Record italiano di morti per Covid, l’analisi di Guido Rasi

Rasi Covid
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“Abbiamo la mortalità per Covid più alta dell’Europa occidentale”. A sottolinearlo a Fortune Italia è Guido Rasi, consulente del commissario straordinario per l’emergenza Covid Figliuolo, già direttore esecutivo dell’Ema, docente di Microbiologia all’Università Tor Vergata di Roma.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il record europeo assoluto, sia nei casi che nelle morti, è della Russia, che conta oltre 1,2 mln positivi segnalati (-7%) e 5.252 morti (+9%). Alle sue spalle per quanto riguarda le vittime c’è proprio l’Italia, che questa settimana ha avuto 2.024 decessi, cioè 3,4 ogni 100.000 abitanti.

Siamo stati colpiti per primi dal virus dopo la Cina e abbiamo una popolazione anziana, ma questi elementi bastano a spiegare i numeri dei morti in Itali, arrivati ormai a 153.764? “Mentre nella prima ondata queste giustificazioni potevano avere una logica – risponde Rasi –  poi abbiamo mantenuto durante tutte le fasi un tasso di mortalità tra i più alti in Europa occidentale“. Ma allora come si spiegano tutti questi morti? “Dobbiamo tener conto anche del fatto che i nostri ospedali non sono mai andati realmente sotto pressione, come invece è accaduto in Inghilterra. Insomma il sistema ospedaliero ha retto, quello che non ha funzionato è stato il raccordo con il territorio“, afferma Rasi.

E questo ce lo dicono anche i consumi dei farmaci. “Per una popolazione che ha avuto 5 milioni di infetti, al 24 novembre aver usato 40mila monoclonali (senza considerare la variante Omicron), evidenzia che questi farmaci non sono stati utilizzati”. Per l’ex dg Ema la conclusione è chiara: “Non sono state superate le difficoltà logistiche di utilizzo” dei farmaci anti-Covid.

Non solo. Sempre in tema di morti per Sars-Cov-2 “ci sono grandi disomogeneità sul territorio: abbiamo zone in Italia dove la mortalità è molto più bassa che in altre. Che vuol dire? Si sono applicati standard di cura diversi. Era compito delle istituzioni valutare rapidamente dove i risultati erano migliori e farli diventare lo standard, diffondendo le best practices”.

Sono molti i fattori che possono aver influito sulla gestione dei pazienti, dai parametri scelti per valutarne la gravità, al tempo trascorso prima della visita, o del ricovero. “L’analisi della strategia applicata là dove le cose sono andate meglio è fondamentale per omogeneizzare i risultati migliori“, evidenzia Rasi.

Invece è come se “ci si aspetti che il vaccino faccia tutto da solo. E’ vero, siamo stati fra i migliori al mondo con le vaccinazioni, anche se abbiamo dovuto chiamare i militari per farlo, e l’hanno fatto bene. Ma se il vaccino è un pilastro, occorrono anche le tettoie” a un edificio in grado di proteggerci da Sars-Cov-2.

Tra l’altro con la fine dello stato di emergenza i militari ‘lasceranno’ il campo. Sarà un problema? “Io spero davvero che non ci sia più bisogno di una vaccinazione di massa: la quarta dose per tutti è la mossa estrema. Ci aspettiamo una ripresa di infezioni da Omicron in autunno, e dobbiamo avere una ragionevole certezza che la nostra seconda linea di difesa ci dia una malattia lieve, questo è uno scenario accettabile e gestibile. Oppure – ipotizza – avremo un altro miracolo dopo i primi 4 vaccini, ovvero un prodotto che crea un’immunità di tipo mucoso e protegge dal contagio. Non sarebbe una quarta dose, in effetti, ma un vaccino modificato, profilattico anche per il contagio. Per ora non c’è”.

Nel frattempo è prioritario colmare il gap burocratico che ancora oggi complica l’utilizzo dei farmaci anti-Covid sul territorio. “Alcuni medicinali anti-Covid vanno gestiti in ospedale, altri sono gestibili sul territorio e in alcuni casi senza nessuna complicazione logistica reale. Ma certo – riflette Rasi – occorrerebbe dare delle linee guida molto chiare ai medici di medicina generale e stabilire una linea di contatto fra questi e gli specialisti Covid per la gestione dei casi dubbi. Insomma, si tratta di mettere i medici di famiglia nelle condizioni di usare queste terapie” senza inutili perdite di tempo. “Sono farmaci che vanno usati nei primi 5 giorni”.

Ancora oggi, invece, il percorso troppo spesso è ad ostacoli. E 5 giorni passano velocemente. “Un giorno intero serve al medico per osservare il paziente e capire che severità può avere. Poi si inizia a compilare moduli, aspettare la risposta, vedere che il farmaco sia disponibile sul territorio. Non è un sistema logico in una situazione di pandemia. Perché, per quanto le cose stiano andando meglio – conclude Rasi – siamo ancora in pandemia: abbiamo 50mila casi al giorno di Covid”. E le morti non si sono interrotte.

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