Ssn, emorragia di posti letto e dipendenti

ospedale mascherine sanità
Aboca banner articolo

Una vera e propria emorragia: in 10 anni il nostro Ssn ha perso 25mila posti letto e ben 42.380 dipendenti. Un mega-taglio che, c’è da scommetterlo, si è fatto sentire anche in termini di assistenza e servizi ai cittadini. Dal 2010 al 2019 gli istituti di cura sono diminuiti da 1.165 a 1.054, con un taglio di circa 25mila letti di degenza ordinaria (da 215 mila a 190 mila). Mentre il personale del Ssn è crollato da 646.236 a 603.856 dipendenti e il definanziamento della sanità ha raggiunto i 37 miliardi.

Anni di tagli che, con il contributo della pandemia, hanno presentato il conto. L’esigenza di avvicinare le cure all’ambiente di vita dei pazienti non può essere soddisfatta semplicemente con la creazione di nuove strutture, le cosiddette Case di comunità (una ogni 50mila abitanti), definizione peraltro impropria in quanto non di comunità si tratta bensì di popolazione, o peggio i Distretti sanitari (uno ogni 100mila abitanti), come previsto dal DM 71. Per questo serve un nuovo modello, in cui territorio e ospedale siano interconnessi, a partire da un ospedale “adeguato”, che sia esteso al territorio, ridefinendo i parametri che finora ne hanno caratterizzato l’organizzazione e che risalgono al 1968. A chiederlo è il Forum delle Società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (FoSSC).

“Concordiamo sulla necessità di potenziare la medicina del territorio – afferma Francesco Cognetti, Coordinatore del Forum – ma riteniamo che non sia sufficiente per risolvere i problemi dell’ospedale, a partire dalle liste di attesa e dal collasso dei Pronto soccorso: i problemi più evidenti che sono all’onore delle cronache rappresentano la parte immediatamente visibile di una sofferenza ben più ampia, che coinvolge l’intero Ssn e che si sta già progressivamente manifestando in tutta la sua drammaticità”. Allora “va superata la storica dualità fra ospedale e territorio, a favore di un unico sistema di servizi interconnesso, continuo e complementare in cui prevalga l’idea di ospedale esteso al territorio e adeguato alle necessità della popolazione, avendo ben presente la sua complessità scientifica, clinica e organizzativa. Per questo vanno rivisti completamente i parametri organizzativi dei nosocomi sanciti con il Decreto ministeriale 70 (del 2 aprile 2015), di cui auspichiamo una profonda e radicale revisione”.

È necessario che il numero di posti letto di degenza ordinaria cresca “ben oltre i 350 per 100.000 abitanti odierni fino a raggiungere almeno la media europea di 500. Anche il numero di posti letto di terapia intensiva deve superare i 14 posti letto, peraltro rimasti sulla carta e mai raggiunti, per raggiungere almeno i 25 per 100.000 abitanti”. Apprendendo dalla lezione della pandemia è necessario anche prevedere aree di terapia semi-intensiva sia nel Dipartimento Medico che nel Dipartimento d’Emergenza.

È inoltre reale il rischio che l’attivazione di strutture territoriali in assenza di adeguato personale medico comprometta il sistema delle cure primarie, definito addirittura già da una Convenzione Internazionale e svolto attraverso il medico di medicina generale con la presa in carico di tutti i cittadini davvero in prossimità della loro soglia di residenza. “È in atto un progressivo appannaggio di prestazioni a favore del privato rispetto al pubblico che viene così depauperato”,  continua  Cognetti.

C’è poi la questione degli operatori sanitari sono inadeguati in rapporto alla popolazione del nostro Paese: i medici specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. In Italia l’emorragia dei camici bianchi riguarda anche i medici di medicina generale: sono circa 40.700, ma ogni anno 3000 vanno in pensione. E si assiste a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, perché all’estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori.

“La nuova articolazione delle cure territoriali delineata dal DM 71, pur altamente auspicabile, presenta un assetto ed un modello corrispondente ad una filosofia che appiattisce la diversità e la complessità della moderna domanda di salute e sembra completamente slegata dall’ambito ospedaliero con il quale invece dovrebbe strutturalmente collaborare – spiegano le 30 Società scientifiche riunite nel Forum – La sensazione, anzi la convinzione confermata dai fatti, è che si voglia investire sulle strutture più che sulle persone. In realtà il sistema è vicino al collasso. Non basta la costruzione di nuovi edifici, come le Case di Comunità, che non rispondono affatto all’idea di prossimità delle cure e rischiano di restare cattedrali nel deserto senza alcun collegamento con l’ospedale. La prossimità non è un semplice criterio geografico”.

“Preoccupano iniziative come quella della Regione Lombardia, che ha annunciato di avviare una sperimentazione per favorire la supplenza ‘organizzativa’ degli infermieri nei confronti dei medici di medicina generale – affermano le Società scientifiche – Si tratta di una risposta confusa, sbagliata e quasi disperata al problema della grave carenza di personale. Rivolgiamo un appello al legislatore perché consideri contestualmente la riforma dell’assistenza territoriale e di quella ospedaliera”.

Insomma, per rilanciare il Ssn serve un cambiamento culturale. “Ciò che è territoriale deve essere considerato pre e post-ospedaliero, in una visione integrata delle due realtà. Resta infatti il problema delle acuzie, comprese quelle ricorrenti nel paziente cronico: questo tipo di assistenza richiede competenze e tecnologie che non rientrano nelle Case di Comunità. Con l’esclusione di una minima parte di casi e per evitare incidenti potenzialmente gravissimi, la sede della valutazione di questi pazienti resta l’Ospedale, in particolare il Pronto Soccorso”, concludono le società scientifiche.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.