In Italia 6,4 mln senza vaccini, il nodo variante Omicron

La campagna vaccinale in Italia ha ripreso a correre. Con il Natale che si avvicina e i timori per la variante Omicron, al 15 dicembre (aggiornamento ore 06.18) l’80,5% della popolazione (n. 47.696.102) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+218.456 rispetto alla settimana precedente) e il 77,6% (n. 45.975.355) ha completato il ciclo vaccinale (+144.773 rispetto alla settimana precedente). Il bilancio dell’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe segnala però anche 6,4 milioni di italiani ancora senza vaccini, fra i quali ancora tanti over 50.

Ma vediamo i dati: è in aumento nella settimana 6-12 dicembre il numero di somministrazioni (n. 3.272.324), con una media mobile a 7 giorni di oltre 460 mila somministrazioni/die: crescono dell’8,8% le terze dosi (n. 2.903.412) e del 5,8% i nuovi vaccinati (n. 236.606). I target definiti dalla struttura commissariale nel periodo 8-14 dicembre sono stati sempre superati, fatta eccezione per l’8 dicembre: complessivamente sono state somministrate 383.359 dosi in più rispetto alle 2.850.000 previste.

Nella settimana 6-12 dicembre il numero dei nuovi vaccinati è salito a 236.606 (+5,8%) rispetto ai 223.116 della settimana precedente. Ma preoccupano da un lato 2,45 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,02 milioni nella fascia 12-19 anni che aumentano la circolazione del virus nelle scuole.


Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 97,6% degli over 80 al 79,6% della fascia 12-19), così come sul fronte dei richiami, che negli over 80 hanno raggiunto il 64,6%, nella fascia 70-79 il 40,7% e in quella 60-69 anni il 32,7%. Ma se i vaccini aumentano, che tipo di protezione danno?

La necessità della dose booster è ben documentata dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, che dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo 5 mesi dal completamento del ciclo primario. In particolare:
l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 74,3% per i vaccinati entro 5 mesi al 39,6% per i vaccinati da più di 5 mesi, per poi risalire al 76,7% dopo il richiamo; l’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 92,6% per i vaccinati entro 5 mesi all’83,7% per i vaccinati da più di 5 mesi, per poi risalire al 93,3% dopo il richiamo.

Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 65,5-76,1%) e soprattutto di malattia grave (dell’82,9-93,3% per ricoveri ordinari; dell’89,9-97,1% per le terapie intensive) e decesso (del 78,9-96,7%).


Vaccini: terza dose. Al 15 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 12.563.534 terze dosi con una media mobile a 7 giorni che si è stabilizzata intorno alle 400 mila somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 20.447.664) il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è del 61,4% con nette differenze regionali, dal 45,7% della Sicilia al 71,2% della Toscana. Il dato è tuttavia sovrastimato per il mancato inserimento nella platea delle persone che a partire dal 1° dicembre hanno progressivamente raggiunto il quinto mese dal completamento del ciclo vaccinale.

C’è poi la questione variante Omicron (B.1.1.529): i dati epidemiologici provenienti dal Sudafrica e da alcuni Paesi europei (in particolare Danimarca e Inghilterra) mostrano che è più contagiosa della Delta con un tempo di raddoppio dei casi attualmente stimato intorno a 2-3 giorni. Non è ancora chiaro se la rapida crescita nei Paesi con elevati tassi di copertura vaccinale dipenda dalla capacità del virus di sfuggire alla risposta immunitaria, dall’aumento di trasmissibilità o dalla combinazione di entrambi i fattori.

Sembra inoltre emergere una maggiore incidenza di reinfezioni in persone guarite e una ridotta efficacia dei vaccini. A tal proposito, i dati del Public Health England mostrano che l’efficacia di due dosi di vaccino sulla malattia sintomatica si riduce nettamente, ma risale dopo la somministrazione della terza dose (circa 70-75%). Non ci sono ancora, tuttavia, dati robusti e conclusivi sull’efficacia dei vaccini nei confronti delle forme severe di malattia da variante Omicron.

Anche se i dati sudafricani suggeriscono che questa variante possa causare un quadro clinico meno severo e quasi tutti i casi riportati in Europa sono lievi o asintomatici, le evidenze in tal senso non sono ancora robuste. “Peraltro, anche se la malattia fosse più lieve, l’aumento consistente dei casi potrebbe comunque determinare un incremento in termini assoluti delle forme severe, con conseguente sovraccarico ospedaliero”, avvertono da Fondazione Gimbe.

In questo scenario Oms ed Ecdc hanno classificato il rischio della diffusione della variante Omicron come molto alto, raccomandando di rafforzare sorveglianza e sequenziamento, di accelerare la somministrazione di vaccini e richiami (l’Ecdc raccomanda di accorciare il tempo del richiamo a 3 mesi invece di 5) e di potenziare le misure non farmacologiche per il contenimento dell’epidemia: mascherine, distanziamento sociale ed evitare assembramenti, igiene delle mani, ventilazione degli ambienti chiusi, smartworking.

Raccomandazioni rilanciate dal presidente Nino Cartabellotta. “Il nostro Paese è entrato in una fase critica della pandemia per la convergenza di vari fattori: la stagione invernale, gli oltre 6 milioni di non vaccinati, il netto ritardo iniziale nella somministrazione delle terze dosi, le imminenti festività natalizie che aumenteranno contatti sociali e contagi e, soprattutto, la progressiva diffusione della variante omicron che secondo l’Ecdc diventerà prevalente in Europa entro i primi due mesi del 2022″, conclude l’esperto.

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