Le donne della sanità bocciano l’organizzazione del Ssn

donne medico
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Discriminate, mal pagate e costrette a fare le ‘giocoliere’ per tenere insieme famiglia, lavoro e crescita professionale. Con un equilibrio che è diventato ancor più precario negli anni della pandemia. Non stupisce troppo che donne medico e dirigenti sanitarie siano deluse e insoddisfatte dall’attuale organizzazione del Ssn, come certifica la Survey Anaao Assomed presentata alla IV Conferenza nazionale delle Donne Anaao.

L’esperienza sul campo negli anni della pandemia ha dimostrato che alle professioniste del lavoro di cura non servono patenti di leadership per assicurare l’assistenza, organizzando e adattando conoscenze e abilità a ciò che bisognava fronteggiare. Tutto questo nonostante la non rara inadeguatezza del sistema manageriale, sottolinea Anaao Assomed, che ha promosso su scala nazionale un questionario anonimo rivolto alle donne del Ssn per interrogarle sulle criticità rilevate, le esperienze vissute, ma anche le proposte di miglioramento per un Ssn ormai a prevalente componente femminile.

Il questionario ha raccolto 1.668 risposte fra partecipanti tra i 26 e i 70 anni (età media 49,85 ± 10,03), la maggior parte convivente o sposata (69%), con figli (57%). Professioniste con un’anzianità di servizio di oltre 15 anni (54%), con specializzazione (60%), un contratto a tempo indeterminato (92%) e lavoro a turni (60%).

Ebbene, la maggioranza segnala insoddisfazione e delusione per il proprio lavoro (51,8%), con aspettative peggiorate nel 65% dei casi. Il 37%, tuttavia, si vede nel lavoro attuale anche nel prossimo futuro, prevalentemente perché lo ama (55,7%), una modesta maggioranza però rispetto a chi segnala la prossima intenzione di cambiare lavoro.

Tra le motivazioni addotte da quest’ultimo gruppo prevale l’insoddisfazione per le condizioni di lavoro (carenza di personale, disorganizzazione, carichi di lavoro, scelte aziendali, clima lavorativo per il 35,7%), la stanchezza, la demotivazione e il burnout con la percezione di non essere più in grado di gestire il proprio lavoro (24,7%), e anche l’assenza di sviluppo professionale (14,9%).

Tra le criticità emergono aspetti legati alla distanza percepita tra le scelte organizzative e le necessità degli operatori (22,6%), l’eccessivo carico di lavoro (19,2%) e la carenza di personale (17,9%), l’impossibilità di conciliare i tempi relativi al lavoro e alla propria vita privata (16,7%).

Come intervenire? La maggioranza delle intervistate ritiene fondamentale migliorare l’organizzazione del lavoro attraverso l’aumento del personale, la riduzione dei carichi, orari più flessibili, turnistiche di reperibilità, notturne e festive ridotte, possibilità di usufruire di riposi e ferie, una riduzione del carico burocratico, un aumento della retribuzione e del tempo adeguato alla propria formazione professionale.

La stragrande maggioranza (93%) delle donne della sanità ritiene inoltre le attuali politiche di conciliazione casa-lavoro non sufficienti a rendere il proprio lavoro più soddisfacente. Quella descritta dai ‘camici rosa’ è una società maschilista, in cui poche donne sono al comando e nella quale le dottoresse vengono ancora chiamate signorine. Viene anche denunciato come le tutele esistenti spesso non vengono praticate e chi le richiede sia spesso esposto a emarginazioni e discriminazioni da parte dei superiori e – talvolta – anche dai colleghi stessi.

Oltretutto il 40% delle partecipanti riferisce di non aver mai partecipato a uno sciopero e di non ritenerlo uno strumento utile, mentre frequentemente segnala alla propria direzione, da sole o con colleghi, diversi tipi di problematiche.

In sostanza, dalla survey è emersa l’insoddisfazione delle donne della sanità, ma anche la ricerca di una maggior partecipazione all’organizzazione. Risultati che hanno portato Anaao Donne a indirizzare una lettera aperta al ministro della Salute Roberto Speranza. 

 “Un Ssn che si regge per due terzi sul lavoro delle donne ha nei suoi obiettivi ben più che una possibile miglior conciliazione, fatta di asili nido e altri strumenti su cui peraltro tutte le donne dovrebbero poter contare – scrivono le donne medico – Anche se i vertici raffigurano una sanità tutta maschile, le professioniste che assicurano il funzionamento del nostro sistema di cure ne hanno già ereditato nei numeri la gestione per il futuro. Nelle corsie e nei reparti sono donne sempre più giovani che garantiscono, tutte le notti e tutti i giorni dell’anno, le migliori cure possibili. Ma a fronte di ottimi esiti, frutto di elevate competenze professionali, trovano ostacolo in una organizzazione lontana dalle proprie necessità e nelle pessime condizioni imposte al proprio lavoro”. 

E ancora: “Stupisce come, in condizioni di diffusa sofferenza sul lavoro per carenza di personale e super lavoro, si parli di efficienza e ottimizzazione come se nulla fosse successo, mentre non si è in grado di trovare soluzioni organizzative se non quella di schiavizzare ancor più chi lavora.  Stupisce altresì che si continui a parlare di leadership femminile in sanità, e ci si chiede a quale sanità si pensi apparecchiando tavoli allo scopo di favorire le carriere femminili in aziende sempre più simili ad altrettanti Titanic”.

E allora l’invito al ministro è chiaro. “Prima che la disperazione abbia la meglio è ora che il mondo politico sindacale, le associazioni di curanti e curati, i media, inizino ad ascoltare con attenzione le donne. Non solo in omaggio ai numeri, non per far tornare i conti, ma per ritrovare la salute, i suoi tempi, i suoi luoghi, e una visione per cui soffrire e morire per curare non sia più un destino”.

Un appello che Speranza non lascia senza risposta. “Dobbiamo fare di più ed è nostro dovere ascoltare con attenzione le difficoltà registrate da chi lavora nel sistema dell’assistenza. Ogni spunto che potrà emergere dalla vostra iniziativa sarà oggetto di considerazione e stimolo a migliorare ancora i nostri interventi”, promette il ministro della Salute, nel messaggio inviato alle donne medico del sindacato Anaao Assomed, riunite a Roma per la loro IV Conferenza nazionale.  “Le parole che arrivano dalle donne di Anaao-Assomed mettono a fuoco dei temi centrali nella riflessione che si sta facendo sul futuro del nostro Servizio sanitario nazionale”, aggiunge il ministro.

“Oggi stiamo finalmente rispondendo con un grande piano di investimenti, aumentando strutturalmente il Fondo sanitario nazionale e ottimizzando le risorse straordinarie messe a disposizione dal Pnrr e dal Pn Equità e Salute. Con le risorse e le riforme messe in campo stiamo riportando al centro la necessità di puntare sulle donne e sugli uomini del nostro Servizio sanitario nazionale, con nuove assunzioni, straordinari investimenti sulla formazione e sull’innovazione e con la valorizzazione dei percorsi professionali”.

“La pandemia – ricorda il ministro – ha messo in evidenza il ruolo fondamentale della salute, ma anche le criticità dovute a decenni di tagli e alla mancata valorizzazione delle professionalità che si dedicano ogni giorno alla cura”. Professionalità che ormai sono in gran parte femminili. E che chiedono di essere ascoltate per poter dare il loro contributo.

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