Brevetti e salute, luci e ombre nella Giornata della proprietà intellettuale

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La creatività di un Paese si misura anche in ricerca e numero di brevetti. Sembra un’ovvietà, ma gli anni della pandemia ce lo hanno mostrato chiaramente. Ebbene, per quanto riguarda la spesa per R&S in rapporto al Pil, in Italia è in atto una lieve ripresa: siamo  all’1,4%, secondo l’ultima “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia” realizzata dal Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).

Anche l’andamento del personale addetto alla R&S (in rapporto a mille unità di forza lavoro) cresce, soprattutto grazie all’incremento del personale nelle imprese che ha raggiunto i 218 mila addetti. Per quanto riguarda la produzione scientifica, la comunità accademica e della ricerca risponde alle incertezze istituzionali generando una quantità di pubblicazioni scientifiche (censite dal World of Science) significativa come quota sul totale mondiale, quasi il 5% nonostante il progressivo aumento di quelle provenienti dalla Cina, e con un impatto in aumento.

Attenzione, però, nella Giornata mondiale della proprietà intellettuale è bene ricordare che la produzione di brevetti italiana continua a essere ben al di sotto di Paesi come Germania e Francia (4.600 brevetti italiani depositati all’Ufficio europeo del brevetto nel 2020, contro i 25.954 della Germania e i 10.554 della Francia). Anche se il rapporto di quelli depositati ogni 100.000 abitanti mostra un miglioramento.

Non dimentichiamo, poi, le polemiche sui brevetti nate in pandemia e mai sopite: pensiamo al caso dei vaccini e alle tante pressioni per riportare la produzione in Italia. Ma anche alla recente vicenda della Catalent di Anagni.

Una questione di cui si discute a livello internazionale nell’ambito del Trips (l’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale) e che sarebbe approdata a un accordo provvisorio – bersagliato dalle critiche – che prevederebbe una serie di deroghe temporanee relative ai requisiti dell’Omc per la commercializzazione dei prodotti brevettati.

La questione brevetti nel pharma è delicata: da una parte c’è il peso delle diseguaglianze sulla salute, che incide sul futuro di interi Paesi; dall’altra l’interesse delle imprese che si assumono la spesa per lo sviluppo di nuovi farmaci e vaccini. Il gioco deve valere la candela, dal momento che parliamo di spese considerevoli per prodotti che, in molti casi, non arriveranno mai in produzione.

“Se oggi molte persone possono sperare in una vita più lunga e migliore lo si deve anche a farmaci e vaccini. Risultati resi possibili dalla proprietà intellettuale e dal brevetto che hanno garantito investimenti in Ricerca e innovazione”, sottolinea il presidente Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, nella Giornata mondiale della proprietà intellettuale.

Grazie ai medicinali “nel nostro Paese è aumentata la sopravvivenza a 5 anni per 2 persone su 3 alle quali viene diagnosticato un cancro. Con una crescita di quasi il 40% di pazienti guariti in 10 anni. L’Aids si è trasformata in patologia cronica, con un’aspettativa di vita di 70 anni. Ancora: l’epatite C è curabile, la mortalità per malattie croniche è fortemente diminuita e per quelle cardiovascolari è scesa del 30% in 10 anni”.

Proprietà intellettuale e brevetti “hanno avuto un ruolo importante anche per arrivare in due anni a scoprire e produrre miliardi di dosi di vaccino contro Covid-19, un risultato impensabile, riuscendo a tutelare ampie fasce della popolazione mondiale. Oggi stiamo vivendo una fase di innovazioni straordinarie per merito dei progressi tecnologici, con cure sempre più mirate e personalizzate. Nel mondo sono infatti allo studio più di 18.000 molecole, con investimenti di oltre 1.300 miliardi di euro tra il 2021 e il 2026″, calcola Scaccabarozzi.

L’invito è quello a imparare dalla lezione di Covid-19. “L’esperienza pandemica ci dovrebbe insegnare che la salute è un asset strategico per i cittadini e per la sicurezza nazionale. E un investimento fondamentale per lo sviluppo e la crescita. Ma solo in un contesto di tutela della proprietà intellettuale, accompagnata da altre misure strutturali della governance, sarà possibile continuare ad essere attrattivi”, avverte Scaccabarozzi.

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