Covid, ultime novità su variante Omicron e vaccini

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Un’altra settimana inizia con numeri Covid in netto calo in Italia, così come (finalmente) anche i decessi: nelle scorse 24 ore sono stati 51.959 i contagi e 191 i morti. Numeri che risentono  dell’effetto ‘fine settimana’, ma che rischiano di ingenerare una falsa sicurezza nella popolazione, come temono autorità ed esperti.

“Siamo ancora in fase pandemica, non ne siamo usciti. Lo ha ribadito anche l’Ecdc”, ha ricordato il (sempre cauto) ministro della Salute, Roberto Speranza. “Certo, oggi va molto meglio, grazie ad una campagna di vaccinazione straordinaria che sta piegando la curva, il tutto senza ricorrere a grandi chiusure”.

Ma se, come ha detto l’European Centre for Disease Control and Prevention “Omicron non sarà l’ultima variante e la pandemia non è finita”, nel Vecchio Continente è diffusa la sensazione di essersi messi ormai il peggio alle spalle. Anche grazie alla corsa di Omicron. Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’Istituto superiore di sanità la data ufficiale della conquista del Paese è il 31 gennaio: la variante Omicron ha raggiunto una prevalenza de 99,1%, con una variabilità regionale tra il 95% e il 100%. Mentre la Delta è schiacciata allo 0,9% del campione esaminato (range: 0% -5%).

E proprio la messa a punto di un vaccino in grado di far scudo contro varianti vecchie e nuove sembra la sfida più pressante per i laboratori di ricerca di tutto il mondo. Nella corsa c’è anche l’Italia, con i ricercatori dell’Iss. Lo studio preclinico su modelli animali di topo ha evidenziato, come si legge su ‘Viruses’, il potenziale di una nuova piattaforma vaccinale contro il nuovo coronavirus.

Lo studio, condotto dai ricercatori del Centro nazionale per la Salute Globale dell’Iss, ha dimostrato che questo nuovo approccio innovativo genera una risposta immunitaria efficace e duratura nei roditori infettati con Sars-CoV-2.

Ma come funziona il nuovo potenziale ‘scudo’? Se fino a ora i vaccini anti-Covid erano mirati alla proteina Spike, la strategia Iss ha come bersaglio la proteina N, che non mostra quasi nessuna mutazione tra le varianti Sars-CoV-2 finora note. Il metodo genera inoltre una memoria immunitaria a livello polmonare che, secondo i ricercatori, potrebbe essere garanzia di un effetto protettivo duraturo nel tempo. Proprio quello che sembra mancare ai prodotti anti-Covid in uso.

Questa strategia è basata sulla ingegnerizzazione delle nanovescicole naturalmente rilasciate dalle cellule muscolari, e potrebbe superare i limiti degli attuali vaccini relativi al decadimento degli anticorpi e alla perdita di efficacia contro le varianti emergenti.

Quando le vescicole extracellulari vengono caricate – come navicelle – con la proteina N, si può generare una reazione immunitaria in topi tale da indurre una sostanziale protezione dall’infezione con cariche virali molto elevate. “Tutte le cellule rilasciano costantemente minuscole vescicole a base lipidica definite vescicole extracellulari”, ha spiegato Maurizio Federico, responsabile del Centro e autore senior dello studio. E la nuova tecnica “è in grado di caricare queste nanovescicole naturali con proteine di Sars-CoV-2. Queste nanovescicole, così ingegnerizzate, vengono elaborate dal sistema immunitario in modo da generare una forte immunità cellulare orchestrata da una famiglia di linfociti identificata come linfociti CD8”.

Ora si tratta di definire sicurezza e tollerabilità, prima di disegnare gli studi clinici necessari a far vedere la luce a questo nuovo vaccino anti-Covid.

Sempre dall’Iss arrivano risultati interessanti anche sul fronte vaccini e rischio di morte per Covid-19. La mortalità standardizzata per età per i non vaccinati (103 decessi/100.000) è 9 volte più alta rispetto ai vaccinati ciclo completo ≤ 120 giorni (12 decessi /100.000) e ben 23 volte più alta rispetto ai vaccinati col booster (4/100.000). Dati che mostrano, nero su bianco, l’importanza di proteggersi contro Covid-19.

Resta però il problema delle reinfezioni, cruciale anche per nel dibattito sulla quarta dose. Se all’inizio della pandemia il rischio di nuovo contagio sembrava remoto, col tempo – e con le varianti – si è visto che non è così. Dal 24 agosto 2021 al 9 febbraio 2022 sono stati segnalati 202.799 casi di reinfezioni solo in Italia, pari a 2,9% del totale dei casi notificati. Sempre secondo l’Istituto superiore di sanità, nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni
sul totale dei casi segnalati è salita al 3,2%, stabile rispetto alla settimana precedente. Un nuovo vaccino più efficace contro le varianti potrebbe essere utile anche su questo fronte.

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