Istat: -12 mln di italiani fra 50 anni. La ricetta del pharma per la natalità

Farmindustria
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Saremo sempre meno. Il crollo della natalità è un dato di fatto, ma le conseguenze si faranno sentire nei prossimi anni. Secondo le proiezioni dell’Istat, l’Italia è destinata a spopolarsi: da qui a 50 anni perderemo qualcosa come 11-12 milioni di residenti, passando da quasi 60 milioni a 47,6 mln nel 2070.

La nostra popolazione sarà sempre più vecchia: il rapporto anziani-giovani sarà di 3 a 1, e a pagare di più in termini di spopolamento saranno soprattutto i piccoli comuni e le aree rurali, specie nel Meridione. Ad abitare la Penisola saranno così “più famiglie, ma più piccole o senza figli, insieme a tante persone sole”. La ‘fotografia’ del cambiamento demografico arriva dalle proiezioni statistiche presentate da Marco Marsili, della direzione centrale delle statistiche demografiche Istat, intervenuto all’incontro promosso da Farmindustria per l’8 marzo: ‘Le imprese del farmaco per la natalità. Welfare e cure’.

Numeri che fanno riflettere. E che sono il frutto di anni di nascite in calo, abbinati a  quelle che l’esperto ha chiamato ‘trappole demografiche‘: “Abbiamo sempre meno donne in età fertile”, spiega. Ecco perché invertire il trend pare impossibile. Ma Marsili ha spiegato anche che esiste un margine di incertezza, legato all’impatto delle nuove politiche per la natalità e all’effetto della migrazione. Su questo fronte gli arrivi sono stati in anni pre-Covid pari a “circa 140mila unità l’anno, ma anche in questo caso non mancano incertezze, legate alle politiche migratorie e alla ‘fuga dei cervelli'”. Migranti che arrivano e italiani che se ne vanno, dunque.

Ecco che appare centrale per il futuro del Paese adottare politiche per favorire la natalità. Un tema chiave anche per le imprese del farmaco, che concretamente, attraverso welfare e cure, vogliono dire stop al declino demografico. E questo perché senza donne e giovani non può esserci innovazione né futuro. Né, tantomeno, crescita economica.

“Questo è il momento per ripartire, e dobbiamo farlo dalle donne”, ha sottolineato Enrica Giorgetti, direttore generale di Farmindustria, citando quattro parole chiave per uscire da questa emergenza: donne, welfare,  ricerca, giovani. Nel pharma “abbiamo già sfondato il soffitto di cristallo, e ce lo dicono i numeri: le donne – ha aggiunto Giorgetti – sono il 43% del totale degli addetti, molto più che negli altri settori (29% in media). Una quota che è identica tra i dirigenti e i quadri. Nella ricerca poi, le donne superano il 50%, e sfiorano il 50% tra gli under 35, con punte del 55% tra dirigenti e quadri”. Dunque il ricambio generazione “nell’industria del farmaco è garantito”, ma il settore è peculiare anche per altri aspetti.

A fronte di una situazione che vede l’Italia caratterizzata da poco meno di 400mila nascite l’anno,”l’industria farmaceutica è il primo settore manifatturiero per sostegno alla natalità, con un numero di figli superiore alla media nazionale del 45% – ha rivendicato il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi – e credo che questo sia dovuto a politiche che, nel tempo, hanno favorito natalità e famiglia”.

“Abbiamo messo in campo numerose misure che favoriscono la conciliazione vita-lavoro, soprattutto delle donne, che sono i principali caregiver della famiglia.  Dagli studi che abbiamo fatto ci siamo resi conto che si occupano della famiglia, dei figli, dei genitori, ma meno di se stesse. Nelle nostre imprese da sempre abbiamo avuto un’attenzione al welfare, per dare alle donne le stesse opportunità”.

Nel 91% delle aziende del farmaco sono presenti da molto tempo – e ben prima della pandemia – forme di flessibilità oraria e misure quali il part time, lo smart working, la flessibilità in ingresso e uscita, i permessi retribuiti aggiuntivi. “Non solo, abbiamo cercato di mettere a disposizione screening per la salute, asili nido, assistenza domestica, servizi di take away in mensa, calzoleria, lavanderia o sostegno all’istruzione dei figli”, ha detto Scaccabarozzi. Con congedi e aspettative per maternità/paternità più estesi rispetto alla legge e al contratto nazionale.

Farmaceutica è anche ricerca. “Siccome la maggioranza di addetti nel pharma è donna e la ricerca produce innovazione, io sono convinto che l’innovazione sia donna”, ha aggiunto il presidente di Farmindustria.

Maternità però ancora oggi spesso non fa rima con carriera. “Occorre dare alle donne le stesse opportunità. C’è una cosa che mi ha scioccato quando ero bambino – ha raccontato Scaccabarozzi – Allora c’era il baby boom, e io faccio parte di quella generazione, ma mia mamma mi raccontava quando ero bambino che, quando è rimasta incinta del sottoscritto, è stata licenziata. Ecco questo mi ha segnato: non deve accadere più ed è bello che non accada più”.

Magari le madri non vengono licenziate, ma secondo gli ultimi dati circa 77mila donne hanno lasciato il lavoro in un anno, ha ricordato Giorgetti. Invitando tutti a fare di più. Le aziende del farmaco si impegnano “non solo creando lavoro, ma con investimenti crescenti pari a 1.300 miliardi di euro nel mondo tra il 2021 e il 2026 per cure sempre più mirate. Sarà così possibile continuare lo sviluppo a livello globale di oltre 600 farmaci” contro le patologie pediatriche, a partire da quelli contro i disturbi genetici, le malattie rare e le patologie neonatali, e incrementare gli studi clinici per la salute della donna, già aumentati del 20% in 10 anni, ha detto Giorgetti.

Investire di più e in modo mirato su donne, giovani e welfare: questa la ‘ricetta’ del pharma per invertire il declino demografico che affligge il nostro Paese.

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