Ricerca clinica, 86 studi a rischio per decreti mancati

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Un (ennesimo) ritardo che rischia di costare caro al nostro Paese, in termini economici ma anche di accesso all’innovazione pharma da parte dei pazienti. Causando una perdita, o meglio una ‘migrazione’ al di fuori dall’Italia, di decine di studi clinici e dei relativi investimenti.

Ma qual è il problema? E’ entrato in vigore il 31 gennaio scorso il nuovo Regolamento europeo sulla sperimentazione clinica. Un provvedimento che migliora e snellisce le norme necessarie allo sviluppo dei nuovi farmaci, ma che “non potrà essere pienamente operativo da subito, a causa della mancata realizzazione dei decreti che riguardano appunto lo sviluppo dei nuovi farmaci da parte delle imprese”, avvertono le industrie del farmaco attive nel nostro Paese.

A conti fatti, secondo un’indagine Farmindustria – con la partecipazione di un campione rappresentativo composto da 34 imprese impegnate in ricerca clinica – su 396 studi clinici da avviare nel 2022, 86 saranno svolti secondo la nuova normativa comunitaria. E, quindi, rischiano di essere effettuati all’estero in assenza dei decreti attuativi.

Così meno pazienti italiani avranno l’opportunità di entrare in una sperimentazione in cui vengono impiegati trattamenti innovativi, si ridurrà la crescita professionale dei ricercatori e di tutto il personale coinvolto, e ci saranno anche meno investimenti delle imprese del farmaco nelle strutture del Servizio sanitario nazionale.

Di che cifre parliamo? Secondo le stime del Laboratorio sul Management delle Sperimentazioni Cliniche di Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari – Università Cattolica di Roma) se non partissero gli 86 studi ‘in bilico’, si perderebbero investimenti tra i 75,5 e i 93,6 milioni di euro, pari al contributo totale dato dalle imprese ai centri clinici attraverso la fornitura gratuita dei farmaci ai pazienti coinvolti e la copertura dei costi connessi ai trial.

Una situazione che rischia di impattare anche sui futuri investimenti pharma, facendo perdere terreno al nostro Paese. L’Italia ha infatti un ruolo di primo piano nella R&S clinica, grazie anche alla sinergia e al collaborativo network con istituzioni, università e centri di ricerca. “Ruolo che vogliamo mantenere e sviluppare per diventare ancora di più un punto di riferimento europeo – sottolineano da Farmindustria – Ecco perché l’emanazione dei decreti attuativi è un “must” per evitare di percorrere una strada sempre più in salita rispetto ai competitor internazionali”.

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