Depressione, nuovo farmaco spray in Italia

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Il milione di italiani a cui è stata diagnosticata la depressione maggiore possono contare su una soluzione terapeutica in più. Si tratta di esketamina, un antagonista del recettore N-metil-D-aspartato, da pochi giorni disponibile anche in Italia.

La novità di questo prodotto si compone di una triade di aspetti. Il primo riguarda l’efficacia. Il farmaco è in grado di ridurre i sintomi della malattia nei pazienti resistenti ai trattamenti finora disponibili. Il secondo è la velocità d’azione, dal momento che in molti casi gli effetti del medicinale si vedono già dopo 24 ore e divengono via via più duraturi col passare delle settimane di somministrazione. Il terzo guarda alla formulazione: uno spray che permette al paziente di autosomministrarsi il farmaco, in ambiente ospedaliero.

Perché “i possibili effetti collaterali del prodotto – comunque di lieve o moderata entità come sonnolenza e vertigini – si manifestano generalmente nella prima ora e mezza dall’assunzione del medicinale ed è bene che ci sia un controllo e una supervisione da parte di medici e infermieri. Si tratta quindi di un prodotto molto ben tollerato”, commenta a Fortune Italia Andrea Fagiolini, ordinario di psichiatria all’università di Siena. Sin qui la notizia del farmaco Janssen in Italia.

Ciò che più interessa è però il corollario. Sottolineato dagli esperti che hanno partecipato alla presentazione. A partire dallo stigma che interessa ancora la depressione, quella maggiore in particolare. Talvolta si fa finta che non esista. Finanche a “non riconoscere che quel senso di solitudine e di disperazione che attanaglia chi soffre di questa condizione è una vera e propria malattia del cervello e non qualcosa di passeggero”, ha spiegato Felicia Giannotti Tedone, presidente di Fondazione Progetto Itaca. Che, in virtù di racconti raccolti dai volontari della sua associazione, può testimoniare di come la depressione che affligge una persona stenda i suoi tentacoli oscuri anche sulle persone che gli stanno accanto. Familiari in primis.

“È importante comunicare che, trattandosi di una malattia, va diagnosticata e curata in modo specifico. Cosa ancor più rilevante in questa fase di post-Covid, dove registriamo ben il 30% in più di casi di persone afflitte da questo ‘male oscuro’ che si rivolgono a noi in cerca di aiuto”.

Anche perché “c’è ancora molto da lavorare per creare i collegamenti ‘giusti’ tra la medicina territoriale e i servizi di salute mentale quando si parla di depressione”, commenta a Fortune Italia Antonio Vita, ordinario di psichiatria all’università di Brescia.

Come per tutte le patologie, l’obiettivo è trattare tutti nel modo più opportuno. In altre parole efficacia ed efficienza di trattamenti. Nel caso della depressione maggiore “ciò significa poter utilizzare questo nuovo farmaco che davvero rivoluziona l’esito clinico in coloro che sono resistenti ai trattamenti finora disponibili”, circa il 30% dei pazienti, “soprattutto considerando che esketamina mantiene l’effetto sul lungo periodo e riduce nettamente il rischio di ricadute”, aggiunge Fagiolini.

E in un momento storico in cui il Servizio sanitario nazionale è interessato da una profonda riorganizzazione che possa portare la salute vicina ai cittadini, nell’ottica di rendere le prestazioni sanitarie quanto più efficienti possibile così da liberare risorse per consentire l’ingresso alle nuove terapie personalizzate, è importante guardare anche agli effetti che l’innovazione terapeutica porta alla società nel suo complesso.

Chiarisce Francesco Saverio Mennin,i professore di Economia Sanitaria e Microeconomia all’università Tor Vergata di Roma: “Riuscire a trattare i pazienti con depressione maggiore resistente con un farmaco che agisce velocemente ed è efficace nel lungo periodo permetterà di ridurre i costi diretti e indiretti della depressione”. Parliamo di cifre molto importanti: circa “1,3 miliardi di euro di costi sanitari diretti” e “2,3 miliardi di costi indiretti”, soprattutto “relativi alla perdita di produttività (giornate di lavoro perse)” e di presentismo, cioè di persone che pur recandosi al lavoro non riescono a dare il massimo proprio a causa della propria condizione di salute.

Tutti buoni motivi per comprendere, una volta di più, che parlare di farmaci non equivale a parlare di costi. Bensì di investimenti.

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