Un robot capace di empatia, alla scoperta di Omoy

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Robot uguale empatia. A prima vista può sembrare un’orrenda contraddizione in termini. Da una parte c’è la macchina, dall’altra l’essere umano con i suoi sentimenti. Ma l’ossimoro apparente si può sciogliere, tanto che un robot potrebbe diventare il mezzo per simulare sensazioni più o meno buone, trasformandosi in un vettore di emozioni quando non c’è il rapporto “de visu”, ma questo viene mediato dalla messaggistica sullo smartphone.

Il robot “mediatore” di percezioni emotive – siamo solo all’inizio di un percorso – si chiama Omoy. E’ stato messo a punto dagli esperti dell’Istituto di Ingegneria, Informazione e Sistemi dell’Università di Tsukuba, che hanno pubblicato gli esiti del loro studio su Frontiers in Robotics.

Omoy Università di Tsukuba

In futuro, questo “assistente” virtuale, proprio come un avatar, potrebbe diventare l’ago della bilancia della risposta emotiva quando riceviamo un messaggio che crea il nostro disappunto, sia in termini di rapporti interpersonali che sul fronte professionale. Grazie alla sua azione di “contrappeso” allo sbalzo emotivo determinato da una furente lite con il partner via WhatsApp o da un ritardo per un appuntamento di lavoro, Omoy potrebbe diventare una sorta di “freno” informatico capace di impedirci reazioni inusitate. E soprattutto potrebbe permetterci di andare oltre le percezioni trasmesse (e ricevute) attraverso emoji con faccine che sorridono, piangono, mostrano rabbia o piuttosto rassegnazione.

Omoy, insomma, potrebbe diventare in futuro uno strumento per migliorare l’empatia a distanza tra le persone, favorendo le interazioni sociali. E’ vero che non potrà mai sostituire l’intensità di uno sguardo né probabilmente a modulare l’attività dell’amigdala come avviene quando chi ci parla o ci sfiora o ci osserva con attenzione viene percepito come in grado di suscitare il nostro interesse. Ma potrebbe comunque essere d’aiuto in un panorama di un’umanità sempre più interconnessa e spesso collegata esclusivamente a distanza.

L’azione di mediatore di Omoy, che funziona esprimendo emozioni simulate diventando una sorta di avatar virtuale, si esplica attraverso un semplice spostamento del peso al suo interno. In questo modo, con un meccanismo apparentemente semplice, diventa una sorta di “sfogo” per le emozioni negative indotte da un messaggio.

Come? Magari semplicemente attraverso qualche parola dedicata a chi riceve una missiva virtuale non proprio desiderata oppure con una sorta di invito a mantenersi calmi. L’obiettivo di questo “psicologo” è infatti chiaro: riportare l’attenzione sulla persona, e non sulle parole che riceviamo, con conseguente miglior modulazione della risposta emotiva.

Al momento, siamo ancora nelle fasi iniziali della ricerca. Ma, come si legge dallo studio, emergono i primi dati che fanno ben sperare. Semplicemente con i movimenti interni del peso che regola il funzionamento del robot, gli esperti sono riusciti a valutarne l’utilità in circa un centinaio di persone che hanno ricevuto tutte lo stesso messaggio, ovvero sono state avvisate del ritardo di un’ora dalla persona con cui avevano un importante appuntamento.

Le reazioni emotive non sono ovviamente positive, ma il robot, spostando i propri pesi, ha contribuito a limitarle. Come un vero e proprio “custode” delle emozioni, che forse in futuro ci aiuterà nei rapporti a distanza.

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