Impennata dei ricoveri Covid negli ospedali italiani

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E’ suonato l’allarme posti letto Covid negli ospedali italiani. I numeri della pandemia, che di giorno in giorno segnano nuovi record – il bollettino di ieri indicava 220.532 contagi e 294 morti in Italia – finiscono per pesare anche sulla gestione ospedaliera. Con le strutture che tornano a riempirsi di pazienti positivi a Covid-19. E specialisti preoccupati per il futuro dei pazienti, specie i più fragili. 

Ma che cosa sta accadendo? Ancora una volta la ‘fotografia’ più aggiornata ci arriva dalla Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). In una settimana i ricoveri Covid negli ospedali sentinella Fiaso crescono del 32%. “È la più veloce accelerazione registrata in due mesi dal monitoraggio degli ospedali sentinella” avviato dalla Federazione. L’ultimo report comprende 20 strutture sanitarie e ospedaliere e 4 ospedali pediatrici distribuiti su tutto il territorio italiano. La rilevazione è stata effettuata l’11 gennaio e riguarda un totale di 2.183 pazienti adulti e 120 pediatrici.

Ebbene, con il montare della variante Omicron, e l’effetto legato alle feste di fine anno, il report evidenza un aumento dei ricoveri pari al 32%, con una decisa accelerazione rispetto alla scorsa settimana quando l’incremento era stato del 26%. Un dato in linea con l’aumento dell’incidenza registrato nelle ultime settimane e che pone un allarme sui posti letto riservati all’assistenza di pazienti positivi al Sars-Cov-2.

E’ anche vero che la Fiaso ha già spiegato come in ospedale, nei reparti Covid, oggi troviamo anche pazienti scopertisi postivi per caso, magari in seguito a tamponi effettuati prima di un ricovero necessario per altri problemi di salute. Ma l’afflusso massiccio di positivi inizio a impattare pesantemente sulle strutture, e sulla gestione delle patologie non Covid.

“Alla luce dell’andamento epidemiologico, l’impegno delle Aziende sanitarie e ospedaliere è notevole e lo sarà di più anche in considerazione di una nuova classe di pazienti che, positivi al virus Sars-Cov-2, hanno una patologia di base per la quale è necessaria l’assistenza sanitaria specialistica”, sottolinea Giovanni Migliore, presidente Fiaso.

La presenza di pazienti positivi ma con altre malattie, infatti, “impegna ancora di più le aziende da un punto di vista organizzativo: si tratta di pazienti che sono positivi e occupano posti letto Covid, ma hanno bisogno di un’assistenza interdisciplinare che ci obbliga, dunque, a duplicare i percorsi organizzativi”.

Ma come gestire questa nuova realtà? “Sarà necessario individuare strutture assistenziali dove, attraverso l’intervento di più specialisti insieme dal cardiologo al neurologo fino all’ortopedico, questi pazienti possano trovare risposte: dovrà essere lo specialista a spostarsi verso il paziente e non il contrario”, insiste Migliore.

“L’alto numero di contagi impone, comunque, provvedimenti che limitino la circolazione del virus e che incentivino ulteriormente le vaccinazioni e le somministrazioni di terze dosi”.

Dall’analisi emerge inoltre che nei reparti ordinari di area medica, incluse le subintensive, la crescita maggiore riguarda i soggetti vaccinati e, in ragione di tale aumento, la proporzione dei vaccinati (55%) fra i ricoverati in area medica supera quella dei non vaccinati (45%). Un dato che, evidenziano gli esperti Fiaso, va letto attentamente. Le infezioni ampiamente circolanti al momento incontrano più facilmente, come è logico, la massa di vaccinati, molto più estesa rispetto ai non vaccinati. Ed è normale che i più fragili fra i primi possano ammalarsi e finire in ospedale ma con sindromi non gravissime o, pur se positivi al Sars-Cov-2, essere ricoverati per altre malattie.

Le diverse proporzioni nelle terapie intensive, con una costante netta prevalenza dei non vaccinati, “confermano come il vaccino offra un’ampia protezione dalla malattia da Covid e dalle sue gravi conseguenze”.

Insomma, della gran massa dei vaccinati, una parte di soggetti particolarmente fragili si ammalano e possono essere ricoverati, ma è veramente piccolo il numero di coloro che ha problemi molto gravi e finisce in rianimazione. il 72% dei vaccinati ricoverati, infatti, è affetto da gravi comorbidità, mentre circa la metà dei pazienti non vaccinati (47%) era in completa buona salute prima di Covid. Permane, inoltre, la differenza di età fra vaccinati e non: i primi hanno in media 71 anni, i secondi 65 anni.

Il focus sulle terapie intensive – In una settimana la crescita nelle terapie intensive negli ospedali sentinella Fiaso è stata del 18%. La proporzione tra pazienti vax e no vax rimane stabile: i non vaccinati ricoverati in rianimazione sono il 67% del totale. La metà di no vax, il 54%, prima di finire in ospedale, godeva di buona salute e non aveva comorbidità.
Di contro i vaccinati in terapia intensiva sono il 33%: due su tre sono affetti da altre gravi patologie che potrebbero aver determinato una ridotta efficacia del vaccino e per l’85% dei casi sono persone a cui sono state somministrate due dosi di vaccino da oltre 4 mesi e non hanno ancora ricevuto la terza dose.

“L’aumento dei contagi con il conseguente incremento dei ricoveri costringe le aziende sanitarie e ospedaliere a uno sforzo importante in questa fase della pandemia. Molte strutture, grazie all’esperienza ormai acquisita in quasi due anni, stanno attivando ulteriori posti letto per far fronte alle crescenti ospedalizzazioni. Quello che emerge dai dati dei ricoveri in terapia intensiva – commenta Giuseppe Quintavalle, direttore generale del Policlinico Tor Vergata di Roma – è ancora una volta la forte presenza, per la stragrande maggioranza dei pazienti, di non vaccinati: bisogna continuare a spingere la campagna vaccinale. Inoltre, il ripetuto sollecito all’effettuazione della terza dose, anche anticipando la scadenza dopo il quarto mese, diventa stringente. L’aumento della quota di ricoverati con l’ultima dose fatta oltre sei mesi prima, infatti, suggerisce anche che c’è un discreto numero di persone che rimanda la terza dose”.

Il focus sui pazienti pediatrici – Nella settimana 4-11 gennaio la crescita dei pazienti pediatrici sembra essersi arrestata. L’età media ponderata è di 4,3 anni. La classe di età maggiormente colpita si conferma essere quella 0-4 anni, a essere colpiti sono in particolare i bambini molto piccoli, fra 0 e 6 mesi, che costituiscono il 42% dei pazienti pediatrici ricoverati.

Dei bambini nei primi sei mesi di vita il 24% aveva entrambi i genitori vaccinati, il 37% il solo padre, il 10% la sola madre, il restante 29% nessun genitore vaccinato. Significa che nella fascia di età fra 0 e 6 mesi ben il 76% dei piccoli ricoverati aveva almeno un genitore non vaccinato. “Appare importante da questi dati la vaccinazione dei genitori per la protezione dei bambini molto piccoli”, concludono gli autori del report.

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