Detective delle epidemie, Greco: ‘Dal passato una lezione per Covid’

Covid Greco
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Se la storia è maestra di vita, dalle epidemie del passato arriva una lezione preziosa, quella dei ‘detective delle epidemie’, scienziati in grado di ‘ricostruire’ sul campo il comportamento di un patogeno. Una lezione dimenticata in Italia nel primo approccio alla pandemia di Covid-19.

E’ mancata, infatti, l’epidemiologia di campo, quella che portava gli esperti di igiene e sanità pubblica a uscire dai laboratori e ‘battere il terreno’, interrogando le persone e cercando di capire come intervenire in modo mirato, efficace, ma anche sostenibile. “L’epidemiologia di campo permette di aggiungere intelligence alla conoscenza di una malattia”, spiega a Fortune Italia Donato Greco, socio onorario della Società Italiana d’Igiene e membro del Comitato Tecnico Scientifico per l’emergenza Covid-19.

Greco, che ha diretto per anni il Laboratorio di epidemiologia e biostatistica dell’Istituto superiore di sanità, e racconta la sua esperienza in un libro, “Le mie epidemie” (Scienza Express), scritto in collaborazione con la giornalista scientifica Eva Benelli. Ricostruendo vicende che vanno dal colera di Napoli all’epidemia di ebola scoppiata in Africa, passando per diverse altre che, in passato, hanno colpito il nostro Paese e diversi altri in tutto il mondo.

“Noi contiamo positivi, ricoverati, morti, ma non sappiamo molte misure di contenimento di quanto riducono il rischio di contagio. L’epidemiologia di campo – spiega Greco – studia le infezioni associate a un certo comportamento, per dirci quanto è alta la probabilità di contagio. Questo ci permette di intervenire in modo mirato, chirurgico. E di adottare misure di riduzione del rischio indirizzate dall’evidenza scientifica, non generiche, confrontandole con il costo anche economico dell’intervento stesso. Questo purtroppo all’inizio non è stato fatto”.

Quando a distanze e mascherine, “il distanziamento sociale esiste nelle epidemie da quando sono documentate, e le mascherine da centinaia di anni. I dati però ci dicono che in questo modo è sparita l’influenza, non Covid. L’epidemiologia di campo, ad esempio nel caso del colera, ci ha permesso di dire che chi nell’agosto del ’73 ha mangiato cozze crude aveva 18 volte più probabilità di contrarre il colera rispetto a chi non lo aveva fatto, e di sconsigliare le cozze crude”.

Per evitare di prendere misure generiche, con costi pesanti non solo per l’economia ma anche per la tenuta psicologica di un Paese, è dunque cruciale l’epidemiologia di campo. “Per combattere e prevenire le malattie infettive bisogna studiarle, mettere l’orecchio sul campo, fare un’indagine e ascoltare le persone – afferma Greco – Ricostruire la catena di contagio, i contatti, indagare resta fondamentale”.

E se oggi nella quarta ondata le scuole sono osservate speciali, l’esperto sottolinea: “La scuola non è stato il focolaio principale di trasmissione per Covid. Mentre il danno dell’interruzione scolastica è ormai evidente e di grande impatto economico, psicologico e sociale. Stiamo parlando di un virus nuovo, contro il quale i bambini non hanno una memoria immunitaria. Sappiamo che la propagazione del virus nella popolazione infantile presenta dei rischi per la salute. Dunque man mano che la vaccinazione infantile procede, occorre rimodulare le misure di mitigazione, dalle quarantene, ai tamponi. Ma sappiamo anche che la strategia è immensamente a favore dell’apertura delle scuole”.

Ricordando ancora l’epidemia di colera degli anni Settanta, Greco cita la vaccinazione di massa, realizzata su iniziativa dell’Unità navale di sanità americana collocata nella base Nato di Pozzuoli. “Ci fu una corsa al vaccino, con un milione di vaccinati in una settimana. Ma l’efficacia fu solo del 5%. E anche la strategia era sbagliata, perché il colera non si trasmette da persona a persona ma per ingestione”.

Sempre guardando al passato, la pandemia da Sars-Cov-2 è stata più volte paragonata alla Spagnola. “Il confronto con la Spagnola è infelice – avverte Donato Greco – E’ vero che si trattò di un virus respiratorio nuovo che fece moltissime vittime, ma se il virus della Spagnola ci mise 18 mesi per attraversare il pacifico, la Sars-Cov-2 in un mese e mezzo ha conquistato il mondo. E poi nel 1918 non c’era difesa antibiotica. Adesso abbiamo una popolazione che, almeno in Europa, è vaccinata o con esperienza di malattia e ci aspettiamo presto la fine dell’ondata invernale: la situazione – conclude – dovrebbe andare verso una convivenza più tranquilla con il virus intorno a marzo-aprile“.

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