Infarto e ictus, la top ten delle terapie nel 2021

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La medicina continua a fare progressi in tanti campi, anche se l’attenzione generale è ‘distratta’ da Covid-19, in versione variante Omicron. A ricordarcelo è l’American Heart Association che sottolinea come, se è vero che da inizio della pandemia, cioè nell’arco degli ultimi due anni, 800 mila americani siano morti di Covid-19, a morire di infarto e di ictus sono oltre 800 mila americani ogni anno.

Per questo è così importante continuare a fare ricerca in questo settore e tener d’occhio i progressi nel campo della terapia delle malattie cardiovascolari e dei principali fattori di rischio e condizioni correlate, dall’obesità, al diabete, alle malattie renali. Ecco i più importanti studi e progressi registrati in questo campo nel 2021.

Il cuore dei giovani ai tempi di Covid-19. Se ne è parlato e scritto molto: tra gli effetti indesiderati dei vaccini a mRna, ma ancor più dell’infezione da Sars-CoV-2, c’è anche la miocardite, complicanza rara che colpisce in particolare i più giovani. La cosiddetta Mis-C (Sindrome da infiammazione multisistemica nei bambini), temuta complicanza di Covid-19 tra i più giovani, può avere come bersaglio anche il cuore e provocare gravi aritmie, scompenso cardiaco, dilatazione delle arterie coronarie e versamento pericardico.

In questo caso l’unica prevenzione possibile è rappresentata dal vaccino. Ma uno dei timori che più frenano il ricorso alla vaccinazione nei più giovani è proprio la miocardite da vaccino a mRna. Gli esperti gettano tuttavia acqua sul fuoco. In uno studio massivo condotto in Israele, su oltre 5 milioni di vaccinati dai 16 anni in su, sono stati registrati 136 casi di miocardite sicura o probabile, solo uno dei quali con esito fatale. Il rischio di sviluppare questa condizione appare maggiore entro una settimana dalla seconda dose e più nei maschi (4 casi su 100.000), che nelle femmine (1 caso su 100.000); i più a rischio sono i maschi di 16-19 anni (15 casi su 100,000 vaccinati) e quelli di 20-24 anni (11 casi su 100.000 vaccinati). Si tratta insomma di evenienze molto rare; la maggior parte di queste miocarditi sono di entità lieve-moderata e si risolvono spontaneamente. È il motivo per cui le principali società scientifiche di cardiologia internazionali continuano a raccomandare la vaccinazione, ricordando che l’infezione da Covid-19 espone a rischi ben maggiori sul fronte di complicanze cardiache, ictus e trombosi.

Un altro vaccino salva-vita e salva-cuore: quello contro l’influenza. Vaccinare le persone contro l’influenza entro 72 ore da un infarto o da una procedura sulle coronarie può dare benefici che vanno ben oltre la stagione influenzale, come dimostra uno studio pubblicato su Circulation. Lo studio è stato condotto su oltre 2.500 pazienti; ad una metà è stato somministrato il vaccino antinfluenzale, agli altri un placebo. A distanza di un anno, i vaccinati presentavano una riduzione del 28% del rischio di un infarto o di mortalità per tutte le cause e un abbattimento del 41% della mortalità per cause cardiovascolari.

Potassio al posto del sodio, per insaporire i cibi senza far alzare la pressione. Sostituire il 25% del comune sale da cucina (cloruro di sodio) con del cloruro di potassio, rende i cibi appetitosi, proteggendo dall’ipertensione. Lo dimostra uno studio enorme, il Salt Substitute and Stroke Study condotto in Cina su oltre 21 mila persone con pregresso ictus o over 60 con ipertensione non controllata. A distanza di 5 anni, con la mistura di sale e potassio, il tasso di ictus si è ridotto del 14%.

Nel caso dell’ictus, il tempo è ‘cervello’. È una corsa contro il tempo quella dei trattamenti anti-ictus perché è proprio il tempo a fare la differenza. A Houston e in altre 6 città americane ci hanno provato con una speciale ambulanza, con a bordo una vera e propria stroke unit: una Tac e un laboratorio per una diagnosi super tempestiva di ictus, personale appositamente addestrato e la possibilità di fare un trattamento trombolitico direttamente sul posto. Oltre a salvare vite, questa super-ambulanza ha risparmiato anche tanta disabilità.

