Donne e scienza, una ricchezza anche per l’agricoltura

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Da Ipazia a Rita Levi Montalcini, passando per Marie Curie e Laura Bassi, le donne che hanno scritto la storia della scienza sono innumerevoli, esempi intramontabili e fonte inesauribile di ispirazione. Eppure, secondo Almalaurea, nel 2021 solo il 18,9% delle ragazze italiane ha scelto all’Università materie STEM, acronimo inglese per science, technology, engineering e mathematics.

Rispetto all’anno precedente, l’aumento registrato è stato lievissimo (l’ISTAT certificava nel 2020 che a scegliere le STEM erano il 17% delle ragazze iscritte a percorsi universitari), ma, anche se tale crescita è incoraggiante, queste percentuali restano ancora troppo basse per un mondo che oggi è plasmato dalla scienza e dalla tecnologia.

Innovazione, sostenibilità e digitalizzazione sono i tre pilastri su cui si regge il futuro delle nostre società e – anche se a volte non lo pensiamo – dell’agricoltura, perché è nei laboratori di Ricerca e sviluppo che si costruiscono le soluzioni per affrontare le sfide di domani e che interessano beni primari della nostra vita comune. Se questo però è il futuro, perché allora le donne vi sono strutturalmente tagliate fuori? Le radici del problema affondano in un retroterra culturale che ci limita e distrae: le scienze e le tecnologie, così come il mondo dell’agricoltura, tutt’oggi sono spesso considerate “cose da uomini”, “scienze hard” poco affini all’immagine di donna disegnata ancora in prevalenza presso l’opinione pubblica. Un retaggio che il mondo moderno deve lasciarsi alle spalle, nonostante questo richieda un processo complesso, in molti casi lungo, che chiama in causa consuetudini in alcuni settori ancora fortemente radicate. Ma è una transizione necessaria che ha bisogno di donne che sono pronte a cambiare questo stereotipo.

A livello globale, la ricerca scientifica già da anni ha mosso i primi passi per diventare genderless: la leadership femminile sta aumentando in tutto il mondo, ed è questo lo scenario che dobbiamo raccontare alle ragazze che guardano con curiosità all’universo STEM o al mondo dell’imprenditoria agricola. Per valorizzare il loro talento, aziende e istituzioni possono camminare fianco a fianco e investire sia in formazione sia in comunicazione.

I 500 milioni destinati nell’ambito del PNRR in Italia – sotto forma di borse di studio – alle studentesse che scelgono le discipline STEM è in tal senso un passo importante, ma perché la percezione di questi settori cambi, anche le imprese devono contribuire. Lavorare per rafforzare le partnership con le Università, per accompagnare i ragazzi nella transizione tra mondo della scuola e mondo del lavoro, ma soprattutto per raccontare le possibilità a cui le eccellenze di tutto il mondo possono accedere.

Fare ricerca e sviluppo in campo agricolo ha uno scopo preciso che va ben oltre la curiosità scientifica. Consiste infatti nell’opportunità di “creare scienza” a beneficio della natura promuovendo così il benessere stesso delle persone.

Nutrire il mondo caratterizzato da un clima in continuo cambiamento sarà una delle più grandi sfide che dovremo affrontare e, per farlo, avremo bisogno di più donne di scienza, appassionate e curiose rispetto alla scienza biologica, alla biodiversità, alla chimica e alle piante.

In Syngenta, più del 40% delle posizioni in ricerca e sviluppo è ricoperto da donne che agiscono come modelli per una futura generazione di scienziate condividendone la stessa passione. Investiamo oltre 1,4 miliardi di euro all’anno – tra agricoltura digitale, innovazione, sementi e crop protection – e come noi così anche centinaia di altre imprese. D’altra parte, la ricerca è il futuro, e il futuro non conosce frontiere, di genere, di opportunità e di valore.

* Camilla Corsi è responsabile della ricerca Crop Protection di Syngenta. Si occupa di nuove sostanze chimiche e biologiche per la gestione dello stress biotico e abiotico. Coordina un team di circa 700 scienziati in cinque siti di ricerca nel mondo.

 

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