Covid dal gatto all’uomo, perché non dobbiamo allarmarci

gatto mascherina
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La notizia non è arrivata del tutto inattesa: è stato documentato in Asia il primo caso di trasmissione del virus Sars-CoV-2 da un gatto a un essere umano. Nei primi mesi di pandemia si erano registrati i primi contagi fra vari animali, dai cani ai gatti fino a leoni e tigri negli zoo. In questi casi, però, era stato l’uomo a contagiare gli animali.

Qui invece sarebbe successo il contrario, anche se a ben vedere all’origine ci sarebbe sempre un passaggio dall’uomo al felino. Nel sud della Thailandia, infatti, il gatto di una famiglia positiva a Covid avrebbe contagiato la veterinaria starnutendole in faccia, presumibilmente dopo essere stato infettato dai proprietari e mentre veniva sottoposto a un tampone. 

La conferma è arrivata dallo studio dei genomi virali, pubblicato su Emerging Infectious Diseases dai ricercatori della Prince of Songkla University. “Sapevamo da due anni che era una delle possibilità”, commenta su Nature Angela Bosco-Lauth, esperta di malattie infettive della Colorado State University.

Considerando la grande diffusione dei gatti come animali domestici, il fatto che ci sia voluto così tanto tempo per dimostrare questa eventualità potrebbe significare che il contagio da gatto a uomo non è poi così comune: secondo gli esperti non c’è al momento alcun tipo di allarme, perché resta più probabile che il virus passi dall’uomo all’animale, e non viceversa.

Gli stessi ricercatori affermano che i casi di trasmissione da gatto a uomo sono probabilmente rari. Studi sperimentali hanno dimostrato che i felini infetti non disperdono molto virus e lo fanno solo per pochi giorni, come afferma Leo Poon, virologo dell’Università di Hong Kong. Tuttavia, secondo i ricercatori vale la pena prendere ulteriori precauzioni quando si maneggiano gatti che potrebbero essere infetti.

Tra gli animali sospettati di poter trasmettere Covid-19 alle persone ci sono anche visoni d’allevamento, criceti domestici e cervi selvatici dalla coda bianca. L’aggiunta dei gatti all’elenco “amplia la nostra comprensione del potenziale zoonotico di questo virus”, afferma Poon.

Ma i ricercatori restano convinti che questi siano tutti eventi rari e che gli animali non abbiano, almeno per il momento, un ruolo significativo nella diffusione del virus. “Gli esseri umani sono chiaramente ancora la principale fonte del virus”, afferma Bosco-Lauth.

“Dobbiamo preoccuparci? Assolutamente no – assicura Giovanni Maga, direttore Istituto di Genetica Molecolare “Luigi Luca Cavalli Sforza” Consiglio Nazionale delle Ricerche Cnr-Igm Pavia – Sapevamo già da tempo che il virus può contagiare animali. È una caratteristica di tutti i coronavirus e Sars-Cov-2 non fa eccezione. Ma di trasmissione diretta da animali, in particolare animali domestici, all’uomo non c’era stata fino ad ora nessuna evidenza, a parte il caso unico e fortunatamente non ripetuto della trasmissione negli allevamenti di visoni”.

“Si tratta sempre del virus che dall’uomo passa all’animale e poi eventualmente potrebbe ritornare, lo stesso virus, all’uomo stesso. Quindi non si tratta né di un mutante né di un nuovo virus. Nel caso degli animali domestici, ricordiamo che a fronte di centinaia di milioni di persone contagiate e altrettanti animali domestici che convivono, questo è finora l’unico caso documentato. Quindi si tratta certamente di un evento rarissimo e al momento non può farci pensare che gli animali domestici possano essere dei vettori efficienti del virus. Sappiamo che possono contagiarsi, spesso non hanno sintomi, ma la loro capacità di trasmettere il virus, tranne che in casi eccezionali come questi, è molto bassa. Quindi – conclude Maga – non allarmiamoci e continuiamo a voler bene ai nostri amici domestici”.

Non solo. Per il ‘cacciatore di varianti’ Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma,  la storia presenta parecchi lati oscuri. “Come facciamo – dice a Fortune Italia – ad essere certi che sia nato prima l’uovo della gallina, ovvero che sia stato proprio il gatto a contagiare la veterinaria e non magari il contrario? La veterinaria poteva essere positiva e asintomatica. Oppure potrebbero essere stati gli stessi proprietari del gatto a infettarla. Insomma, è molto difficile accertare una temporalità in casi simili: la metodica utilizzata dai ricercatori è perfetta – conclude – ma restano dei dubbi su chi abbia contagiato chi”.

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