Cuore di mamma: la presenza di fattori di rischio in gravidanza mette a rischio la salute dei figli. Se il cuore di una donna in gravidanza non è in buona salute (per la presenza di obesità, diabete, ipertensione, colesterolo alto o per il fumo), questo può avere ripercussioni negative sul cuore dei figli negli anni a venire, in particolare intorno ai 10-14 anni. Lo rivela uno studio pubblicato su Jama.

Polipillola: il ‘coltellino svizzero’ della prevenzione cardiovascolare. Assumere con un’unica pillola un farmaco anti-colesterolo (simvastatina) e una serie di antipertensivi (diuretico, atenololo, ramipril) riduce il rischio di eventi e mortalità cardiovascolare del 31%, come dimostra uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Semaglutide: il primo farmaco anti-obesità approvato dall’Fda dal 2014. Dopo essere stato usato per il diabete di tipo 2, semaglutide, somministrato per iniezione sottocutanea una volta alla settimana, è entrato ufficialmente nell’armamentario dei farmaci per il trattamento cronico dell’obesità, grazie ai risultati del programma di studi Step. E la lotta all’obesità si conferma una priorità nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, anche alla luce dei risultati di uno studio canadese, pubblicato su Circulation che dimostra come, i pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica abbiano un rischio del 42% inferiore di morire di infarto e ictus, o di essere ricoverati per scompenso cardiaco.

SGLT-2 inibitori: quei farmaci anti-diabete che fanno bene al cuore. Sempre mutuati dal campo del diabete sono gli SGLT-2 inibitori, farmaci in compresse che, oltre che garantire un buon compenso metabolico, proteggono cuore e reni dei pazienti, a prescindere dal fatto che siano diabetici o meno. Sono in particolare uno scudo di protezione prezioso contro la mortalità per scompenso cardiaco e i ricoveri per le riacutizzazioni di questa condizione.

Finerenone e efpeglenatide: parola d’ordine, proteggere il cuore, i reni e la vita delle persone con diabete. Chi è affetto da diabete ha un rischio almeno raddoppiato di sviluppare e soccombere alle malattie cardiovascolari, mentre l’insufficienza renale cronica rappresenta una complicanza a lungo termine per molte di queste persone. Per questo è prioritario sviluppare terapie volte a proteggere cuore e reni delle persone con diabete. Gli studi del programma Figaro hanno dimostrato i benefici del finererone (un diuretico antagonista recettoriale dei mineralcorticoidi in compresse) nel proteggere le persone con diabete dalla morte per malattie cardiovascolari e dal peggioramento della funzionalità renale. Interessanti anche i risultati dello studio Amplitude-O, condotto con il efpeglenatide (un agonista recettoriale del GLP-1, somministrato con un’iniezione sottocute a settimana), che ha ridotto del 27% la comparsa di infarto, ictus e la mortalità per malattie cardiovascolari e non, in una popolazione di persone con diabete.

La medicina di precisione fa il suo ingresso in cardiologia. Buone notizie anche per le persone affette da due gravi malattie rare cardiologiche: l’amiloidosi da transtiretina (o amiloidosi Attr) e la distrofia muscolare di Duchenne. Nel primo caso, un farmaco (NTLA-2001) messo a punto con la tecnologia Crispr-Cas9 di editing genico (che nel 2020 è valsa alle sue scopritrici il premio Nobel) e somministrato attraverso un’unica infusione endovenosa, è andato a colpire il gene responsabile della produzione della proteina ‘fallata’ TTR, andando così a correggere il difetto alla base della malattia. Lo studio, condotto su sei volontari con amiloidosi da transtiretina ereditaria, ha dato ottimi risultati. E restituito la speranza (è una terapia ancora sperimentale) a chi è affetto da questa condizione.

Ed è sempre la Crispr protagonista di un’altra terapia sperimentale, questa volta destinata ai pazienti con distrofia muscolare di Duchenne, malattia rara che interessa un ragazzo su 5.000, determinando un progressivo deterioramento dei muscoli e una grave forma di cardiomiopatia dilatativa. In questo caso, un gruppo di ricercatori texani, ha utilizzato delle cellule staminali pluripotenti, sottoponendole a editing genico, così da trasformarle in cellule muscolari cardiache; un giorno potrebbero essere usate per sostituire quelle danneggiate dalla malattia. Un approccio promettente, ancora però molto lontano dalla pratica clinica.

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