Dal vaccino anti-Hiv alla quarta dose contro Covid

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Nuovo colpo in canna nella lotta all’Hiv, responsabile dell’Aids. La biotecnologica Moderna, nota per aver sviluppato uno dei vaccini oggi più utilizzati contro Covid-19, ha annunciato di aver iniziato la fase I di sperimentazione clinica di una nuova molecola che potrebbe stimolare l’organismo a produrre anticorpi neutralizzanti proprio contro il virus dell’immunodeficienza umana (Hiv).

La tecnologia alla base del progetto è quella dell’Rna messaggero, la stessa utilizzata per il vaccino anti-Covid su cui l’azienda a stelle e strisce sta puntando per lo sviluppo della propria pipeline composta di molecole con potenziale terapeutico per malattie infettive, cancro, malattie rare e cardiovascolari.

Al centro della ricerca c’è mRna-1574, così si chiama la molecola candidata a diventare un vero e proprio vaccino contro l’Hiv, che ieri è stata somministrata al primo paziente coinvolto nella fase I dello studio clinico finanziato dalla divisione Aids del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, in seno ai National Institutes of Health americani.

La fase I della sperimentazione di un nuovo farmaco (o di un vaccino) è quella in cui se ne vuole testare sicurezza e tollerabilità sull’uomo. Per questo il numero di persone coinvolte è limitato. Nel caso di mRna-1574 la molecola sarà iniettata a circa 100 volontari tra 18 e 55 anni non infetti da Hiv. Oltre a sicurezza e tollerabilità della molecola, tra le ipotesi che questa fase sperimentale intende verificare c’è anche la sua immunogenicità, cioè la capacità di indurre la produzione di anticorpi neutralizzanti contro l’Hiv.

L’azienda non ha reso noti i tempi per avere i risultati di questa prima fase clinica. Qualora l’output fosse positivo, si passerebbe alla fase II in cui si andrebbe tra l’altro a identificare la dose migliore da somministrare nelle fasi successive e anche l’effetto che il vaccino potrebbe avere in relazione a parametri fisici come la pressione del sangue.

Naturalmente è ancora molto presto per dire se questo vaccino rappresenterà un reale strumento per contrastare la diffusione dell’Hiv. Il potenziale mercato però sarebbe molto interessante. Secondo i numeri diffusi da Unaids due anni fa nel mondo le persone infettate dal virus erano quasi 38 milioni, di cui poco meno di due milioni bambini sotto i 15 anni. Le nuove diagnosi ammontavano a un milione e mezzo e i decessi a 680 mila unità.

Sempre in tema di lotta alle malattie infettive, ci sono novità anche sul fronte Covid. Parlando al programma americano Face Nation il Ceo di Pfizer Albert Bourla ha gettato una carta sul tavolo: l’utilità del secondo booster (quarta dose) del vaccino anti-Covid. In sostanza, secondo i dati delle ricerche della multinazionale americana parrebbe che la terza dose sia molto valida per prevenire ricoveri e decessi, ma non altrettanto per proteggere a lungo contro le infezioni.

Le evidenze di quanto scoperto dai ricercatori di Pfizer sarebbe ora a vaglio imparziale degli esperti della Food and Drug Administration, l’ente regolatore statunitense.

Guardando al futuro, anche del business della sua azienda, Bourla ha poi aggiunto un dettaglio rispetto a quanto in pipeline contro Covid-19: “In questo momento stiamo lavorando con attenzione per produrre non solo un vaccino che protegga contro tutte le varianti, compresa Omicion, ma che possa garantire protezione per almeno un anno“.

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