ciononostante continua a essere accompagnata dallo stigma, che può essere esterno ma anche auto-inflitto. Quando si parla di Hiv ancora oggi le persone hanno difficoltà e vanno aiutate a essere se stesse e ad affrontare il proprio futuro senza discriminazioni.

Sostenibilità e rispetto delle diversità sono diventati temi importanti per il pharma, ma possono essere anche un elemento di forza all’interno di un’azienda come la vostra?

Possono? Devono: la nostra vocazione è quella di aiutare le persone, anche all’interno dell’azienda. Vogliamo aiutare le persone a essere se stesse, a non avere preoccupazioni nel dichiarare la propria identità e le proprie preferenze sessuali. E questo vale per tutti: vogliamo evitare ogni discriminazione, non solo di genere ma anche di età, etnia, scelta religiosa. Perché nella diversità c’è ricchezza. La nostra aspirazione è anche quella di cercare di essere rappresentativi delle comunità in cui operiamo: quindi quando facciamo un colloquio di selezione non siamo attenti solo a non discriminare, ma anche a offrire opportunità di lavoro a chi questa malattia non solo la conosce, ma la vive. La nostra azienda è aperta e non vogliamo avere etichette, ma offrire pari opportunità senza pregiudizi e barriere. Non è facile, ma credo che questo sia uno dei tratti distintivi del nostro gruppo, e in questo vogliamo essere pionieri.

Un’azienda pharma arcobaleno.

Proprio così. Le racconterò di più: abbiamo l’opportunità di operare in un campus insieme a Gsk, e ho accettato la responsabilità di essere leader del gruppo Lgbt per tutte le consociate che si riconoscono nel gruppo Gsk. Questo gruppo rainbow si chiama Spectrum e ha l’obiettivo di sostenere le persone Lgbt, alle quali vogliamo offrire pari dignità, pari opportunità di sviluppo professionale ma anche di essere se stessi sul lavoro, senza nascondersi e dunque senza discriminazioni. Nel pharma, in effetti, c’è ancora molto lavoro da fare in quest’area.

 

La versione originale di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di dicembre 2021 – gennaio 2022. Ci si può abbonare al magazine di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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